La gente di spirito/Atto quarto/Scena dodicesima
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Giuseppe Giacosa - La gente di spirito (1872)
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Fausto e detto.
Fausto gli viene daccanto e gli stringe la mano con aria compassionevole.
- Carlo
- Vale a dire?
- Fausto
torna a guardarlo con comica pietà, poi, senza dir parola, trae di saccoccia un foglio di carta.
- È il tuo epitaffio. L'ho vergato di mia mano.
Legge.
Sotto questa Eugenia
Dorme un Carlo,
Che più coraggioso di Giuseppe
Non cesse il mantello.
- E più sotto:
Era bello, era giovane, era cavaliere.
Si chiamava Carlo.
Oh rughe venerabili, oh tintura dei capelli,
È morto per voi.
- Carlo
serio.
- Se t'immagini di aver fatto un capolavoro, la sbagli lunga.
- Fausto
- Oh!... e io lo credevo!
- Carlo
- È uno scherzo di cattivo genere.
- Fausto
- Dire che ce n'è un terzo ancora.
- Carlo
- Padronissimo di scrivere quanto ti accomoda sul conto mio, ma non...
- Fausto
- Su quello...
- Carlo
- Ma non su quello di una signora onorabile ed onorata. Tanto più quando codeste cose non hanno il menomo fondamento di verità.
- Fausto
- Volevi dire: tanto più quando codeste cose sono vere.
- Carlo
- Ti ripeto che no.
- Fausto
- La, la, la, ra, ra, ra, la, ri, ra.
- Carlo
- Smetti... fammelo per piacere.
- Fausto
- Non ci fosse che quell'aria tragica a provarlo... basterebbe.
- Carlo
- Le apparenze...
- Fausto
- Ingannano. Sapevamcelo; e tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino. Vedi per il seguito: Michele Lessona, Volere è potere.
- Carlo
- Bada che alla tua età non è più lecito compromettere così alla leggera l'onore di una famiglia.
- Fausto
- Alla mia età! E alla tua sì?
- Carlo
- Ti assicuro in parola d'onore...
- Fausto
- Oh Dio! La parola d'onore è roba del 1848. Insomma, ieri sera lo stesso mi hai confessato...
- Carlo
- Lo sapevo io che alludevi a ieri sera! Ebbene, sì, ieri sera la signora Eugenia e io eravamo sul terrazzo... e con ciò?
- Fausto
- E con ciò... requiescat.
- Carlo
- Eravamo sul terrazzo, dove io stavo domandandole la mano di sua figlia.
- Fausto
- Oh?! Mi rincresce.
- Carlo
- Perché?
- Fausto
- Perché ci avrei avuto gusto a sapere che Campioni... avresti fatte le mie vendette.
- Carlo
- Le tue vendette!
- Fausto
- I tesori di papà Campioni constano di due bancarotte, la prima delle quali fruttò a me un ottantamila lire in meno... e a lui un milionetto in più. Fortuna che cascano nelle mani di un amico.
- Carlo
- Un'altra calunnia.
- Fausto
- Oh no!