La visita alla Torre che in queste pagine si intraprende inizia necessariamente dalla navata destra della Cattedrale, all’altezza dell’antico presbiterio della nave guidiana, dove si trovava l’abside della chiesa primitiva, poi demolito per permettere l’ampliamento da parte di Niccolò degli Arcioni. È da questo punto, quindi, che si deve partire per l’ascensione alla struttura che porterà il lettore, come si vedrà in seguito, sino alla sommità della Torre.
All’incrocio della nave guidiana e della nave arcioniana, dunque, si trovava il primitivo presbiterio dell’antica aula. Rialzato di alcuni gradini rispetto alla parte riservata ai fedeli, questo presbiterio oggi appare sormontato dal tiburio nella parte centrale e al di sotto vi è la Grotta di San Berardo, recentemente ritrovata e resa visibile grazie ad un oculo di vetro e ad una scala di accesso. Alla sinistra dell’antico presbiterio si apre alla vista, attraverso una cancellata, la barocca Cappella di San Berardo, mentre a destra si trova il punto di accesso alla Torre, segnalato da una porta sita a lato dell’edicola degli olii santi, realizzata dal lombardo Antonio da Lodi al termine dei lavori di completamento della Torre stessa. Dinanzi l’edicola degli olii santi, sul pavimento, vi è la botola che dà accesso al vano dell’ossario, ritrovato e consolidato durante i recenti interventi di restauro della Cattedrale.
Nella parete a sinistra dell’edicola, si apre la porta di accesso al locale intermedio che separa la Torre da questo antico presbiterio sulla navata destra della Cattedrale. Oltrepassata questa porta, si accede ad un vano di ridotte dimensioni, oggi adibito a deposito.
È questo il locale che in passato costituiva la vecchia Sacrestia della Cattedrale, come si è più volte anticipato nelle pagine precedenti.
Prima della realizzazione della nuova Sacrestia monumentale, avvenuta tra il 1586 e il 1632, esisteva una precedente Sacrestia addossata appunto alla Torre, alla quale dava accesso, e in quel luogo, sino alla recente costruzione dell’organo in honorem Sancti Gabrielis, fatto innalzare dal Vescovo Stanislao Amilcare Battistelli nel 1956, venne installato l’antico organo, come riferisce il Savini, dopo che la Sacrestia fu trasferita nel nuovo locale.
La vecchia Sacrestia e le strutture connesse subirono una radicale trasformazione a seguito dell’avvio dei lavori per la costruzione dell’Arco di Monsignore, sotto l’episcopato di Tommaso Alessio de’ Rossi.
Come testimoniato dal Muzj e suffragato, tra l’altro, da una piantina della Cattedrale risalente al 1583, esisteva una Cappella di San Lorenzo in Platea che risultava addossata all’angolo est della Torre. Era riccamente affrescata e veniva usata, il 19 dicembre di ogni anno, per esporvi ai fedeli le reliquie del Santo Patrono di Teramo. Vi si accedeva proprio dall’interno della vecchia Sacrestia.
Quando venne realizzato l’Arco di Monsignore, nel 1738, che collegava il Duomo con il vicino Palazzo Vescovile, l’antica Cappella di San Lorenzo in Platea fu interamente demolita e fu stravolto l’assetto delle strutture adiacenti la vecchia Sacrestia.
In particolare, le sistemazioni barocche del Vescovo de’ Rossi ed il completamento dell’Arco di Monsignore determinarono la completa perimetrazione, attraverso la presenza di locali di servizio, della vecchia Sacrestia che venne così a risultare buia e priva di finestre. Furono murate le aperture in origine presenti e fu costruito un passaggio di collegamento con la Cappella del Santissimo Sacramento, realizzata nel 1786 e dotata di un altare di marmo policromo voluto dal Vescovo Luigi Maria Pirelli, nel punto esatto in cui oggi si trova il finestrone con le inferriate che affaccia su Piazza Martiri della Libertà. Fu altresì realizzata, nel medesimo sito ove prima sorgeva la Cappella di San Lorenzo in Platea, la scala di collegamento con l’Arco di Monsignore. I Vescovi, pertanto, percorrendo quest’Arco, potevano fare ingresso alla Cattedrale, sino al 1969, attraversando proprio la vecchia Sacrestia.
Con gli interventi di isolamento del Duomo e la successiva demolizione dell’Arco di Monsignore, la sistemazione dei locali fu radicalmente trasformata. Lo smantellamento del passaggio che collegava la vecchia Sacrestia con la Cappella del Santissimo Sacramento determinò la scopertura di una parte del muro perimetrale esterno che venne quindi a trovarsi non contiguo all’altra estremità: il problema venne superato attraverso la realizzazione di un ampio finestrone lasciato aperto e dotato di robuste inferriate. L’assenza dell’Arco di Monsignore, d’altro canto, determinò la scopertura del muro esterno ad est che fu sistemata attraverso la realizzazione di una porta ogivale a vetri.
Queste trasformazioni contribuirono a restituire alla vecchia Sacrestia la luminosità che aveva avuto in precedenza, la cui assenza era stata già evidenziata dal Savini, e fecero in modo, altresì, che tale locale, oltre a quello antico situato nella navata destra del Duomo, avesse anche un secondo ingresso, stavolta dall’esterno.
Parallelamente, tuttavia, gli interventi novecenteschi giunsero a far perdere alla vecchia Sacrestia ogni funzione residua che pur continuava a conservare, dal momento che la sua funzione principale fu assunta dalla nuova Sacrestia adiacente alla Cappella di San Berardo.
Oggi questo locale, come già accennato, è utilizzato come deposito e vano di accesso alla Torre, la cui porta vera e propria qui si apre.