La machina lèdrica

Giuseppe Gioachino Belli

1831 Indice:Sonetti romaneschi VI.djvu sonetti letteratura La machina lèdrica Intestazione 18 maggio 2024 75% Da definire

La schizziggnosa Er comparato e commarato
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti dal 1828 al 1847

[p. 67 modifica]

LA MACHINA LÈDRICA.1

     Oggi quer zéppo2 de Padron Zarlatta,
Lui coll’antro bbidello a la Sapienza3
Che ddietr’ar collo tiè tanta de natta,
M’hanno fatto portacce una credenza.

     Ce sta lì drento una gran rota, senza
Razzi, tra du’ cusscini, e ttutta fatta
De vetro; e pe’ bbarile cià,4 in cusscenza,
Quer manico ch’ha ll’omo in de la patta.

     Come se fa, nun n’ho capito un ette:
Ma ddicheno che avanti a ’na colonna
Serve a ccompone5 furmini e ssaette.

     Eppuro pagherìa, corpo de nonna,6
De sapé cquanno ggiucheno a ttresette
Si er primo è mmaschio e la siconna è ddonna.

Terni, 3 ottobre 1831.

Note

  1. [Elettrica.]
  2. [Quel fuscello. Ma nel senso proprio, zéppo, che nell’Umbria si dice zéppolo, non è mai di paglia, come qualche volta è il fuscello de’ Toscani, ma sempre di legno, e più grosso. Quando fosse sottile come il fuscello, a Roma si direbbe zeppetto, e nell’Umbria zeppoletto.]
  3. [All’Università.]
  4. [Per mòzzo ci ha.]
  5. [Comporre.]
  6. [Eufemismo di corpo de la Madonna.]