La Buffa/III. Istantanee della Buffa/Il soldato Pellegrini
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IL SOLDATO PELLEGRINI
Di 130 partiti
eravamo restati in 10
ad offensiva finita,
sulla quota 208.
Io me ne stavo triste,
pensando ai compagni perduti,
aggrappato ai miei pochi soldati,
pidocchioso quanto loro.
Sopra la testa un telo,
per grondaia una gavetta,
perchè l'acqua piovana
non ci allagasse la buca.
Il soldato Pellegrini
teneva la testa china
sulle mie ginocchia;
c'era il soldato Maffei
e il prode Beccalà.
Il soldato lombardo Minoia
stava di vedetta,
e nella buca il fango
ci bagnava fino alle ossa.
Nessuno levava la testa,
nessuno pensava alla vita,
gli austriaci sparavano,
nervosi per la nebbia.
Ad un tratto levò il capo
il soldato Pellegrini
e trasse dalla tasca
una fotografia.
Era la sua ragazza
un bel pezzo di bruna,
e lui, quasi piangendo,
baciava quel pezzo di carta.
Mi scossi, lo guardai
e gli dissi: «Patatone,
perché sei così zambrusco?»
Il soldato Pellegrini
mi guardò con gli occhi chiari
e mi disse col suo accento,
dolcemente veronese:
«Con tanto ben che ghe vogio,
con tanto, signor tenente,
e anca ela a mi,
che la pianze tutti i dì,
voleria pagar un ocio,
uno de' sti do oci,
de pianzerla mi de là,
se ela la fussi quà!»