Prologo

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La fantesca Personaggi
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LA «GELOSIA» FA IL PROLOGO.

So ben ch’ogniun di voi che mi vedrá cosí vestita di giallo, con faccia cosí pallida e macilente, con gli occhi sbigottiti e fitti in dentro e co’ giri d’intorno lividi, con questi faci, serpi e stimoli in mano, desidererá saper chi sia e a che fin qui comparsa, rappresentandosi agli occhi vostri piú tosto una sembianza tragica e mostruosa che convenevole a’ giochi e feste della comedia che aspettavate. Né io arei avuto ardir comparir in questa scena, se anticamente non vi fussero comparsi i Lari, gli Arturi, i Sileni, la Lussuria e la Povertá, e se l’amor che porto a queste mie carissime gentildonne non mi avesse fatto romper tutti gli ordini e le leggi. Dirò chi sia e a che fin qui comparsa. Io son la Gelosia.

Ma oimè! che in sentirmi nominare, tutte queste mie nobilissime signore si sono sbigottite e conturbate e hanno annubilato il sereno di lor begli occhi come avessero inteso qualche cosa orribile e paventosa, chiamandomi tòsco e veleno di cuori, peste infernale e conturbatrice de’ piaceri, e che io finalmente impoverisca e conturbi tutto il regno di Amore. Orsú, lasciate l’odio e lo sdegno da parte, ascoltate le mie ragioni, che vedrete che non ha amor cosa né piú soave né piú degna di me. Dite, di grazia, che cosa è amore? Non è altro che desiderio di possedere e di fruire la cosa amata: e che sia vero, non vedete i vostri amanti i quali, per venire a questo ultimo fine, vi amano, vi servono e vi adorano, e per voi spendono la robba, la vita e l’onore? Ma, dopo aver acquistato il vostro amore, non vedete che quel desiderio a poco a poco viene ad intepidirsi, a raffreddarsi, anzi a [p. 194 modifica]spegnersi in tutto? Questo è vizio della umana natura: che le cose possedute sogliono rincrescere e le vietate esser desiderate. Agli amanti, dopo conseguito l’effetto, manca l’affetto; in voi, conceduto l’effetto, piú cresce l’affetto. Or considerate, signore mie care — se pur è alcuna fra voi che l’abbia provato, — che dispiacer sente quella poveretta, quando dopo tanti prieghi, o spinta da pari ardore o da vera pietade, gli fa dono dell’amor suo, e quando stima che l’amor debba crescere, quello veggia scemarsi, annullarsi, anzi in odio convertirsi? So che alcuna per non poter soffrir tanto martello, o col veleno o co’ ferri o col precipitarsi in un pozzo, ha dato fine a sí acerbi dolori. Or ecco l’arte mia, ecco l’aiuto che vi porgo.

Primo, a questi svogliati gli propongo un rivale e gli lo depingo di maggior valore di lui; poi, subito gli avento al petto una di queste serpi, le quali scorrendogli per lo core, lo riempiono di gielo e di veleno; appresso, sottentro con queste faci accese nel foco tartareo e l’accendo di fiamme cocenti e ardentissime, e di passo in passo lo pungo con questi chiodi, coltelli e stimoli: talché in poco spazio di tempo gli riduco non solo ne’ primi amori, ma piú tosto in rabie e furori e nella forma che voi mi vedete. Cosí piú ardenti e piú bramosi che mai, vi si buttano dinanzi a’ piedi, a chiedervi perdono delle offese fattevi e desiar i vostri favori; e rinovellasi l’amore.

Perché pensate voi che ne piaccia la primavera se non per gli freddi, per gli venti e per gli ghiacci passati? perché la pace se non per i passati travagli della guerra? perché i cibi piú saporiti se non per il digiuno e per la fame? Non si conosce la felicitá se non si prova prima la miseria. Io dunque col fargli provar queste pene cosí pungenti e acerbe, gli fo saper i gusti piú suavi e piú dolci. Vi porgo ancora un altro aiuto. Essendo la scortesia dell’amato troppo superba e villana e ch’io non basto ad addolcirla, adopro questo compagno che vien sempre meco. Questi è lo Sdegno, armato sempre di orgoglio e di furore; questi subito abbatte ed estingue l’amore, e vi guarisce affatto e vi rende di modo come se non mai piú l’aveste udito; questi sol vince amore: vedete come preso e incatenato lo tragge nel suo trionfo. [p. 195 modifica]

Ecco ch’io non son quella che pensavate, ma son vostra amica; e io rinuovo e accresco i vostri diletti. Voi ne avete l’essempio in questa comedia. Una fantesca gelosa di un’altra fantesca, perché l’ha tolto il padrone ch’era suo innamorato, divien piú ardente al servire. La moglie è gelosa del marito per questa fantesca, onde piú l’ama e lo guarda. Questa fantesca che dá gelosia a tanti, è avelenata da gelosia di un forastiero romano, e per me divien piú sollecita a procurar le sue nozze. Ecco qui le due fantesche che per gelosia se azzuffano insieme: cominciate a veder le mie prove, e lodate sempre la Gelosia.