La bona vecchiarella

Giuseppe Gioachino Belli

1847 Indice:Sonetti romaneschi V.djvu sonetti letteratura La bona vecchiarella Intestazione 11 novembre 2022 75% Da definire

Lui, doppo un anno e ppiú La casa de la ricamatora
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1847 e 1849

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LA BONA VECCHIARELLA

     Sòovvecchia, fijja: ho cquarche e cquarc’annuccio
Più de tu’ nonna, sai, còcca1 mia bbella?
E jje lo dico sempre a mmi’ sorella:
“Presto presto m’attacchi lo scoruccio„.2

     Eppuro va’!3 cquer benedetto Muccio4
Jeri me fesce scantinà in cappella.5
Eh, oggni tanto la fo una sfuriatella:
Ma ssò ffochi de pajja, e ppoi m’accuccio.

     Io lo capisco, so’ de sangue callo,
E ddo scànnolo a ttutta la famijja,
Sibbè in ner core nun vorebbe dàllo.

     E appena quer prim’ìmpito è ppassato,
Darebbe er zangue mio (crèdeme, fijja)
Ch’er mal’esempio nu’ l’avessi dato.

20 gennaio 1847

Note

  1. [Vezzeggiattivo che s'usa per lo più co' bambini. Ma, i vecchi specialmente, lo dicono spesso anche agli adulti.]
  2. [Nessun dubbio che questo verso voglia dire: “Presto presto io muoio„ e che scoruccio, comunemente, significhi “lutto.„ Ma, comunemente, s’io non m’inganno, s’è anche detto sempre méttese lo scoruccio, e così dice lo stesso Belli in altri sonetti. Se dunque dicesse me metti, invece di m’attacchi, durando ancora in quel tempo la brutta usanza di portare in chiesa i morti scoperti, e le morte vecchie vestendosi ordinariamente di nero, come di bianco le giovinette, il Belli potrebbe aver chiamato scoruccio codesto estremo vestiario, appunto perchè nero, come lo scoruccio propriamente detto. Ovvero potrebbe aver usato il me per dativo di comodo, come nei modi: me vai dar zartore, me compri un cortelluccio; e la spiegazione, anche in questo caso, sarebbe facile: “Presto presto, tu ti metti il lutto per me.„ Ma quell’attacchi è un grosso intoppo; poichè sembra accennare a qualche piccola cosa che realmente si attaccasse a’ morti. E qualcuno mi ha detto che si chiamasse scoruccio una corona del rosario a sette poste, con cui si legano loro le mani; anzi, che così si chiamasse qualunque corona. Ma un romanesco, pieno di spirito, e gran conoscitore del suo dialetto, lo nega risolutamente, e mi scrive: “Ho interrogato un beccamorti mio amico, che da cinquantacinque anni esercita il suo mestiere con passione d’artista, e mi ha risposto che in Roma non si è mai usato di mettere lo scoruccio a quelli che se ne vanno agli altri calzoni, ma che lo scoruccio se lo mettono quelli che rimangono, per c......... quelli sene sono iti.„ Non essendoci però altra via d’uscita, egli inclina a credere che il Belli possa aver voluto, ma di suo arbitrio, accennare alla corona, o anche al crocifisso, che si suoi mettere tra le mani a’ defunti, quando appunto lo scoruccio incomincia.]
  3. [Troncamento di varda, che si usa spesso per guarda.]
  4. [Giacomuccio.]
  5. [Mi fece uscir proprio de' gangheri. E scantinà deriva da cantino: lo si capisce dalla frase: toccà uno in ner cantino, che significa: “toccarlo nel debole, toccarlo dove gli dole.„ L' aggiunto poi di in cappella, considerando che con questo vocabolo, quando è usato assolutamente, s' intende sempre la cappella papale, deve voler dire: “solennemente, in modo straordinario, molto;„ ovvero: “dove non avrei dovuto.„]