La figlia obbediente/Nota storica

Nota storica

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Atto III
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NOTA STORICA

Frequente nel teatro goldoniano tanto da poterlo dire caratteristico è l’uso d’accompagnare a una favola seria un’altra d’ìndole comico-satirica. Così nel Vero amico, nella Finta ammalata, e anche una volta in questa F. o. In tal gara d’elementi opposti accade spesso che il comico la vinca sul serio e solo a questo il lavoro debba il suo buon successo. Per la F. o. lo stesso a. avverte: «... le sujet principal n’est pas bien intéressant, car il manque de suspension... mais ce furent encore les épisodes originales et fort comiques qui firent le bonheur de la Pièce» (Mém., p. II, c. XIIIMemorie di Carlo Goldoni). Altre volte avea posto in scena comici e cantanti (Teatro comico, Bancarotta). Questa, con felice pensiero, espone all’ilarità dell’uditorio i fumi d’una ballerina e del suo ignorantissimo genitore. La satira non giungeva inopportuna. «Doveressi imparar a ballar — consigliava Momolo cortesan la lavandaia Smeraldina, sua ganza. — Al dì d’ancuo le ballarine le fa tesori; questo el xe el secolo delle ballarine. Una volta se andava all’opera per sentir a cantar, adesso se ghe va per veder a ballar, e le ballarine, che cognosse el tempo, le se fa pagar ben». Era davvero il loro secolo, ne le ballerine furono allora meno tracotanti che le virtuose di canto. Ma delle feste esagerate ond’era fatto oggetto l’artista sul palcoscenico, il pubblico si ripagava con disprezzi e sospetti ingiuriosi per la sua vita privata, e ne restavano colpiti anche innocenti (cfr. Malamani. I virtuosi nel 700. Aversa a Dom. Cimarosa, Napoli, 1901, p. 211). Tra le innocenti non era certo la figliola di Brighella. Il suo contegno, i racconti del loquace suo babbo e più ancora ciò che Goldoni, sempre guardingo in quel che tocca i rapporti sessuali (Schmidbauer, Das Komische bei G., München, 1906, p. 95; Rabany, op. cit., p. 220) lascia indovinare, palesano la fonte di buona parte dei suoi guadagni e qual mestiere facesse suo padre. Così Pietro Schedom trattando della F. o., ebbe buon gioco nel rinfacciare al Goldoni il suo proprio precetto «che non si mettano mai nella scena i caratteri scandalosi, come sarebbe quello d’un padre che faccia il mezzano alle proprie figliole» ( Tea. com. a. II., sc. III e Schedoni, Principii morali ecc. Modena, 1828, p. 43). Eppure, con buona pace del fanatico moralista, l’episodio della ballerina si salva oggi ancora, quasi solo, dalle critiche poco benevole toccate alla commedia. «La partie interessante de cette pièce est purement épisodique; c’est la description du monde des coulisses» nota il Rabany (op. cit.. p. 343) e definisce Brighella «une Mme Cardinal male assez réussie». Cita anche il Dejob il noto romanzo dell’Halévy analizzando minutamente lo stesso personaggio (Les femmes d. l. com. franc. et ital. ecc. Paris, 1899, p. 229). Il quale rivive tanto nel fortunatissimo Père de la debutante di Theaulon e Bayard (Ciampi La comm. ital. Roma, 1870, p. 400) che nella briosa commedia del Gallina, Mia fia (R. Giovagnoli, Caratteri goldoniani. Fanf. d. domen. 6 genn. 1884), anche se in quest’ultima la magnifica figura di Sior Anzolo sia ne’ particolari frutto di studio immediato dal vero (A. Gentille, Dell’arte di C. G. Riv. teatr. ital. 16 febbr. 1901, p. 180). E giova pure avvertire come nel dileggio, cui il G. espone le seguaci di Tersicore e le pazzie dei loro ammiratori, questa F. o. precorre all’enfatico dramma del Giacometti, Il poeta e la ballerina. [p. 512 modifica]

Ma i due personaggi creati con mirabile spinto di comicità e le scene in cui han parte non poterono assicurare alla commedia larga e duratura vitalità. Raccogliamo le poche testimonianze che ci soccorrono, avvertendo anche una volta quanto l’estrema scarsità di cronistorie de’ nostri teatri renda deficiente e malsicura una delle parti più utili e più significative di queste Note. La F. o. si recitò a Modena negli anni 1757, 1759, 1773 (Modena a C. G., 1907, pp. 237, 240). L’eseguirono del 1767 a Reggio i filodrammatici (ibid., p. 347). La prediligeva il noto improvvisatore fiorentino e comico, Jacopo Corsini (Rasi, I comici italiani, vol. I, p. 702), che tra il 1775 e il ’78 l’ebbe spesso nel suo repertorio, ridotta in lingua. Brighella vi è ribattezzato in Trastullo Cavicchioli e Pantalone [la parte del Corsini stesso] in Pancrazio Arenisi. Delle sette ottave da esso dedicate a questa F. o., — eran versi che il Corsini usava improvvisare e cantare a commedia finita [cfr. la nostra nota al Serv. d. due padroni nel I vol.] — diamo come modesto saggio la seguente, detta la sera del 20 maggio 1778. Vi è caratteristica la tendenza del poeta estemporaneo a sottolineare qualche particolare men pulito della commedia: «Trastullo Cavicchiol si è già scordato | Ch’ei lo sguattero fè di mia cucina, | E in superbia grandissima è montato, | Perchè egli ha la Figliuola Ballerina; | Quindi l’Argenteria tutta ha mostrato, | Ma non fece veder questa mattina, | Per rispetto di quel che ci va drento | Il Canter d’oro, e l’Orinal d’arzento». Nel 1815 recitò la F. o. al S. Benedetto di Venezia la Compagnia Blanes (v. Giorn. Dipartim. dell’Adriatico); nel maggio del ’20 la Comp. Maldotti al S. Giov. Grisostomo (v. Giorn. dei Tea. comici in Bibl. Teatr. n. 5). Se non c’è equivoco con altro lavoro di titolo affine, la F. o. si sarebbe data anche all’Accad. de’ Filodr. di Milano (Acc. d. F. d. M. Cenni storici del socio G. Martinazzi 1879, p. 127), modificato il sesso dell’obbidiente e quindi il titolo (Il figlio obbediente — C. Goldoni, commedia, 6 marzo 1818). Di versioni in altre lingue ci è nota solo la tedesca del sempre solerte Saal che traduceva a occhi chiusi (vol. VIII).

Vita non lunga, cammino ben modesto in paragone a tante sue sorelle. Legarono le ali al corso difetti non lievi. Primo: la cieca ubbidienza di Rosaura, tra le virtù la più passiva e con questo la meno drammatica. L’ostinata fedeltà di Pantalone a una premessa che non doveva fare sembra al Sismondi contrapposto voluto a «la dissimulazione e la mancanza di fede... principali difetti onde si diè carico più sovente agli Italiani». (Della letter. ital. dal sec. XIV fino al princ. del sec. XIX. Mil. Silvestri, 1820, vol. II, p. 130, 131). Salvo la dissimulazione e il resto, l’appunto mosso al Goldoni d’aver esagerato nel nobile intento di insegnare è meritato. Di passata il Sismondi giudica la commedia «non priva d’affetti e di brio». Pantalone solo nella deliziosa scena della lettera (a. I, sc. VII; cfr. A. Graf. Per il G. psicologo. Per il 2o cent, della nascita di C. G. Il Tea. A. Manzoni 1907, pp. 35, 36), tra le più belle del teatro goldoniano, tradisce l’arguta bonarietà del tipo. Nuovo, originale voleva essere il personaggio del co. Ottavio, uno tra gli «squilibrati del teatro goldoniano», «matto addirittura da legare» (Albertazzi, Patologia goldoniana. Flegrea, 1899, 20 maggio, p. 131), ma poco vi s’indugiò intorno l’arte del poeta ad attenuarne l’eccessivo realismo (J. Wismayr, Ephemeriden der ital. Litteratur, ecc. Salzburg, 1801, p. 59). Al Voltaire, pel [p. 513 modifica] modo che ne parla, la F. o. dovette piacere, anche se non è da credere serio, come fa il Bouvy (Voltaire et l’Italie. Paris, 1898, p. 220), il proposito suo di tradurla e di recitarvi egli stesso la parte di Pantalone.

Cecilia Querini, la N. D. dedicataria, figlia al Procuratore Giovanni, sposò nel 1742 Marino Zorzi che fu Luogotenente ad Udine, Senatore e Podestà a Brescia. Alla stessa dama dedicò più tardi un suo dramma lagrimoso [Rosalia ovvero l’amor coniugale] anche Andrea Willi, «Fortunata ella è questa [mia commedia] — scriveva l'abate veronese — che mi fa emulare in parte almeno la gloria del celebre Goldoni, ornamento della Patria e decoro dell’Italiano Teatro. Era perciò ben giusto, che s’egli avevavi consacrato la sua Buona Figliuola (sic) di cui foste già l’originale; intitolar io vi dovessi l’Amor coniugale, se di questo pur siete il vero esemplare» (Opere teatrali dell’ab. A. Veronese. Tomo II, Venezia, 1778, p. 160).

E. M.


Questa commedia fu stampata la prima volta nel 1754 a Firenze, nel t. VI dell’ed. Paperini; e fu ristampata l’anno stesso a Bologna (Corciolani, VIII) e a Pesaro (Gavelli, VI), e nel ’56 a Torino (Fantino e Olzati, VII). Corretta dall’autore, uscì di nuovo a Venezia, nel t. VIII (1766?) dell’ed. Pasquali, e nelle edizioni Savioli (XIII, 72) e Zatta (cl. 2, XI, ’91): a Torino ancora (Guibert e Orgeas, VIII, ’73), a Lucca (Bonsignori, XII, 89), a Livorno (Masi, XIII, ’90) e altrove nel Settecento. - La presente ristampa seguì principalmente l’ed. Pasquali, più curata, ma reca in nota a piè di pagina le varianti delle altre edizioni. Le note segnate con lettera alfabetica appartengono al commediografo.


Fine dell’ottavo volume.