La Colonia agricola di Giovanni Stella e la sua storia

Orazio Pedrazzi/Ferdinando Bonichi

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La Colonia agricola di Giovanni Stella

e la sua storia



L’opera di quegli italiani che per i primi si avventurarono nelle zone africane consacrate poi alla attività della patria, l’opera preziosa e difficile che gettò alle genti incivili le notizie di una nazione nuova, appena formata, e che nessuno laggiù sapeva esistesse, non è conosciuta fra noi che da pochi studiosi, ristretta in una cerchia angusta da cui nessun avvenimento è stato capace di farla uscire.

Sul più illustre di questi pionieri, il Bottego, nessuno si è presa cura di scrivere più di un discorso commemorativo1 sull’opera complessiva di tutti non esiste ancora uno studio organico che dalle narrazioni isolate e dalle trattazioni frammentarie tragga una sintetica storia che sarebbe storia gloriosa di sacrifici, di martirii e di meravigliosi italici ardimenti.

Le molte, accurate, pazienti relazioni di questi viaggiatori e di questi missionari giacciono ancora come materiale quasi vergine nelle biblioteche, consultate raramente e sempre per intenti d’occasione e riferentisi a fatti particolari; la figura di questi erranti che portavano con loro insieme al coraggio e allo spirito di avventura il criterio di giovare alla scienza ed al loro paese, è ancora avvolta nelle nebbie di una ignoranza tanto meno perdonabile, quanto più lo Stato assume atteggiamenti energici nella storia del mondo.

Occorre spolverare le vecchie carte, trar fuori le antiche relazioni, far luce su questo bellissimo periodo della vita nazionale, e sullo sfondo intricato della conoscenza dell’Africa far risaltare le forti figure degl’italiani che in tanta parte contribuirono a segnar monti, fiumi, territori, usi e costumi, là dove prima era la oscura e terrificante dizione «Hic sunt leones». [p. 11 modifica]


Primi di tutti, i missionari. Se è vero che la diffusione delle varie religioni ha giovato alla scienza geografica2 e che gli apostoli della fede sono stati quasi sempre strumenti della conoscenza fisica del mondo, per l’Italia i missionari che si riversarono in Abissinia, sulle coste del mar Rosso, nel bacino del Nilo, furono oltre a tutto la forza d’attrazione e la base della futura politica africana. Dal Massaia che a Cavour scriveva le prime lettere d’invito a stringere coll’Etiopia accordi commerciali, dal Sapeto che stipulò il trattato di compera per Assab, dal padre D’Avanchères che confortò la prigionia di Chiarini e di Cecchi, fino a quel padre Giustino la cui fine fu uno dei pretesti all’Italia per far la guerra di Libia, i missionari italiani non dimenticarono mai in Africa che appartenevano alla loro nazione, e mai vollero essere soltanto i propagatori d’un culto, ma anche lo furono della civiltà del loro paese ed ottennero risultati politici che nessuno avrebbe sospettato.

Appunto perchè la loro propaganda religiosa era completata ed attenuata dalle altre qualità di scienziati o d’organizzatori, i missionari italiani non ebbero come i gesuiti del Portogallo rapida potenza e rapido tramonto3 ma, ammaestrati dalla esperienza del passato, seppero farsi amare e benvolere dalla popolazione, segnando d’assumere onori e cariche che li avrebbero potuti esporre al frequente avvicendarsi delle competizioni politiche, e restando tra il popolo più semplice e più generoso.

Qualcuno nella lotta contro le difficoltà cadde vittima d’inimicizie o di potenti correnti d’interesse, ma non cadde senza lasciar traccie. E tra questi il più notevole, colui che ancora vive nella memoria degli indigeni e che ebbe vasto criterio della sua opera di civilizzazione, fu il Padre Giovanni Stella di cui questo breve studio si occupa e che fondò in Eritrea una fiorente colonia agricola, dispersa poi dalla ostilità assoluta e vittoriosa di Werner Munzingher.

Doloroso, triste, ma non strano contrasto, questo di due uomini ugualmente desiderosi di far bene, più umile e cristianamente operoso l’uno, più forte, illustre e geniale l’altro, ma che avrebbero potuto far tranquillamente il loro cammino invece di combattersi con tanto [p. 12 modifica]accanimento. L’Africa, come tutti i paesi che accolgono gente forte e volente, genera spesso i criteri d’esclusività, di egemonia, che portano a lotte antipatiche o nocive; accogliendo ella gente già selezionata dalle fatiche, dal pericolo e dalla solitudine, dà anche a questa gente un carattere più imperioso ed autoritario, facile a concepire grandi passioni o formidabili avversioni.

Così è avvenuto per Werner Munzingher; il cultore di geografiche discipline, l’uomo che tanta parte ebbe negli avvenimenti d’Africa, e che a inglesi, francesi, egiziani rese tanti servigi, colui la cui possanza sorpassava di tanta altezza la persona e l’opera più modesta di Giovanni Stella, scese dalla sua autorevolezza a perseguitare il missionario un po’ esuberante, un po’ irregolare, ma pur sempre profondamente buono che doveva soccombere nella partita con poca gloria del vincitore e con perdita non lieve per la civilizzazione della contrada dei Bogos. La personalità di Werner Munzingher resta sempre altissima nel concetto degli studiosi dell’Africa, ma la storia di questa sua avversione al missionario italiano vela questa personalità dietro quella cortina torbida degli umani sentimenti che spesso offuscano le più belle qualità della mente.


Narra il Sapeto4 che Giovanni Stella nativo di Carcare in Piemonte ed educato dai padri scolopi di quel paese arrivò in Abissinia per la prima volta nel 1846, quasi contemporaneamente al cardinale Massaia mandato da «Propaganda Fide» a dirigere le missioni nei paesi Galla.

Era un’epoca di grande attività per le missioni, i cui componenti dovevano poi restar noti nelle pagine delle storie africane, e lo Stella era, tra quelli, uno dei più fervidi, nè doveva esser pigro d’ingegno se cercò ed ottenne la compagnia di Giuseppe Sapeto per andar secolui nei Bogos a catechizzare gli indigeni. Col Sapeto partì infatti il 28 luglio 1851 e compì il viaggio apostolico dal quale dovevano sorgere la missione apostolica prima e la colonia agricola poi. Fu viaggio avventuroso e piacevole, e la attività intelligente di Giovanni Stella fu di grande aiuto al compagno illustre, tanto che egli sentì il bisogno di ricordarlo nel suo più bel libro con queste lusinghiere [p. 13 modifica]parole: «Quel buon giovane piemontese non si dava pensiero di sè stesso, premuroso del bene di quei suoi popoli, avendo in conto di nulla i disagi della vita e la mancanza di tutto, ha continuato la sua missione con tanto vantaggio ed amore degli abitanti che egli è divenuto l’angiolo tutelare della missione. Iddio ti benedica, amico mio del cuore, e ti mantenga la virtù che basti a compiere i disegni di nostro Signore, il quale sarà tuo usbergo contro la mordacità di alcuni più pinzoccheri che santi5».

Perchè mentre il Sapeto, dopo quel viaggio, era ritornato indietro ed aveva cominciata la sua carriera di studioso e di diplomatico africano, il Padre Stella era rimasto fra i suoi negri a curar anime ed a vagheggiare i futuri esperimenti di colonizzazione che gli erano tanto cari. La vitalità di quell’uomo era tale che la attività di missionario non bastava a soddisfarlo; egli vedeva attorno a sè la terra bella e fiorente, la terra generosa che domandava soltanto di essere curata, si accorgeva quali vantaggi avrebbero potuto trarre dalla coltivazione di quel terreno uomini forti e volenterosi, non sdegnosi della vita solitaria, provati agli inevitabili primi disagi, pensò certo, come ne fa fede il documento che pubblichiamo, anche alla utilità che ne sarebbe ridondata al suo paese. E da questi concetti sorse poi, nel 1867, la colonia agricola.

Da Cheren lo Stella si era recato in Egitto, che allora raccoglieva gran gente venuta d’Italia come a territorio promettente d’emigrazione, e non gli fu difficile trovare associati al suo bel disegno e persuaderli a rischiar con lui tempo e denaro.

E qui occorre far punto e far posto alla relazione che uno dei suoi avventurati compagni fece della storia di questa colonia agricolo-commerciale. Storia rimasta finora dimenticata, e da me rintracciata alla biblioteca della Società Geografica, storia non completa, ma in ogni modo assai interessante e più particolareggiata dei brevi cenni che i libri ci danno6 di quella iniziativa italiana in Africa.

Giova ricordare che questa relazione non è che una parte di ciò che Arturo Issel, Odoardo Beccari e Giacomo Doria avevano raccolto intorno al Padre Stella. La lettera del Bonichi è soltanto una delle testimonianze raccolte, non tutte. Infatti Arturo Issel nel suo libro citato, parlando delle vessazioni subite dallo Stella, afferma «io ne fui consapevole soltanto al mio ritorno in patria, quando conobbi i [p. 14 modifica]documenti raccolti con scrupolosa diligenza dai miei compagni» e a pagina 143 aggiunge «i miei compagni si diedero ogni premura immaginabile per raccogliere documenti e testimonianze riguardanti le vicende e la fine dello stabilimento di Sciotel, ed il dottore Beccari, tornato in patria, ne espose per filo e per segno una storia imparziale, nella relazione destinata ai suoi mandanti» 7.

Questa relazione non ha mai veduto la luce, e la ragione era data da una nota apposta in una delle prime edizioni del libro dell’Issel, e soppresso nelle successive edizioni, in cui si diceva che la Società Geografica non aveva creduto opportuno pubblicare la relazione del Beccari perchè aspra contro l’allora possente Munzingher.

Adesso anni e lustri sono passati da allora, e la storia imparziale può essere scritta. Noi cominciamo con questa pubblicazione augurando che gli altri documenti possano ugualmente vedere la luce e togliere l’ingiusto oblio che pesa sul più antico coltivatore italiano della Colonia Eritrea, le cui ossa giacciono ai piedi dello Tzad-Amba ed il cui ricordo non è ancora spento nella memoria dei vecchi abitanti.

Questa narrazione del Bonichi è un vero documento di storia. Con una serenità ammirevole, in uno stile bello e semplice, egli espone avvenimenti e cose abissine degne di essere meditate da tutti coloro che si occupano delle vicende coloniali.

Le illusioni dello Stella e dei compagni, che pretendevano fondar con 800 talleri una colonia agricola, scompaiono davanti a due falli ben più significativi; l’azione incerta, malsicura, interrotta del governo italiano, e la apparizione dei tedeschi in questo disgraziato affare. Narra il Bonichi che Werner Munzingher aveva promesso al tedesco Hassen di dargli il territorio dello Sciotel coll’esclusione di ogni elemento italiano, cosa vagheggiata da Hassen e dai suoi committenti. Ed eravamo appena nel 1868! Quale notizia preziosa per l’Halype che ha scritto in questi giorni delle provocazioni tedesche in Africa! 8

Cominciava allora, per iniziativa di privati in Germania, ciò che poi diventò programma di governo, vale a dire la penetrazione sicura, decisa dei tedeschi a danno e senza riguardo verso ogni altro.

Sui motivi della ostilità del Munzingher al padre Stella il Bonichi accenna, oltrechè alla gelosia d’influenza, anche alla gelosia di donne. [p. 15 modifica]

Giovanni Stella era infatti un missionario un po’ sui generis cui l’Africa aveva fatto rinunciare al voto della castità. Uomo prima ancora che prete, egli predicava la civiltà lasciandosi però assorbire in parte dalle costumanze del paese, e così a poco a poco si era costituita una famiglia indigena e mieteva largamente nel campo femminile coltivato con cura anche dal Munzingher.

A poco a poco da apostolo di fede il padre Stella si era convertito in colonizzatore, e la sua vita andava assumendo sempre più un carattere laico e civile.

Forse in questa trasformazione che aveva accresciuta la sua influenza, egli si scontrò col Munzingher e fu il vaso di terracotta contro il vaso di ferro.

Questa la storia triste e pur interessante della prima colonia agricola italiana in Eritrea. Storia che ancora non è tutta in luce, ma le ombre della quale non possono offuscare l’amara verità che ne scaturisce: gl’italiani che andarono in Africa non trovarono quasi mai l’appoggio costante ed energico del loro paese e la loro opera di coraggio e di tenacia fu talvolta perduta, talvolta sfruttata da altri.

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Illustrissimi Signori,


Avendo già rimesso al Regio Governo Italiano fino dai primi del 1868 una dettagliata relazione intorno al territorio di Schotel, sua ubicazione, fertilità e idoneità per impiantarvi una Colonia agricolo-commerciale di Italiani, e da loro Signori per commissione dello stesso Governo recentemente visitato, mi è sembrato che oggi allo scopo di render conto di tal commissione, debbano bastare i seguenti cenni retrospettivi delle vicende da tre anni incontrate dagli iniziatori di tal Colonia, e che vado testualmente estraendo dalle mie Memorie.


ECCOLI.


«. . . . . In Cairo tra il sig. Pompeo Jucchi e il sig. Giovanni Stella fu in data del 20 febbraio 1867 stipulata la Società, che aveva per oggetto lo stabilimento nel territorio di Schotel di una Colonia Agricolo-Commerciale sotto il titolo di «Colonia Italo Affricana di Schotel».

Nello stesso giorno (20 febb. 1867) fu posto in essere altro contratto tra Stella, Jucchi ed altri associati all’Impresa, alcuni come Coloni Capitalisti Cooperatori, ed altri come semplici operai e lavoranti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

I Benefizi si sarebbero ripartiti per due quarti a favore del Capitale impiegato nella Impresa in rata porzione — un quarto per G. Stella e l’altro quarto divisibile in quote uguali alla Massa di tutti i Coloni individualmente. La stessa Divisione doveva aver luogo sul prezzo del territorio di Schotel nel caso di alienazione totale o parziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Il tutto sotto la condizione espressa come una delle basi fondamentali dell’Associazione, che chiunque avesse abbandonato la colonia, perdeva ogni diritto anche a qualunque compenso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . [p. 17 modifica]

In seguito dei quali contratti, Stella provveduto dai soci capitalisti di Denaro (800 Talleri) di vettovaglie, di arnesi ed istrumenti da lavoro in compagnia di tre soci operai partì tosto dal Cairo alla volta di Schotel. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
e nel 1.º maggio successivo colla famiglia, con gli altri associati e con tutte le provvisioni partì pure Zucchi ed arrivò a Keyen9 fra i Bogos nel successivo luglio il giorno 19. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
A Keyen distante da Schetel per la via lunga di circa ore dieci di cammino accadde la congiunzione di Stella, Zucchi e tutta la compagnia, onde proseguire di conserva fino a Schotel. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Ma a Schotel poterono arrivare, ed istallarvisi tutti, meno Zucchi, il quale ammalatosi in viaggio dovè rimanere a Keren ove di poi nelle prime ore del 12 settembre passò all’eterno riposo. . . . . . . . . . . . . e fu sepolto nel Cimitero della Missione Loggenita, e quivi rimase. . . . . . . . . . Intanto Stella erasi portato a render omaggio, ed a presentare diversi donativi al Principe Aiglu, il quale gli rilasciò in scritto la formal concessione del territorio di Schotel, di cui già avevamo preso possesso — si dimorava — e vi si erano intraprese opere e lavori diversi. . . . . . . . . .

Ma la morte di Zucchi produsse nella incipiente Colonia una vera rivoluzione, poichè le sue eredi, e la massima parte dei soci si determinarono ad abbandonarla e a ritornare in Egitto. . . . . . . . . . . come di fatto eseguirono, e così lasciarono Padroni di Schotel i soli rimastivi cioè Stella e Bonichi. . . . . . . . .

Il Bonichi era socio capitalista, e socio d’Industria, e Stella semplicemente socio di Industria e mancante di qualunque assegnamento. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Non ostante tal differenza di condizioni i due socii, che avevano il medesimo intendimento di conservare Schotel e tentare impiantarvi una nuova Colonia si trovarono d’accordo nei seguenti punti

1.º rimanere ambedue nella Sede già occupata, e fare ogni possibile per chiamarvi, ed attirarvi altri soci. [p. 18 modifica]

2.º E mantenervisi coi mezzi che rimanevano a Bonichi con intelligenza di rimborsarsi colle prime risorse, che si sarebbero potute comunque conseguire . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Nè poteva farsi altrimenti, perchè le Eredi Zucchi, ed i soci partiti avevano riportato addietro tutte le provvisioni e quanto loro apparteneva, e così Schotel mancava d’ogni cosa necessaria alla vita; od all’agricoltura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Intanto si cominciarono le pratiche per la Rinnovazione della Colonia e queste consistevano:

Nelle trattative colla Società di Emigrazione Alemanna, la quale aveva già in Abissinia un suo agente incaricato a trovare, e procurare una Località idonea per una Colonia di tedeschi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Nelle trattative col sig. Giorgio Lisonte italiano dimorante ad Alessandria d’Egitto, il quale rispondeva che sarebbe venuto a Schotel con molti compagni e con centomila franchi — a condizione d’esser esso riconosciuto come Capo e Direttore della nuova Colonia, ed a condizione che Stella e Bonichi gli inviassero una loro procura, onde agire in proposito a loro nome ed in loro rappresentanza. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Reso invito al Governo Italiano ad intervenire a Schotel, e patrocinare la nuova Colonia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Il Bonichi a fine di ottenere meglio a tali Negoziazioni nel ottobre si portò a Massauah, e vi si trattenne fino al 20 marzo del successivo anno 1868. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

L’Agente della Società di Emigrazione Alemanna era certo sig. Francesco Hassen, il quale si era in Massauah accompagnato colla spedizione Zucchi, ed era venuto a Schotel per conoscerne ed esplorarne il territorio in sfogo della sua Missione, e ne aveva rimesso ai suoi committenti favorevole rapporto. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Il sig. Hassen era ritornato a Massauah in compagnia del Bonichi a fine di attender meglio alla corrispondenza colla Società d’Emigrazione Tedesca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Ma l’appello al R. Governo Italiano non era stato invano poichè spedì subito un suo Commissario nella persona del sig. Cav. Bertelli Capitano di Marina, e Comandante dell’Ettore Fieramosca coll’incarico di visitare il territorio di Schotel, verificare e riferire se [p. 19 modifica]era idoneo per la progettata colonia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Il sig. Bertelli di fatto nei primi di Marzo 1868 arrivò a Massauah e concertò col Bonichi il modo, con cui intendeva eseguire la sua Commissione e come portarsi tanto a Schotel che alla Foce del Leka, onde visitar pure nel Mar Rosso l’antico Porto di Bendol . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Dopo tali concerti il Bonichi ritornò a Schotel onde d’accordo con Stella mandarsi ad esecuzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Lo che non ebbe per luogo, perchè il sig. cav. Bertelli richiamato per affari d’urgenza a Firenze dal R. Governo improvvisamente era ripartito da Massauah lasciando per raccomandazione, che non fossero presi impegni pel territorio di Schotel con chichesia, prima del suo ritorno, che doveva accadere in breve, e prima che il R. Governo dietro la di lui relazione avesse potuto prendere una risoluzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

A causa di questa raccomandazione Bonichi e Stella sospesero le trattative colla Società Alemanna, e col Lifonti, e si rassegnarono a rimanere a Schotel in aspettativa del sig. Bertelli o di qualche altro Commissario italiano. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Così aspettando passò tutto l’anno 1868 . . . . . . . e poi tutto l’anno 1869. . . . . . . . ed il Bonichi nel mese di settembre dello stesso anno 1869 si trovò aver speso in mantenimento proprio, della famiglia Stella, e dei servi addetti alla Colonia tutto il suo denaro (cioè franchi 5780) e senza altra risorsa che i franchi 295,25 speditili al Consolato Italiano di Suez per disposizione Ministeriale in rimborso di altrettante spese per conto del Commissario sig. cav. Bertelli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
e la raccolta pendente della Dura, che s’era potuta sementare nel mese di luglio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Nonostante tal penuria di mezzi di sussistenza, si era persistenti a rimanere a Schotel sperando sempre nell’intervento italiano, ed in qualche soccorso alieno, ma le nostre speranze, ed i nostri propositi si trovarono ad un tratto sconcertati dagli improvvisi casi che ci sopraggiunsero. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Dovendo ora qui discorrere di questi casi bisogna premettere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Che Stella fino dal principio quando in Cairo trattavasi con Zucchi di stabilire la Colonia Italiana di Schotel, aveva avvertito che questa Colonia avrebbe incontrato a Massauah ed a Keren un [p. 20 modifica]avversario potente nel sig. Munzingher vice Console di Francia, già dichiaratosi, di vecchio amico, suo nemico personale acerrimo.

I fatti, che andiamo a narrare fanno conoscere che l’origine, e la causa di questa inimicizia fosse lo spirito di emulazione, la gara di influenza personale, o la gelosia, per motivi donneschi.

Fino da quando Stella qual Prete Lazzerista era alla Direzione della Missione di Keren aveva incontrato Munzingher svizzero venuto fra i Bogos, come commesso di commercio di una casa che faceva negozi fra Massauah, Cassela, Cartu, Scakino. Perduto dopo poco l’impiego si fermò a Keren e quivi divenne familiare di Stella, e per molto tempo ricevè da questi ospitalità, protezione ed assistenza e soccorsi di ogni genere. Dipoi divenuto Vice Console di Francia a Massauah scordò tosto i benefizi ricevuti, e credendosi offeso dalla gran considerazione e stima goduta da Stella presso gli Abissini, ed in specie presso i Bogos e le tribù limitrofe, per i grandi servizii che ne avevano ricevuto e continuamente ne ricevevano ne divenne invidioso, e cominciò a mettere in opera ogni mezzo per emularlo e sostituirlo nella supremazia già divenuta manifesta e popolare. A ciò si aggiunga la preferenza che a Stella davano specialmente le donne, di cui l’altro voleva cattivarsi esclusivi i favori. Ed in parte è riuscito nei suoi intenti perchè condotta in moglie una figlia dei Bogos già protetta di Stella, e stabilita una sua casa a Keren quivi venne a formarsi un partito proprio apertamente avverso all’altro di Stella: ne gli rimase altro da fare per soppiantarlo del tutto, che cercare di allontanarlo dall’Abissinia, e costringerlo a ritornare in Europa.

Così dovè essere esultante quando Stella caduto in disgrazia dei suoi superiori (ed a cui forse esso non era estraneo) dovè abbandonare la Missione e prendere la risoluzione di portarsi in Egitto e Italia a fine di raccogliere persone e denari, onde fondare la Colonia di Schotel d’accordo al principe Aylu, che gliene aveva promessa a tal effetto la concessione. E qui non deve far meraviglia se Munzingher di ciò informato, non volesse impedire la riuscita dei progetti del suo Emulo, e si mostrasse e sia stato avversario della nostra Colonia, la quale una volta fondata, e stabilitasi permanentemente, avrebbe deluso tutte le sue vedute e speranze. Ed in fatto i sintomi di questa avversione si fecero presentire alla spedizione Zucchi prima della sua partenza dal Cairo come lo dimostra il Decreto del Console Italiano del 27 aprile 1867 (vedi doc. n. 2) il quale era così redatto secondo le vedute del V. Munzingher [p. 21 modifica]coll’evidente scopo d’impedire ed imbarazzare la spedizione med. che si moveva per raggiungere Stella a Schotel. Di questo Decreto il meno che si possa dire s’è — che rapportato alla scrittura che lo precede non contiene che un ammasso di assurde stupidità.

Inoltre appena giunta a Keren la spedizione medesima fu avvisata, che nel viaggio di Massauah aveva scampato da un grave pericolo, perchè il sig. Munzingher, aveva tentato diversi capi di Tribù, pel cui territorio era passata, onde l’assalissero per via, ed impedissero che venisse a congiungersi colla spedizione Stella. Questo avviso fu ricevuto con molta diffidenza, e fu creduto una esagerazione degli amici troppo zelanti di Stella, ma è probabile che vi fosse del vero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
La morte di Zucchi, e la dispersione della sua compagnia ravvivarono le speranze di Munzingher, persuaso che in breve anche Stella e Bonichi diventando esausti di mezzi avrebbero abbandonato il Paese, e seguito l’esempio dei loro compagni, ed in questo convincimento gli lasciò in pace anche forzato dalle occupazioni che gli dava la spedizione militare inglese in Abissinia e finchè durò questa spedizione.

Ma dopo che di nuovo libero, e potè far ritorno a Keren ricominciò le sue manovre. E siccome dovè essere informato delle nostre pratiche col sig. Hassen, con Lisonti e col R. Governo Italiano, si mise sull’avviso di paralizzarle, impedirne la riuscita come meglio avrebbe saputo e potuto. E prima di tutto fattosi familiare e confidente il sig. Hassen, lo accertò che per l’Emigrazione Alemanna esso gli avrebbe procurato dal nuovo Governatore della Masena la concessione di Schotel appena abbandonato da noi, senza aver bisogno del nostro accordo ed anzi coll’esclusione d’ogni elemento italiano, cosa tanto vagheggiata e voluta tanto dallo stesso sig. Hassen, che dai suoi committenti tedeschi. Dal che ne avvenne la rottura d’ogni ulteriore trattativa.

È poi un fatto innegabile, che dopo la spedizione inglese, e la caduta dell’Imperator Teodoro il prestigio e l’importanza di Munzingher presso gli abissini del Tigre, erano divenuti di grande importanza specialmente agli occhi del nuovo Re Cassà e dei suoi funzionari. Gli avevano dato credito la posizione occupata nell’armata inglese e l’incarico che di poi aveva avuto di vendere e i cammelli, e i muli, ed i buoi colle altre provisioni avanzate, che essendo in gran quantità e di molto valore ed avendole in gran parte seco condotte a Keren e di poi vendute con incasso grande [p. 22 modifica]di moneta, avevano fatto credere che il tutto gli fosse stato donato e così fosse divenuto ricco e potente anche di Beni, non che di influenza. Ed allora sarebbe stato contento e felice senza l’ombra di Stella, che oscurava colla sua presenza a Schotel la sua figura, e per tranquillità dei suoi sonni, e per la realizzazione del sogno della supremazia esclusiva sopra i Bogos, gli importava sempre farlo sparire. È per questo che ogni aura di vento spirante verso Schotel gli urtava i nervi e fu raccontato e doveva esser vero, perchè confermato da quanti Europei sono venuti a Keren con intenzione di visitarci che Munzingher gli spaventava col dipingere il nostro territorio, come una località pestifera e compromettente la salute individuale, anche in breve dimora, e che con questo argomento aveva impedita la visita del sig. Mocler ufficiale inglese dell’Armata spedizionaria, e dell’altro inglese che colla famiglia, servi e compagni fu trucidato e derubato a Bazen, i quali erano venuti fra i Bogos per cacciare Elefanti, bestie feroci ed altro grosso selvaggime nel territorio di Schotel e nei territori limitrofi dei Gambilassa presso Ghergher, e che invece per paura di ammorbarsi erano andati altrove.

Ed ora è da avvertirsi che Cassà appena che si credè un poco consolidato nel Trono del Tigre fece imprigionare il Principe Aglu governatore della Masena ed amico di Stella, e gli sostituì un antico Emulo nella persona di Ualde Michele, e Munzingher di poi s’è vantato, e tuttora si vanta di essere stato esso l’autore, ed il consigliere di sì odiosa misura. Nè contento ancora di questo cambiamento, perchè il nuovo governatore aveva scritto lettere amichevoli a Stella come vecchia conoscenza e lo aveva invitato a fargli visita, lo aveva ricevuto e tenuto seco per diversi giorni e lo aveva assicurato della sua benevolenza e della sua protezione per Schotel e per tutti gli Europei che seco ci si fossero stabiliti, e così temendo, che durando queste favorevoli disposizioni la temuta colonia potesse un giorno costituirsi e fondarsi, si mise tosto in faccenda, e cominciò con doni, e con esibizioni di favore a guadagnarsi la stima, l’amicizia e la confidenza di Walde Michele, e così condurlo a secondare le sue vedute. E quando nel settembre scorso gli caddero in mano due lettere venute a Massauah per Schotel, riscosse alla posta per nostra commissione dal V. Carlo Benetti e spedite a Keren per mezzo del sig. Hassen, avendole aperte e sentito dalle medesime che in Egitto stava organizzandosi una nuova spedizione di italiani per venire a raggiungerci, le in[p. 23 modifica]tercettò assolutamente, e tosto senza perder tempo si portò con vari doni, di persona a Guda Falassi residenza di Walda Michele, ed ottenne la promessa dell’arresto e dello sfratto di Stella dalla Masena nell’intendimento di così costringerlo a ritornare per sempre in Italia. In seguito di tal maneggio Stella fu chiamato a Guda Falassi, ove si portò tosto confidente e senza sospetto ed ove sotto il pretesto di aver accordato nel territorio di Schotel asilo ad alcuni ribelli alla sua autorità, Walda Michele gli intimò lo sfratto dalla Masena, e gli significò che a garanzia della di lui esecuzione lo costituiva in stato di arresto, e lo avrebbe ritenuto in prigione qualora non gli avesse dato un garante fiduciario il quale rispondesse della di lui ubbidienza. Così procedendo Munzingher era sicuro, che non potendo trovarsi così all’improvviso persona che potesse e volesse assumere tanto impegno, Stella sarebbe immediatamente arrestato, posto in catene e condotto a Massauah, ove a sua cura doveva esser imbarcato e condotto a Suez con ingiunzione sotto gravi minaccia di non riporre più piede nel territorio Abissino. Ma questa combinazione non ebbe effetto, perchè contro ogni previsione si diede il caso che nel momento in cui Walda Michele comunicava le sue disposizioni a Stella, si trovava presente il prete abissinio Abutmeto, il quale sebbene poco amico del condannato, ed anzi amicissimo, confidente e familiare fino allora di Munzingher, commosso dalla disgrazia, e per alleviarlo in parte si offrì e fu accettato garante, come chiedevasi, e così Stella potè partire libero e ritornare a Schotel. Intanto mentre gli amici di Stella saputa la cosa si commovevano, ed i più affezionati, e zelanti prorompevano, ed esternavano propositi di vendetta contro Munzingher, questi a Keren per la tema che la vittima sfuggisse alla sua persecuzione si era fortemente risentito verso Habutmeto ed accecato dall’ira sotto ogni riguardo si portò immediatamente presso Walda Michele con nuovi doni, ivi una grande e ricca tenda da campagna, valutata più di 300 talleri, del fucili di perfezione con munizioni, ed altri articoli a fine di riparare al fallo del rilascio libero del nemico, ed ai doni, conoscendo l’avidità e la cupidigia degli abissini, aggiungendovi la promessa di servigi, altri doni e dicesi fino quello di tutta la sua eredità, ottenne l’impegno che se Stella non fosse partito, e rimanesse a Schotel oltre il tempo assegnatogli sarebbe stato spedito ad impossessarne e un corpo di soldati coll’istruzione di devastare e di distruggere tutte le raccolte pendenti [p. 24 modifica]e saccheggiare, e bruciare le case e quanto esisteva nella sede della Colonia. Ed ora sicuro del fatto proprio, ma non saziato volle aggiungere la derisione all’insulto, scrivendo una lettera ipocrita di condoglianza a Stella, ed avvertendolo, e facendolo caritatevolmente dai suoi Emissari avvertire dei nuovi pericoli, che minacciavano non solo lui, quanto tutti coloro che si trovavano a Schotel, e vi avevano base e coltivazioni. Da ciò è facile immaginare quanto grande fosse l’allarme, e la trepidazione di tutti, e se aumentasse l’irritazione ed il risentimento dello stesso Stella, e dei suoi più baldi amici, e però che non deve aver fatto meraviglia a nessuno dei conoscitori di tutto l’intrigo, se pochi giorni dopo Ioannes, fratello della donna di Stella, ed uno dei più fidi e galanti, ed interessato direttamente con tutta la sua famiglia nella faccenda, accecato dall’ira ricorresse al disperato e malaugurato espediente di attentare alla vita di Munzingher come fece mediante un colpo di fucile caricato con una palla di calibro a sei o sette grossi veccioni, esplosoli contro mentre a cavallo in viaggio faceva ritorno a Massauah.

Questo attentato accadde il 27 Settembre 1869 e fu il principio degli avvenimenti tragici che ne susseguirono poichè dopo pochi giorni lo stesso Stella forse per uno stravaso di bile fu assalito da congestione sanguigna al cuore ed al cervello, per la quale rimasto per due giorni paralizzato con le membra inerti ed immote, dovè miseramente soccombere e sulla notte del 20 8bre morì del tutto.

Ed il Bonichi rimasto solo di Europei fu costretto a seguire gli indigeni a Ciaciò, due ore distante dalle abitazioni di Schotel, e fissarsi con essi in mezzo ai campi coltivati per assistere e difendere le raccolte fino alla maturazione. E qui vivendo stentatamente di sola dura e fagioli e senza alcun conforto nè pure di medicinale fu attaccato da un corso di febbre intermittenti, da cui ancora non si è potuto perfettamente ristabilire.

E Munzingher gravemente ferito rimase a Keren per oltre tre mesi, ma superato dopo l’estrazione dei proiettili il pericolo di soccombere non respirava che odio e vendetta. Cominciò col prendere in ostaggio il padre del suo feritore, che atterrato da due colpi di fucili fattili tirare contro, erasi fuggendo rifugiato nell’interno del Tigré. Quindi accusò avanti Cassà e fece arrestare ad imprigionare Abutmeto imputandolo di aver consigliato ed istigato Ioannes a fare il colpo. Di poi condusse seco a Massauah qual prigio[p. 25 modifica]niero l’ostaggio, e gli sequestrò le mandre delle sue vacche fra le quali trovavansi quelle di Stella e quattro bovi del Bonichi, significandoli che avrebbe tutto ritenuto finchè non avesse nelle mani gli autori delle sue ferite. Quindi a Massauah saputo che Ioannes s’era fatto arrestare e trovavasi imprigionato in Adis e che Abutmeto doveva esser riposto in libertà perchè nel processo fattoli i giudici di Cassà l’avevano riconosciuto innocente, nonostante che non fosse ancora perfettamente guarito volle andare di persona a portare una lettera responsiva dell’Imperatore Napoleone diretta allo stesso Cassà, ed approfittandosi della circostanza favorevole e minacciando il Regno nella sua qualità di Console francese del risentimento, e delle vendette imperiali potè ottenere che in catene gli fossero consegnati i due prigionieri Ioannes e Abutmeto ed avutili in suo potere gli fece trasferire a Massauah, ove il primo fu chiuso nelle prigioni del governo Egiziano, ed il secondo nella stessa casa di abitazione di Munzingher in una stanza sotterranea. E sembra collo scopo di farli morire stentamente di fame, come dicesi sia accaduto d’Abutmeto trovato giorni sono già cadavere in putrefazione e come in breve avverrà dell’altro ridotto agli estremi.

È vero che il Padre in ostaggio fu liberato, ma è vero pure che Munzingher si è ritenuto le vacche di Stella e le ha fatte sue. È vero che ha restituito i bovi al Bonichi, ma è vero pure che colle vacche di Stella gli ha sottratto il mezzo unico che questi aveva per trovar pagamento di Talleri ottantuno in restituzione di altrettanti prestati e dovutili in conto particolare.

Ed è vero ancora che ha fatto esiliare da Keren non solo tutta la famiglia della Donna di Stella, ma anche diverse altre persone da esso sospettate pericolose come troppo amiche di Stella.

Il Bonichi poi in tutta questa catastrofe oltre la lunga malattia ha perduto i detti 81 tallero, è stato derubato d’un cassone di libri, e di molti articoli ed oggetti lasciati perdurante la sua dimora a Ciaciò nella casa di Pietre a Schotel. Casa che di poi fu trovata scassata colla porta atterrata, e nell’interno devastato e completamente saccheggiato dai ladri.

E come pericolo di perdere quanto ha speso per conservare Schotel se è costretto a partirsi dal Paese senza che i nuovi coloni italiani siano venuti a raggiungerlo, e senza ricevere alcun soccorso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . E Munzingher . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . trionfa . . . . . . . . . . per adesso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . [p. 26 modifica]

Ed ora non aggiungo parola perchè credo che dietro anche le informazioni da Loro signori attinte da altre fonti di me più pratiche e più cognite delle persone e delle cose di Keren, di Schotel e dei Bogos, basti quanto ho trascritto di sopra, e perchè dovendo entrare in più minuti ragguagli, non avrei tempo oggi che è la vigilia della partenza del sig. prof. Beccari, nè potrei farlo.

Mi credano frattanto con tutto il rispetto.

Di loro Ill.mi Signori
Keren, li 25 Agosto 1870

Devotissimo

D. Ferdinando Bonichi

Note

  1. Millosevich: Discorso per l’inaugurazione del monumento a Bottego.
  2. Errera: L’epoca delle grandi scoperte geografiche.
  3. Sapeto: Viaggio e missione tra i Mensâ, i Bogos e gli Habab.
  4. Sapeto: op. cit. pag. 163 e seguente.
  5. Sapeto: Op. cit. pag. 183.
  6. Issel: Viaggio nel mar Rosso, e tra i Bogos, pag. 112, 142, 143.
  7. Issel: Opera citata.
  8. Halype: l’Etiopie et les provocations allemandes.
  9. Abbiamo conservata nella stampa del manoscritto la stessa ortografia usata dal Bonichi.