La Tirnità de pellegrini (1846)

Giuseppe Gioachino Belli

1846 Indice:Sonetti romaneschi V.djvu sonetti letteratura La Tirnità de pellegrini Intestazione 2 febbraio 2025 75% Da definire

Er Papa ner giuveddì ssanto Er Cardinale bbono
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1846

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LA TIRNITÀ DE PELLEGRINI.[1]

     Che sso’ li pellegrini? So’ vvassalli,[2]
Pezzi d’ira de ddio, girannoloni,
Che vviàggeno cqua e llà ssenza cavalli,
E cce vièngheno a rróppe li c.......[3]

     E appena entreno a Rroma calli calli[4]
Co’ le loro mozzette e li sbordoni,
’Ggna[5] alloggialli, sfamalli, ssciacquettalli,[6]
Come fùssino lòro li padroni.

     Ma sti bboni cristiani de siggnori
Che li serveno a ccena, ammascherati
Da sguatteri, da cochi e sservitori,

     Je dicheno in ner core: “Strozza, strozza;[7]
Ma gguai, domani, si li tu’ peccati
Me te porteno avanti a la carrozza!„

Giovedì santo 9 aprile 1846.

Note

  1. Trinità ecc. È una confraternita, composta di cittadini e di titolati d’ogni classe, i quali per instituto usano ospitalità a’ pellegrini. [V. l’altro sonetto, che ha questo stesso titolo, del 31 marzo 36.]
  2. Canaglia.
  3. A disturbare.
  4. Caldi caldi.
  5. [Bisogna.]
  6. Qui si allude alla lavanda de’ piedi. [Fatta dai confratelli agli ospiti pellegrini, a imitazione di quella che fece Cristo agli Apostoli. Cfr. anche la nota 1 del sonetto precedente.]
  7. Mangia, mangia: ingolla, ingolla.