La nova lavula parlamentare
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Ita per aria la Banca Romana2,
visto che tutto er ciancico 3 feniva,
ecchete pronta l'avula ch'ariva
4a consolà 'sti granci de marana 4.
Eh! Si sti ciocchi 5 pijeno l'abbriva,
so' boni a fà svortà la tramontana 6
«In de l'avula vecchia si soffriva,
8era giaccia 7, era carda 8, era marsana!» 9
E invece de schiaffalli in d'un gabbione
a uso gallinacci 10, er ministero
11pe' falli moscheggià 11 je dà er boccone.
Viva dunque sta lavula cacata 12
che co' pochi mijoni, sarvo er vero,
14sarvo Starapa e tutta la masnata 13.
12 aprile 1897
Note
- ↑ Il sonetto ha lo stesso titolo di quello datato 3 gennaio 1898 e tratta analogo tema, che appassionava allora l'oinione pubblica. Lavula: l'aula (con concrezione dell'articolo).
- ↑ Com'è noto, il fallimento della Banca Romana e la pubblica denuncia di gravissime irregolarità commesse nell'amministrazione di questo istituto di credito avevano provocato anche accuse contro uomini politici, sospettati di aver favorito le illecite speculazioni di essa. Lo stesso Giolitti era stato accusato dagli estremisti d'aver sottratto documenti che avrebbero dimostrato le interferenze tra quella Banca e personalità della politica, sicché nel novembre del 1893 egli aveva dovuto dimettersi.
- ↑ Ciancico, da ciancicà, masticare e, in altro senso «mangiare alle spese d'altri», (qui «arricchirsi alle spalle dello Stato»): cfr. Belli, son. Er ciàncico del 27 novembre 1830. «Ciancicone» in romanesco è lo sfruttator di donne.
- ↑ Granci de marana: ladri da marrana (scolo d'acqua stagnante); mentre granci d'ua (d'uva) sono i ladri campestri. Entrambe le espressioni hanno comunque il significato di ladri della specie più spregevole.
- ↑ Ciocchi (equivalente di «fusti»): persone (detto in senso ironico).
- ↑ Se queste persone prendono l'aire, sono capaci di fare l'impossibile (fà svotà la tramontana), pur di non perdere quella cuccagna.
- ↑ Ghiaccia.
- ↑ Calda.
- ↑ Malsana.
- ↑ Come i tacchini, che vengono chiusi nelle stie.
- ↑ Per farli tacere.
- ↑ Quest'aula cadua dal cielo.
- ↑ Salva Starabba di Rudinì, presidente del consiglio, con tutto il suo Ministero, assicurandogli la maggioranza