In due tende con grandi cartelloni
alla fiera faceano affari d’oro
la Scimmia e il Leopardo.
- Eccomi a loro, -
dicea costui. - Signori, io son quel celebre
artista, di cui parla tutto il mondo:
e la mia pelle
gaietta, maculata sopra e sotto
a nodi ed a rotelle,
sì piacque al re, che alla mia morte, ha detto,
vuol farne uno stupendo manicotto -.
La gente accorre, ammira,
fa la bestia sul volgo un certo effetto,
ma guardata una volta,
ognuno si ritira.
Nell’altra tenda intanto anche la Scimmia
annuncia i suoi miracoli.
- Entrin, signori, e vedano che smorfie!
Il mio vicin non ha
la grande varietà
che nel pel ricamato a geroglifi.
Ma la Scimmia, signori, ha nello spirito
l’arte che ridere
la gente fa.
Bertuccina nipote di Bertuccia,
rival di Scaramuccia,
Scimmia Cesarea,
in barca arriva, in carrozzino, a piè,
per far piacere
e per rispondere
a chi l’interroga.
Ella nel cerchio
entra e si snoda
e balla e parla e ascolta e ride e canta,
non per quaranta
né per cinquanta
soldi o per cento,
ma per la misera
moneta di un baiocco, e a chi par caro
alla porta si rende il suo denaro -.
Avea ragion la Scimmia. E che m’importa
se alcun è ricco e stupido
nell’abito che porta?
Di belle idee tu fa’ che sia lo spirito
adorno, e fra le genti avrai fortuna.
Non basta aver un abito bizzarro
come molti signori, che somigliano
al Leopardo e ch’hanno
tutto il talento appiccicato al panno
e agli orli del tabarro.