La Tirnità de pellegrini (1846)
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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1846
LA TIRNITÀ DE PELLEGRINI.1
Che ssò li pellegrini? Sò vvassalli,2
Pezzi-d’ira-de-ddio, girannoloni,
Che vviaggeno cqua e llà ssenza cavalli
E cce viengheno a rroppe li cojjoni.3
E appena entreno a Rroma calli-calli4
Co le lòro mozzette e li sbordoni,
’Ggna5 alloggialli, sfamalli, ssciacquettalli,6
Come fùssino lòro li padroni.
Ma sti bboni cristiani de Siggnori
Che li serveno a ccena, ammascherati
Da sguatteri, da cochi e sservitori,
Je dicheno in ner core: “Strozza, strozza;7
Ma gguai, domani, si li tu’ peccati
Me te porteno avanti a la carrozza.„
Giovedì santo 9 aprile 1846
Note
- ↑ Trinità ecc. È una confraternita, composta di cittadini e di titolati d’ogni classe, i quali per instituto usano ospitalità a’ pellegrini. [V. l’altro sonetto, che ha questo stesso titolo, del 31 marzo 86.]
- ↑ Canaglia.
- ↑ A disturbare.
- ↑ Caldi caldi.
- ↑ [Bisogna.]
- ↑ Qui si allude alla lavanda de’ piedi. [Fatta dai confratelli agli ospiti pellegrini, a imitazione di quella che fece Cristo agli Apostoli. Cfr. anche la nota 1 del sonetto precedente.]
- ↑ Mangia, mangia: ingolla, ingolla.