La gente di spirito/Atto primo/Scena decima
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Giuseppe Giacosa - La gente di spirito (1872)
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Massimo e detta.
- Massimo
- E l'Eulalia?
- Lucia
- Non ha incontrato lo zio?
- Massimo
- No... esco di camera mia.
- Lucia
- L'Eulalia verrà a momenti.
- Massimo
- Sola?
- Lucia
- Sì.
- Massimo
- Grazie, signorina Lucia... lo so che li debbo a lei sti buoni momenti... E quei signori?
- Lucia
- A passeggio... alla stazione.
- Massimo
contento.
- E l'Eulalia è rimasta?
- Lucia
- Mercé una piccola bugia... per aspettar lei.
- Massimo
- E lei pure...
- Lucia
- Oh! io... non ho sacrificato nulla a rimanere... e poi... bisognava che l'Eulalia avesse seco qualche persona di giudizio... e io... ci ho una passione per fare la zia.
- Massimo
- Come sarà fortunato l'uomo a cui lei vorrà bene!
- Lucia
- Perché?
- Massimo
- Perché c'è in lei tutta quella serenità che è l'aureola della donna quale noi la sognamo. Ho taciuto stamane con lei, ed ho cessato di fare in cuor mio rimprovero all'Eulalia di certe leggerezze che sono il retaggio, come lei dice, delle nature molli ed affettuose. Ho cessato di fargliene carico, ma non di desiderare che subentri in lei un più serio giudizio sulle cose reali. L'Eulalia mi vuol bene, lo credo, e questa fede è tutta la mia vita, ma... non glielo ripeta, vorrei che me ne volesse un po' a modo mio... del bene.
- Lucia
- La colpa non è sua... tutto quanto la circonda...
- Massimo
- E perché continuare a vivere in questo elemento?
- Lucia
- Non è padrona di se, l'Eulalia.
- Massimo
- E lei... lo è padrona di sé? Eppure quanta differenza!
- Lucia
- Non parliamo di me... io non ho nulla di femminile nell'anima. Quand'ero in collegio, le mie compagne mi chiamavano la signora Geometria; e pare che questo appellativo mi si attagliasse, dacché errava sulla bocca istessa delle superiore. Quelle medesime doti che lei dice di scorgere in me, sono doti affatto negative per una donna. Ed in prova... (Sorride con amarezza). Che ci vuol fare... non sono entusiasta, io... sono riflessiva... e poi, lo spirito... lo sbarbaglio di quei signori, non so capirlo, non mi diverte, e quindi me ne sto da me.
- Massimo
- E neanche l'Eulalia lo dovrebbe capire, e meno piacervisi. Se sapesse come io la detesto quella invereconda malizia che chiamano spirito, e che uccide, frusta, avvizzisce quanto di vero, di casto e di robusto abbiamo nella'anima! Se sapesse come la detesto! L'Eulalia là in mezzo! esposta ai miasmi di quell'aria corrotta.. Pensare che ogni parola di quelle anime floscie le impoverisce una credenza, le sfiora una verginità e la disonesta senza che ella se ne avveda! Ecco quanto mi tormenta. Ridere di tutto, su tutto... Guai se le lacrime smarriscono la loro strada... per una donna. Come sarà fortunato l'uomo a cui lei vorrà bene!
- Lucia
- Ebbene, non ne farò mai dei fortunati.
- Massimo
- Oh via!
- Lucia
- No, non lo dico per vezzo, non mi sento capace di voler bene.
- Massimo
- A nessuno?
- Lucia
turbatissima.
- A nessuno.
Pausa.
- Come mai non è tornata ancora... voglio sentire.
- Massimo
- Dov'è andata?
- Lucia
- Era salita a prendere l'ombrello per lo zio, e non doveva portarlo che fino in fondo alla scala.
- Massimo
- Sarà tornata in camera.
- Lucia
- Oh! sapeva che doveva venir lei. Voglio sentire.
Una Cameriera passa nel corridoio in fondo. Alla Cameriera.
- Venite di giù?
- Cameriera
- Sissignora.
- Lucia
- C'è mica di sotto più mio zio con...
- Cameriera
- Non signora... sono usciti tutti e tre.
- Lucia
- Chi, tutti e tre?
- Cameriera
- Il signor Campioni, l'avvocato Ernesto e la signorina.
- Lucia
- Oh!
- Cameriera
- Sissignora. La signorina era discesa coll'ombrello e stava per tornare, quando l'avvocato le disse ridendo non so che, ed ella rispose che l'aspettassero: risalì un momento, e poi uscì con loro a passeggio. Anzi il signor Campioni diceva che si andava verso la stazione.
- Lucia
- Grazie.
Cameriera via. Pausa.
- Lo zio le avrà detto di accompagnarlo.
- Massimo
- Già... e per obbedienza...
- Lucia
- Eppure Eulalia le vuol bene, sa, malgrado tutto ciò, soprattutto, le vuol bene; lo diceva con me or sono pochi minuti, e con l'aria convinta, lo diceva.
- Massimo
- Sarà... a modo suo.
- Lucia
- È una bambina.
- Massimo
- Non era così or fa un mese.
- Lucia
- Bambina sempre. Il suo è l'amore che ride, l'amore sicuro di sé. La vita non le ha insegnato nulla ancora, a quella poveretta. A lei pare leggerezza questa sua mobilità... no, è innocenza. Nessuna delle asperità del suo animo s'è urtata ancora a una delusione... Ma la donna verrà... sarà lei a farla. Animo, Pigmalione. (Gli porge la mano). Io vizierò i suoi figli.
- Massimo
- Come la difende!
- Lucia
con fierezza.
- N'è vero? La sgriderò io intanto, lei non stia a dirle nulla...
- Massimo
prende il cappello.
- Lucia
- Non l'aspetta?... giungeranno a momenti.
- Massimo
- Ho alcune visite...
- Lucia
- Ammalati... qui?...
- Massimo
- No... ma...
- Lucia
- Ebbene...
- Massimo
- M'era parso sentir gente... solo... con...
- Lucia
sorridendo.
- Con me? Rimanga, e non tema di nulla... non mi tocca, me, la loro maldicenza... e poi, non ne farebhero; ne valgo io la pena?
- Massimo
- La loro maldicenza! qualcheduno oserebbe...
- Lucia
- È stato lei a temerlo...
- Massimo
- Io dicevo... in genere... ma...
- Lucia
- Quei signori hanno tanto spirito!
- Massimo
- Allora rimango.
- Lucia
- Dacché lo dice con quel tono brusco, vada via... no... da senno... il miglior modo di affrontare le chiacchiere è l'evitarle. È brutta cosa, però, che s'abbiano da nascondere così semplici relazioni.
- Massimo
salutandola.
- Ah! non l'ho fatto io il mondo.
- Lucia
sorridendo.
- Neppur io, sa.
Massimo via.