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LX. — A tanto si viene T. inverso la donna e si le colpa la testa cola spada e mandale molto di lungi la testa dalo ’mbusto. E in cotale maniera fue diliverato T. E dappoi si fue preso messer T. e menato nel castello, lá ove istava Blanor, e fugli fatto grande onore, e fue fatta grande festa per lui, sí come fare deono a loro segnore. Allora dice T.: «La mia gente si è in pregione e nel castello di Proro». E li cavalieri dicono che sí, «salvo che voi siete segnore e potete fare a vostro senno, salvo che non s’osano partire né egli né voi». E T. dice: «E come, e debo io istare qui a guardare vostra terra tutto tempo?». E li cavalieri dicono di sie. E a tanto si fae trarre T. tutti li cavalieri di Cornovaglia del castello di Proro, e sono segnori d’andare e d’uccellare e di cacciare a loro senno per l’isola. Ora si stae T. in sul castello reale dell’isola e segnoreggia la terra, e tiene in sua famiglia Governale e Branguina e altri non s’osa accostare a loro palagio. E appagasi sí bene T. e madonna Isotta di quella vita ch’egli hanno, che mai non domandano altro a Dio e non si ricordano di loro parentadi né di loro gente, e non è loro viso ch’altro mondo sia che quello.