Un cacciator avea tolto alla mamma
Leonessa il suo piccolo leone,
e la povera bestia iva mugghiando,
empiendo l’aria e il bosco
di compassione.
Non la pace notturna e l’aer fosco,
non i notturni incanti
potean frenare gli ululati e i pianti.
N’aveva il sonno rotto ogni animale,
finché l’Orsa gridò: - Buona comare,
scusate, o che vi pare
che anch’essi non avessero parenti
quei poveri innocenti,
che son passati sotto i vostri denti?
- Li avevano. - Sta bene, è naturale,
ma non hanno strillato pei lor morti
come voi fate a romperci la testa.
Tacete e che il diavolo vi porti.
- Me sciagurata! io no, non tacerò,
perduto il leoncello, un’assai mesta
vecchiezza trascinare ora dovrò.
- Chi vi condanna? - Il mio crudel destino -.
Sempre il destino accusa
chi vuole a’ mali suoi dare una scusa.
O miseri mortali,
che avete un mar di lagrime
per tutti i vostri mali,
guardate indietro, ad Ècuba pensate,
e il cielo ringraziate.