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19 settembre 2012
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<dc:title> La Bohème </dc:title>
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20120919120033
La Bohème Luigi Illica/Giuseppe Giacosa1896
...pioggia o polvere, freddo o solleone, nulla arresta questi arditi avventurieri...
La loro esistenza è un’opera di genio di ogni giorno, un problema quotidiano che essi pervengono sempre a risolvere con l’aiuto di audaci matematiche... Quando il bisogno ve li costringe, astinenti come anacoreti - ma, se nelle loro mani cade un po’ di fortuna, eccoli cavalcare in groppa alle piú fantasiose matteríe, amando le piú belle donne e le piú giovani, bevendo i vini migliori ed i piú vecchi e non trovando mai abbastanza aperte le finestre onde gittar quattrini; poi - l’ultimo scudo morto e sepolto - eccoli ancora desinare alla tavola rotonda del caso ove la loro posata è sempre pronta; contrabbandieri di tutte le industrie che derivano dall’arte, a caccia da mattina a sera di quell’animale feroce che si chiama: lo scudo.
La Bohème ha un parlare suo speciale, un gergo... Il suo vocabolario è l’inferno de la retorica e il paradiso del neologismo...
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Vita gaia e terribile!...
(H. Murger, prefazione alla Vie de Bohème)1.
Note
- ↑ Gli autori del presente libretto, meglio che seguire a passo a passo il libro di Murger - (anche per ragioni di opportunità teatrali e sopratutto musicali) - hanno voluto ispirarsi alla sua essenza racchiusa in questa mirabile prefazione.
Se stettero fedeli ai caratteri dei personaggi, se furono a volte quasi meticolosi nel riprodurre certi particolari di ambiente, se nello svolgimento si attennero al fare del Murger suddividendo il libretto in “quadri ben distinti”, negli episodi drammatici e comici essi vollero procedere con quell’ampia libertà che - a torto o a ragione - stimarono necessaria alla interpretazione scenica del libro più libero forse della moderna letteratura. Però, in questo bizzarro libro, se de’ diversi personaggi sono e balzano fuori vivi, veri e nettissimi i singoli caratteri, s’incontra spesso che uno stesso carattere prenda diversi nomi, s’incarni quasi in due persone diverse.
Chi può non confondere nel delicato profilo di una sola donna quelli di Mimì e di Francine? Chi, quando legge delle “ manine” di Mimì piú “bianche di quelle della dea dell’ozio” non pensa al manicotto di Francine?
Gli autori stimarono di dover rilevare una tale identità di caratteri. Parve ad essi che quelle due gaie, delicate ed infelici creature rappresentassero nella commedia della Bohème un solo personaggio cui si potrebbe benissimo, in luogo dei nomi di Mimì e Francine, dare quello di: Ideale.
G. G. – L. I.