L'evoluzione dal 1970 al 1990

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3. L’EVOLUZIONE DAL 1970 AL 1990


Il cambio di guardia fra il Direttore Generale uscente Binay Ranjan Sen ed il neoeletto olandese Addeke Hendrik Boerma costituirà un passo cruciale per la Fao nel 1967. Il nuovo responsabile dell’Organizzazione concettualizzò il problema agroalimentare spostando l’assetto operativo dall’incremento di derrate alimentari allo sviluppo tecnologico per la produzione di queste ultime: una concezione, quindi, qualitativa più che quantitativa.

Vennero così stabiliti nella susseguente ristrutturazione tre linee guida da seguire: l’individuazione dei settori prioritari (le famose “chiavi per lo sviluppo”) , il riassetto organico dell’apparato istituzionale , l’ampliamento delle fonti di finanziamento . Mentre l’Organizzazione intraprendeva l’opera sopra esposta, tra il 1972 ed il 1974 si verificò la peggiore crisi agroalimentare del secondo dopoguerra: la difficile situazione economica venne ulteriormente corroborata in negativo dalle pessime condizioni meteorologiche che pregiudicarono sensibilmente i raccolti di quegli anni, soprattutto nei paesi poveri della regione saheliano-sudanese .

A fronte di questo accadimento nel 1973 si elaborò, su base “quasi normativa” (i.e. sulla base di una promessa di buona fede), il progetto di Intesa internazionale sulla sicurezza alimentare mondiale: in forza di esso gli Stati firmatari si impegnarono a cooperare per assicurare in ogni momento approvvigionamenti mondiali di cereali sufficienti ad attenuare la fluttuazione della produzione e dei prezzi, ad adottare misure nazionali ed internazionali per accrescere celermente la produzione alimentare, ad offrire a condizioni ragionevoli le eccedenze disponibili all’esportazione nei periodi di penuria alimentare.

L’impatto sociale di questo episodio che vedeva sempre più al margine il ruolo operativo della Fao, portò alla preparazione della Conferenza mondiale dell’alimentazione nella quale si adottarono ben 22 risoluzioni relative a tutti i settori propri dell’Organizzazione oltre l’esplicita adozione della dichiarazione universale per l’eliminazione definitiva della fame e della malnutrizione. Questi atti costituirono la prova tangibile della nuova concezione internazionale secondo cui era inscindibile una progettazione di sviluppo senza la soppressione dell’ingiustizia e della disuguaglianza nella società umana.

L’elezione nel novembre 1975 del libanese Edouard Saouma come nuovo Direttore Generale della Fao confermò l’orientamento di ‘preferenza di elezione in posizioni apicali dei membri interni’ rispetto a quelli esterni.

Uomo politico e manager di grande levatura, Saouma stabilì sin dall’inizio che la Fao, in primis, necessitava di una profonda ristrutturazione derivante dall’integrazione di quattro istituende direttrici: sfoltimento della burocrazia della sede centrale con contestuale riduzioni e di pubblicazioni e di riunioni e di personale, destinazione del risparmio realizzato sul bilancio ad un programma di cooperazione tecnica proprio della Fao, decentramento dell’Organizzazione con relativa istituzione di rappresentanti nei paesi in via di sviluppo, riorientamento dei programmi verso attività operative a scapito di studi teorici.

Dovendo (rectius, potendo) soffermarci solo su questa ultima direttrice, si può facilmente notare che essa consti sostanzialmente di tre componenti e cioè la sicurezza alimentare mondiale, la riforma delle strutture agrarie, il rapporto ambiente-energia.

La concezione di sicurezza alimentare mondiale ha subito rilevanti modificazioni negli anni. Dall’Intesa proposta da Boerma nel 1973 si è giunti all’idea di assicurare a tutti ed in ogni momento l’accesso materiale ed economico agli alimenti di base indispensabili. Così facendo si ebbe (finalmente) nel 1985 il risultato tanto agognato del “Patto mondiale della sicurezza alimentare” proposto da Saouma grazie al quale la sicurezza alimentare mondiale è divenuta responsabilità dell’umanità .

La riforma delle strutture agrarie fissata nel 1979 dalla ‘Conferenza mondiale sulla riforma agraria e lo sviluppo rurale’ ha come suo presupposto teleologico la già detta Conferenza mondiale dell’alimentazione del 1974 . Elemento informatore fu il riconoscimento della specificità della situazione di ciascuna regione e del carattere integrato delle procedure di riforma agraria nel contesto economico e sociale di ogni paese. Sebbene ci sia stata anche la codificazione di questi principi tramite un consensus generalizzato la realtà odierna dimostra che l’effetto sortito non ha raggiunto gli scopi prefissati.

La terza fra le componenti suddette si estrinseca nella protezione dell’ambiente e delle fonti energetiche nel progresso agricolo e rurale (cd. sviluppo sostenibile). Stravolgendo l’ideologia precedente dell’Organizzazione (accelerata intensificazione della produzione agricola per ovviare alle carenze agroalimentari), si giunse allo sfruttamento razionale (e non pieno) delle risorse naturali con modelli di giusta sintesi fra condizioni ecologiche e bisogni socioeconomici . Possiamo ora affermare che l’evoluzione funzionale e strutturale a questo stadio annovera, come elementi distintivi della Fao, ancorché facenti parte della famiglia del soft law, l’elaborazione di documenti programmatici per il medio e lungo termine rivolti allo sviluppo (oramai sufficientemente concepito in termini di autodeterminazione nazionale ed individuale, condizionato dalla giustizia economica e dall’uguaglianza sociale) .

In questi anni, però, continuava ad aggravarsi un annoso problema: il divario fra il ‘Nord’ ed il ‘Sud’ del mondo con particolare riferimento agli Stati dell’Africa. Se si considera che moltissimi degli Stati membri della Fao appartengono (ed appartenevano) a questo continente, si può facilmente comprendere la rilevanza internazionale che questa situazione riveste (e soprattutto a quei tempi rivestiva). L’operato dell’Organizzazione ha avuto due particolarità: l’adozioni di interventi urgenti a partire dal 1982 e la pianificazione di azioni di medio-lungo periodo a far data dal 1983. La creazione di un Gruppo d’azione speciale Fao/Pam per identificare i paesi più colpiti e seguirli da vicino fu un’iniziativa di indiscutibile pragmaticità. L’esito della Conferenza regionale della Fao del 1984 consistette nell’assunzione di responsabilità in capo agli Stati africani del destino delle loro rispettive comunità: ovviamente l’Organizzazione avrebbe fornito tutta la cooperazione ed il supporto tecnico richiestole. Una sfida enorme, invero, ma non impossibile dal momento che l’Africa potrebbe disporre delle risorse rurali (e, specularmene, agricole) tali da permettere il venir meno del flagello della fame per gli individui che insistono su quel territorio.

Sul piano finanziario, inoltre, il Direttore Generale Saouma modificò la precedente procedura propositiva invertendo l’ordine (ma soprattutto il contenuto) decisionale: se precedentemente in prima battuta era d’uopo una previa riunione per annunciare i contributi volontari a progetti ancora da elaborare, ora il primo step prevedeva gruppi di lavoro, per paese, incaricati di formulare (in stretta collaborazione con la Fao ed i governi interessati) progetti tecnicamente validi e successivamente riunioni per presentare i progetti sviluppati e mobilitare i finanziamenti necessari. Lo spostamento dell’ordine delle azioni dettato dall’immediatezza della prassi non poteva che comportare il raggiungimento di rapidi risultati, per non parlare della effettiva consapevolezza, fatta nascere a livello mondiale, della problematica situazione africana .

Effettivamente, analizzando le cifre economiche, si può ben vedere che il numero complessivo dei progetti approvati dal Centro investimenti per il periodo dal 1964 al 1990 ammonta a 833, per un totale di 35.879 miliardi di dollari. La ripartizione regionale degli impegni di spesa per progetti operativi della Fao in Africa è variata dal 34% dei fondi disponibili nel 1978-1979 al 48% del 1990 con trend sempre positivo: è un ulteriore conferma di quanto su esposto. Quindi nel corso degli anni ottanta la fisionomia della Fao prevedeva obiettivi generali conformi agli scopi del nuovo ordine economico internazionale, molteplicità di programmi operativi realizzata con fondi multibilaterali, metodo d’azione più pragmatico rispetto alla tradizione di lavoro prevalentemente scientifico, attenzione verso i punti di crisi del sistema mondiale con particolare riferimento all’Africa.