La Nascita della Tragedia/Prefazione a Riccardo Wagner

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Friedrich Nietzsche - La Nascita della Tragedia (1872)
Traduzione dal tedesco di Enrico Ruta (1919)
Prefazione a Riccardo Wagner
Saggio di un'autocritica Capitolo I

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PREFAZIONE A RICCARDO WAGNER


Per distogliere la mente dal pensiero degli scrupoli, delle irritazioni, dei malintesi che le idee raccolte in questo lavoro certamente non mancheranno di risvegliare a cagion medesima del peculiare carattere delle opinioni estetiche correnti, e anche per segnare queste parole d’introduzione con l’animo aperto allo stesso rapimento contemplativo, di cui coteste idee portano il vestigio in ogni pagina come un segno d’incarnazione delle buone ore elevatrici, io mi fo con la fantasia, mio rispettabile amico, al momento in cui Ella riceverà questo volume. Me La figuro, di ritorno da un giro notturno sulla neve invernale, dare un’occhiata sulla copertina al Prometeo liberato, leggere il mio nome, e subito indursi a ritenere che, quale si sia il contenuto del lavoro, l’autore ha avuto da dire qualcosa di serio e di compenetrante, e che, insieme, dibattendo con Lei, come se fosse stato presente, tutto ciò che veniva meditando, non ha [p. 20 modifica] potuto stendere nulla che a tale presenza non rispondesse. Ella si ricorderà che io mi raccolsi in questi pensieri nello stesso torno di tempo in cui apparve la Sua magnifica commemorazione di Beethoven, vale a dire durante lo sgomento e l’esaltazione della guerra allora scoppiata. Sbaglierebbero però molto coloro, i quali immaginassero in quel mio raccoglimento il contrasto tra l’eccitazione patriottica e l’ebbrezza estetica, tra la prodezza conscia e la serena contemplazione. Anzi, se leggeranno con cura questo volume, tanto più stupiranno di veder chiara la gravità del problema che trattiamo, e che deve essere veramente piantato da noi, come nodo e cardine, al centro delle speranze tedesche. Solo che proprio a loro tornerà come indecoroso il veder preso tanto sul serio un problema estetico, ove non siano in grado di riconoscere nell'arte nulla più che un piacevole superfluo, che un tintinnio di sonagli anche troppo futile per la « serietà dell’esistenza »: quasi che poi nessuno sapesse in che cosa consista cotesta contrapposizione della « serietà dell’esistenza ». A siffatti seriosi uomini valga di ammaestramento, che io considero l’arte come il cómpito supremo e come l’attività metafisica propria della nostra vita, secondo il pensiero dell’uomo, al quale intendo dedicata quest’opera come al mio insigne precursore sul campo di lotta.

Basilea, sulla fine del 1871.