La botte di sidro/Il vitalizio
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Dopo quindici anni di esercizio farmaceutico, il signor Latête, farmacista di prima classe, ex-interino degli ospedali di Tolosa, socio di varie accademie e società scientifiche di provincia, specialità diverse, medaglia d’oro, ecc... si accorse che, contando sui soli profitti del suo mestiere, non sarebbe arrivato mai a dotare. convenientemente le sue figliole. Ne aveva cinque e, da buon padre di famiglia, geloso della felicità delle sue ragazze, ambiva per esse dei buoni co1locamenti. Ambizione legittima, in fondo, giacchè il signor Latête era uomno molto considerato nella città. Vice sindaco, consigliere municipale, presidente del Comitato accentratore degli elettori indipendenti, amico intimo del deputato opportunista del quale egli aveva assicurata l’elezione, fondatore d’una società mutua dei ciclisti regionali, segretario e tesoriere del gruppo archeologico del sud-ovest, decorato al merito agricolo, ufficiale accademico, era designato anche a più alte funzioni e ad onori più diretti.
Onesto partigiano, si capisce, di tutte le autorità, rispettoso di tutte le leggi, difensore di tutte le istituzioni vigenti, sotto qualunque aspetto lo si considerasse, egli era un cittadino modello. Ma la sua casa gli costava di molto : i pranzi politici, le tolette di sua moglie, l’educazione delle figliole che voleva perfetta gli costavano assai e, abbenchè la farmacia gli fruttasse bene, il cento per cento come tutte le farmacie, il signor Latête non arrivava mai alla fine dell’anno a mettere da parte tutto il danaro che si riprometteva. Ê vero però ch’egli era stato disgraziato in diverse operazioni extra-professionali e che aveva subite delle perdite considerevoli speculando sul prestito turco e su1 Panama, associandosi ad una fabbrica di forni di argilla e ad un’impresa di messaggerie che non erano riuscite.
– Bah ! — diceva lui — un buon giorno troverò qualche cosa di serio !
E, suIl’esempio di alcuni suoi colleghi, sognava anche lui la scoperta di sciroppi miracolosi o di pastiglie magiche.
Ma scoprò di meglio.
Spesso, nel suo negozio, veniva un brav’uomo, celibe, senza eredi diretti, il quale sempre si lamentava con lui delle preoccupazioni che gli costava l’amministrazione del proprio patrimonio. Il signor Latête, alla prima oochiata, l’aveva giudicato debole di carattere e ammalato.
— Perchè non collocate in vitalizio la fortuna vostra ? gli disse un giorno. — Raddoppiereste le vostre rendite e non avreste alcun grattacapo, così...
— In vitalizio ?... Ah ! no, grazie !... Ah ! no, no ! Proprio no ! Non si sa mai a chi si cede la propnia fortuna... non sarei più tranquillo... Avrei paura. No, no. Ci sono tanti che oggi sono capaci di assassinarvi... e gli anarchici !...
— Certo ! — approvò il farmacista. — Nè io vi consiglierei di far l’affare col primo che vi capiti... Diamine ! È una cosa ben delicata quella ! Ma trovereste tuttavia qualcuno di fiducia, un uomo serio, che so io ?... Un galantuomo non mancherà, perbacco ! Con le leggi nuove poi... Andate là che quest’arrangiamento vi solleverebbe di molto... Non più responsabilità, non più tentazioni, non più cupidigie intorno a voi... Libertà assoluta, tranquil1ità completa : un vero paradiso ! Infine, potreste godervela la vita ! E poi, sapete bene che, in questo modo, un soldo ne vale due, una lira due e mille valgono duemila lire... Eh ! Eh !... senza contar poi che siete robusto come una quercia !
— Io ! interruppe pietosamente il brav’uomo. — Ma io sono malato e spaventosamente malat. Non dormo... non mangio...
— Ma che, che, che ! — riprese ii signor Latête, scrollando le spalle. — Sono i medici che vi raccontano queste frottole ! Già... è il loro mestiere... Ma io, che sono medico pure, e che giudico quel che le persone hanno in corpo, ebbene, io vi assicuro che voi state benissimo... Ah ! Io li manderei a spasso, i medici !...
E soggiunse con aria di rammarico :
— Guardate : se come voi non dovessi rispondere della famiglia e avessi una salute robusta come vostra, da un gran pezzo avrei già investito i miei beni in vitalizio !
Il brav’uomo esclamò :
— Voi, signor Latête ?...
— Sì ! Io, io : ve lo garantisco... E sentite che casa vi dico : lo prendo io il vostro patrimonio... Ve lo prendo al dieci per cento d’interesse... È. ur pazzia, lo so... ma che cosa m’importa ! Son così ! Mi piace rendervi un servizio... Voi non avrete sflducia di me, suppongo...
— Oh ! di voi, signor Latête ! Ma vi pare ?...
E il brav’uomo, la fisonomia del quale passava per diverse smorfie, dall’espressione della più viva sorpresa a quella della soddisfazione, ripetè :
— Ma vi pare, signor Latête?
L’ indomani il signor Latête andô a far visita al medico che curava il brav’uomo. Egli desiderava avere su costui alcune informazioni confldenziali. Il dottore protestò a tutta prima il segreto professionale.
— Oh ! fra dottore e farmacista — argomentò il signor Latête sorridendo — non ci dovrebbero esser segreti... Eppoi ! Il brav’uorno, vedete, è un vecchio parente cui voglio molto bene... la sua salute mi dà da pensare... Si cura molto male, ha delle ubbìe che potrebbero divenir pericolose... Bisogna sorvegliarlo... Su via, detto fra noi, caro dottore, che ne pensate dunque ?
– Ebbene! Sia detto ha noi — disse il medico, rassicurato – ma credo che sia in molto cattivo stato, il pover’uomo. Oh ! Dio mio ! Con delle cure, con un regime inflessibile, può tirare avanti ancora qualche anno... ma nessuna imprudenza, sopratutto ! Ci ha una mania, una mania dalla quale mi ci vuole tanta pazienza per trattenerlo. Si vuole purgare, ecco... non capisce altro ! Ora, una purga potrebbe essergli fatale... Ci sarebbe tutto da temere, che so : una ernorragia intestinale... e allora... vallo a ripigliare... addìo !
Chiacchierarono a lungo della salute del brav’uomo, in termini tecnici ; discussero alcune ipotesi e conclusero per un regime emolliente.
— Benissimo! Perfettamente ! — esclamò il farmacista che, piccandosi di significare le più nobili analogie, soggiunse : — Occorre al suo ventre bertà, ma non iicenza !
— Come in politica, caro signore... — terminò il medico. — Tutti gli organiismi si rassomigliano. Essi funzionano per gli stessi bisogni e si guastano per le stesse cause. In medicina, come in sociologia, bisogna essere...
– Ventre floscio ! — esclamò, prendendo commiato, l’onorevoie farmacista.
La sera stessa, l’affare era concluso. La settimana dopo, l’atto notarile era irreparabilmente firmato e registrato secondo tutte le prescrizioni legali e passava nel numero delle cose definitive : e nella casa del brav’uomo, mentre la ricchezza usciva da una porta, la morte entrava da un’altra.
Tre giorni dopo, il brav’uomo, che non si stancava più dalla farmacia, si lamentava col sign Latête.
— Non va ! Non va ! — gemeva. — Non so che cos’abbia... la testa mi gira... provo como uno stordimento... Il mio stomaco è pazzo e gl’intestini si intasano... Non va bene !...
– È la primavera ! – pronunziò categoricamente l’onorevole farmacista. – Anche a me la primavera produce questi effetti... a tutti... Non c’è da preoccuparsene. Una piccola purga e tutto passa... Io mi son purgato ieri... Bisognerebbe che vi purgaste voi domani !...
Il brav’uomo si spaventò :
— Una purga !... Ma che dite ?... Se appunto mi è stata formalmente proibita...
Il signor Latête insistè.
— Perbacco! Ai medici non piaccionio i rimedî sicuri... Bisogna trascinare le cose in lungo... si capisce... Ma, alla fine poi, fate come volete... affar vostro...
— Proprio ? — chiese il brav’uomo. — Credete ?
— Una bottiglia d’acquavite tedesca... un bicchiere ogni dieci minuti, ecco la mia pozione... E il giorno appresso, fresco come una rosa, gaio come un uccello, forte come un turco.
—Ebbene, date qua !... Dopo tutto, questi medici se la prendono troppo con comodo.
Il brav’uomo intascò la fiala. E quando fu uscito di farmacia, il signer Latête si stropicciò allegramente le mani e, pensando alla notizia che avrebbe certo appreso l’indornani, facetamente mormorò :
— Purga legale !...