La botte di sidro/I due viaggi
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Il primo dicembre 1899, Cirillo Barclett, capo ufficio nella « Moon of Chicago », Compagnia d’assicurazione sulla vita con capitale di cento milioni di dollari, verso le dieci entrò nel gabinetto di suo cugino Earl Butwell, vice direttore del personale nella stessa Compagnia, e dopo il tradizionale « shakehand », gli disse :
— Earl, vengo a domandarvi una cosa importante.
— Quale, Cirillo ?
— Earl, avrei bisogno d’un congedo d’un mese.
Il vice direttore sobbalzò :
— E perchè questo congedo, di grazia, Cirillo ?
— Per andare a New-York, Earl.
— E perché volete andare a New-York ?
— Per ammogliarmi !...
Earl ricevette la notizia senza commuoversi.
— Vi ammogliate ? — chiese.
— Sicuro !... Ecco qui. Otto giorni per andare, otto giorni per tornare, quindici giorni pel matrimontio !... Sarò in ufficio il 2 gennaio alle dieci.
— E quando parte il vapore, Cirillo ?
— Domani sera, Earl.
Earl Butwell rifletté un istante, poi :
— Cirillo, — disse — non mi è possibile concedervi questa vacanza... A voi è affidata la sorveglianza dell’inventario sino alla fine d’anno... Voi non potete partire prima del 5 gennaio...
Cirillo Barclett rispose :
— È impossibile, Earl... Bisogna che io parta... Tutto è pronto... Ma, ascoltatemi...
Andò a consultare una specie di orario illustrato ch’era inquadrato in una cornice nera, sulla parete dell’ufficio.
— Ascoltate — riprese — posso ritornare il 24 dicembre... Guardate voi stesso !... Io non resterò laggiù che tre giorni... il tempo appena necessario per ammogliarmi... e riprendere il piroscafo che parte da New-York il 14... Guardate, guardate voi pure... Ma che dico il 24 ?... Io posso essere qui benissimo il 23. Jeremy mi sostituirà molto bene durante questa mia breve assenza...
— Allora, Cirillo, partite — acconsentì il vice direttore, dopo aver verificato l’esattezza della data indicata da suo cugino, sull’orario. — Ma non perdete il vapore al ritorno !...
— « All right ! »... È inteso... Il tempo appena di prender moglie !... Il 23 dicembre, alle dieci, voi mi rivedrete in ufficio !
Earl Butweil era un uomo curioso e quella mattina aveva il tempo di chiacchierare un poco. Domandò :
— E chi sposate, Cirillo ?
— Minnie Hookson... La conoscete ?...
— Affatto.
— Nemmeno io !... Una graziosissima giovine, Earl !... Ventisette anni, sottile, alta, bionda... Credo, almeno... È stata Miss Saunders che ha combinato la cosa... La conoscete ?
— Affatto.
— Nemmeno io !... Anche Miss Saunders è una graziosissirna giovine...
— Benissimo !
Cirillo Barclett proseguì gravemente :
— Ho ricevuto da Miss Saunders, credo, le fotografie di Minnie Hookson da quando aveva un anno, a tutt’oggi... Sono ventisette !
— Ventisette, Cirillo ?
— Ventisette, Earl. Ecco una giovine molto preziosa. Volete vedere ?
Il vice direttore, decisamente in vena di non far nulla, rispose amabilmente, con quella affabilità imperativa e breve che gli era consueta in tutte le circostanze della vita.
— Mostrate... volentieri.
E Cirillo, da una busta di cuoio che teneva sotto braccio, estrasse, una dopo l’altra, ventisette fotografie, che distese accuratamente sopra le carte, coprendone lo scrittoio.
— Siete sicuro, almeno — interrogò Earl — che queste siano le fotografie di Minnie Hookson ?...
— Lo credo... Earl... lo credo... E perchè, scusate... non dovrebbero essere le fotografie della mia cara Minnie ?...
— Chi sa !... potrebbero essere le fotografie di un’altra signorina...
Cirillo sorrise finemente : rivoltò i ventisette ritratti, e maliziosamente :
— Guardate voi stesso, ora, se non sono realmente le fotografie della mia cara fidanzata.
Dietro a ciascuno dei ventisette ritratti era scritto, a grosse lettere e a grandi cifre, l’indicazione dell’altezza, della grossezza, del peso della Minnie infante, poi della Minnie adolescente, quindi della Minnie ragazza, poi della Minnie già donna... Tutta una antropometria esattissima... Une contabilità rigorosissima, tenuta anno per anno, minuziosamente. Earl esaminò rapidamente e in silenzio le cifre delle prime fotografie e, arrestandosi all’ultima con la più viva compiacenza, esclamò quasi entusiasta :
— Un metro e sessanta !... Sessantadue chili !...
— Appunto !
— Credo, Cirillo, che sarete felice.
— Lo credo anch’io, Earl.
I due uomini scambiarono una stretta di mano. Foi Cirillo, avendo riposto nella busta e in ordine di data le ventisette fotografie della sua cara Minne, partì ripetendo :
— Lo credo anch’io !
Da cinque anni Cirillo Barclett abitava con sua madre un comodo appartamento del viale Kléber. Tutt’e due si volevano molto bene... Così, era stato convenuto che il matrimornio non li avrebbe separati e che Cirillo avrebbe portato sua moglie in quell’appartamento : risoluzione che conciliava la tenerezza e l’economia.
La signora Barclett era una stimabile, stimabilissima vecchia signora, dai capelli bianchi, dal viso bianco, che soffriva d’una malattia al cuore. Molte volte aveva vista in faccia la morte, colpita da qualche sincope. E con l’età, le sincopi erano diventate sempre più frequenti... Durante l’assenza di suo figlio, la signora Barclett aveva preparato, ornato, rimesso a nuovo l’appartamento del viale Kiéber, a fine di ricevervi la sua cara nuora, Minnie, ch’ella idolatrava di già per il suo peso di sessantadue chili e per il suo metro e sessanta di altezza !... Ma la signora si era ben stancata in questi preparativi e la mattina del 23 si doleva assai di non sentirsi bene e di soffrir di cuore...
Alle nove e mezzo un omnibus carico di valigie si fermava davanti alla casa del viale Kléber. Cirillo fece discendere sua moglie, diede qualche ordine al portinaio e, siccome aveva promesso di essere alle dieci in punto al suo ufficio, il quale era in via Châteaudun, prese la sua piccola, cara Minnie di salire all’appartamento e si fece condurre alla sede della « Moon of Chicago ».
Difatti, alle dieci precise Ciriilo entrò nel suo ufficio. Non era lì da dieci minuti ancora, che lo chiamò il campanello del todefono :
— Pronto !... chi parla ?
— Io... Giulio, il cameriere...
— Che cosa c’è ?
— La madre del signore è stata colpita da un attacco... pronto ! pronto !... È per morire... Il signore venga subito...
— Vengo !... — rispose Barclett...
Riagganciò il ricevitore... infilò il soprabito, scrisse una parola su un biglietto per suo cugino, e, risalito in vettura, si fece condurre da sua madre, troppo tardi per dirle addio... poichè la signora Barclett era morta !...
Cirillo pianse amaramente... Poi, quando ebbe dato alle lacrime il tempo che un americano può concedere a queste dimostrazioni inutili del dolore, ritornò al suo ufficio... Earl Butwell l’aspettava :
— Earl — disse — vengo a dirvi una cosa molto importante !
— Quale, Cirillo ?
— Earl, mia madre è morta !...
— Spero che non sarete venuto da me per domandarmi ancora un congedo di trenta giorni !
— No, Earl. Ma sono molto perplesso... Mia madre aveva manifestato sempre il desiderio che, dopo la sua morte, il suo corpo fosse rimandato in America...
— Ebbene, Cirillo, bisogna rimandarlo.
— Senza dubbio : ma come ?... Io sono in grande imbarazzo... Voi stesso confessate che non posso accompagnarla...
— Certamente : no... non la potete accompagnare...
— Il prossimo vapore non parte che fra otto giorni... E non posso tenere in casa il corpo di mia madre tutto questo tempo.
— È giustissimo !
— Allora ?
Earl Butweli riflettè un istante, poi, molto gravemente, sentenziò :
— Cirillo, bisogna comprare una cassa molto solida... mettervi la vostra cara madre... la stimabile signora Barclett... e depositarla... al bagagliaio... della stazione !
E siccome Earl Butwell non mancava di qualche bella frase retorica, a tempo perso, aggiunse :
— I morti vanno soli... I morti vanno presto !...
Cirillo approvò con un gesto del capo.
— Earl, mio caro Earl, avete ragione... farò così !...
E si mise a sgobbare sull’inventario, senz’altro : l’inventario della « Moon of Chicago », Compagnia d’assicurazione sulla vita, con capitale di cento milioni di dollari.