L'immagine della bioetica nei giovani
Questo testo è incompleto. |
.
1. Un’analisi aggiornata e complessa della problematiche giovanili
Utili indicazioni per la soluzione della questione dell’insegnamento della bioetica a scuola emergono dalla quinta indagine IARD sulla condizione giovanile in Italia , che merita particolare attenzione per capire le valutazioni che i giovani esprimono su alcune delle principali problematiche bioetiche che attualmente sono oggetto di forti controversie nel dibattito culturale e nella politica legislativa (come nel caso del difficile iter della legge sulla procreazione artificiale). Infatti, l’indagine offre uno spaccato di grande interesse per l’analisi dei mutamenti nelle nuove generazioni in relazione al futuro della salute umana a partire dalle conquiste della biomedicina e, più in generale, dalla rivoluzione dell’ingegneria genetica. I dati della ricerca sociologica (in cui forse per la prima volta si prendono in esame anche le tematiche bioetiche ), contribuiscono a problematizzare e ridefinire alcune questioni generali che riguardano la condizione giovanile oggi, vista in rapporto con la società nel suo complesso, e con ciò rilevare gli orientamenti culturali e le trasformazioni comportamentali e valoriali delle nuove generazioni. Le posizioni emerse a proposito dei temi bioetici, quindi, rientrano nella ricerca sull’identità giovanile rivolta a sottolineare gli stili di vita, le motivazioni culturali e la scala dei valori che scandiscono la transizione all’età adulta. La quale investe direttamente anche la scuola in quanto la condizione giovanile coincide sempre più con la condizione studentesca. In questo senso, la maggioranza dei giovani intervistati è costituita da studenti della secondaria superiore, distinti in adolescenti o “teenagers” (15-17 anni) e ventenni (18-20 anni), che rappresentano le principali fasce in cui viene divisa l’età giovanile, che comprende anche i giovani-adulti (25-29 anni) e gli adulti-giovani (30-34 anni). La divisione del mondo giovanile in sotto-età risponde all'assunzione della categoria analitica della “giovinezza lunga”, nel senso che l’allungamento dell’età giovanile corrisponde ad una delle modificazioni più importanti della nostra società, che evidenziano “una elevata differenziazione e segmentazione dell’universo giovanile in classi di età molto caratterizzate, sempre più ‘diverse’ sul terreno degli interessi, dei gusti, delle scelte (…) anche se omogeneizzate da alcuni orientamenti e valori trasversali, che sono poi interpretati e ‘situati’ a livello di singola generazione (…). Le differenze tra i giovani di 18-20 anni e quelli di 25-29 sono altrettanto significative delle loro analogie (…). Di conseguenza, il concetto stesso di ‘condizione giovanile’ diventa troppo generico ed indifferenziato per cogliere le diversità generazionali (che si fanno più marcate anche dentro la ‘giovinezza lunga’), ma anche troppo definito e caratterizzato visto il continuo ampliamento euristico per includere nuove classi di età, nuove fasi del ciclo di vita” .
Sul piano metodologico la ricerca si basa su un campione nazionale di 3.000 giovani, distinti per sesso (maschie e femmine), per età (dai 15 ai 34 anni) e per aree territoriali (Nord, Centro e Sud). Ad essi, nell’anno 2000, è stato somministrato un questionario strutturato e composto da molteplici indicatori, tra cui quelli che rilevano l’orientamento in campo bioetico: la religiosità, la salute, la scienza e le nuove tecnologie.
a) I giovani tra religione e salute.
Il rapporto fornisce alcune informazioni sull’orientamento valoriale dei giovani, distinti in cattolici e laici, di fronte a diversi temi etici che sottolineano lo stretto legame e l’intensità della relazione tra gli atteggiamenti verso la religione e gli orientamenti culturali. In particolare, dal quadro sintetico della religiosità giovanile, che traccia le appartenenze e le credenze, si evince che i giovani italiani mostrano di essere in grado di operare una scelta in materia di aborto, di eutanasia, di trapianto di organi e di procreazione artificiale. Infatti, distinguendo tra giovani religiosi cattolici e giovani non religiosi, per essi sono ammissibili queste scelte: abortire per il 32,5% dei cattolici e il 74,2% dei laici; autorizzare la morte di un parente, gravemente ammalato e senza speranze di guarigione, per il 35,4% dei cattolici e il 69,0% dei laici; autorizzare l’utilizzo degli organi di un parente deceduto per trapianti per l’84,7% dei cattolici e il 90,3% dei laici; utilizzare tecniche artificiali per avere figli per il 66,7% dei cattolici e l’84,0% dei laici . Colpisce tra l’altro il fatto che la maggioranza dei giovani cattolici dia un giudizio positivo sul trapianto di organi (e persino sul divorzio), mentre solo una minoranza, anche se piuttosto consistente, valuti positivamente il ricorso all’aborto. In sintesi, nell’ottica della cultura bioetica risulta che “essere cattolici piuttosto che essere religiosi conta molto nel giudizio di ammissibilità dell’aborto e dell’eutanasia, meno nel giudizio di ammissibilità dell’inseminazione artificiale, e non conta affatto nel caso dell’autorizzazione dell’espianto” .
Si chiariscono così gli atteggiamenti dei giovani anche nei confronti della salute. I dati di maggiore importanza riguardano le questioni della libertà di cura e del rapporto tra medico e paziente. Il problema della cura libera riguarda soprattutto la legittimità delle scelte terapeutiche alternative alla medicina convenzionale e, perciò, rientra nella questione più generale della qualità del rapporto medico-paziente. In questo senso, “diventa quanto mai significativo il fatto che oltre la metà dei giovani intervistati sia propensa a sostenere che ‘le capacità del medico di creare un clima di fiducia basato sul dialogo con il paziente è più importante delle sue competenze tecniche’. L’indicazione va infatti interpretata nel senso di una inequivocabile richiesta di riequilibrio del rapporto medico-paziente a favore della dimensione comunicativa e relazionale a scapito di quella puramente tecnica, senza per questo disconoscere la cruciale rilevanza di quest’ultima. Che non si tratti di una superficiale attribuzione di maggiore importanza alla dimensione relazionale in alternativa alla competenza tecnica lo dimostra, del resto, il fatto che non esiste un nesso diretto fra atteggiamenti favorevoli alla libertà di cura e maggiore importanza attribuita alla capacità del medico di instaurare un clima di fiducia con i pazienti. Ciò che non deve accadere, secondo il parere dei giovani, è che la padronanza delle conoscenze e degli strumenti terapeutici finisca per oscurare il versante comunicativo del rapporto terapeutico” . In altre parole, il giudizio critico riguarda non tanto la competenza tecnica quanto la relazione del medico con il paziente. Ciò significa che la qualità del medico non è data solo dall’aspetto scientifico-farmacologico, ma anche e soprattutto da quello etico-antropologico, che lo trasforma nel medico della persona .
Se risulta ammissibile e accettata dalla grande maggioranza del campione (86%), la pratica della donazione di organi (sancita anche in Italia da una legge recente), più controverso appare l’atteggiamento giovanile nei confronti dell’eutanasia e della riproduzione medicalmente assistita. In entrambi i casi i giovani sono sostanzialmente divisi a metà e piuttosto cauti relativamente alla possibilità di farvi ricorso. Dunque, sia sulla procreazione artificiale che sulla “dolce morte” troviamo una posizione di sostanziale equilibrio tra i favorevoli e i contrari. In particolare si può notare che in ambito riproduttivo i giovani risultano più favorevoli alla riproduzione assistita piuttosto che alla pratica dell’aborto, entro un quadro complessivo di forte opposizione.
Legato al tema della salute è anche il consumo di droga e, soprattutto, la possibilità di vivere in situazioni di contiguità con gli stupefacenti, che spiega la crescente propensione di giovani e giovanissimi ad esporsi ai fattori di rischio, “soprattutto tra coloro che non hanno ancora chiaro il loro potenziale, che si sentono intrappolati in una quotidianità insoddisfacente, avendo in mente spazi di libertà non sempre compatibili con la realtà vissuta ogni giorno. I giovani con livelli di contiguità più elevati paiono dunque essere i più fragili dal punto di vista psicologico e progettuale, ragazzi che faticano a trovare qualcosa attorno a cui organizzare la propria identità e il proprio senso. L’utilizzo di sostanze stupefacenti (…) sembra dunque essere sospeso tra un desiderio di presenza nel mondo (…) e un desiderio di fuga da una realtà molto più triste e meno avventurosa di quella promessa. In questo contesto la contiguità agli stupefacenti da parte dei giovani intervistati si configura più come un fenomeno di consumo che come espressione di devianza e, non a caso, anche l’atteggiamento dei confronti della legalizzazione delle droghe leggere sta lentamente muovendosi verso una maggiore tolleranza, per quanto la metà dei giovanissimi intervistati rispecchi ancora una posizione proibizionista” .
b) Giovani e scienza.
Un altro indicatore che veicola contenuti bioetici è quello relativo all’immagine della scienza e delle nuove tecnologie, che dai giovani è acqusita prevalentemente dai mass-media: dai programmi televisivi in primo luogo (soprattutto gli adolescenti) e secondariamente dagli articoli della stampa quotidiana (in particolare i giovani appartenenti alle fasce di età centrale e adulta). L’indagine sociologica mostra che “il pubblico giovanile italiano appare (…) caratterizzato da una notevole fiducia negli scienziati, una fiducia che appare pervasiva e trasversale rispetto alle varie categorie e caratteristiche della popolazione giovanile. Tuttavia, tale fiducia nei ricercatori non esclude l’immagine della scienza ambivalente, capace di migliorare la vita della gente comune ma anche portatrice di rischi e alla quale è necessario porre dei limiti, soprattutto nel campo delle sperimentazioni che coinvolgono esseri viventi” .
Dunque, si ha la consapevolezza del valore pubblico della scienza, che suscita consensi se si resta sul piano astratto e ideale, ma desta perplessità non appena si scende sul terreno delle applicazioni pratiche, con la conseguente condanna soprattutto della sperimentazione umana e animale, nell’ambito di un più generale scetticismo sulle prospettive aperte dalle biotecnologie e dall’ingegneria genetica (“mucca pazza”, pecora Dolly, ecc.) che, per circa la metà degli intervistati, non garantiscono il miglioramento della qualità della vita e dell’ambiente. Nel complesso, comunque, viene riconosciuta la funzione importante svolta dalla ricerca scientifica per quanto riguarda la medicina e la sua capacità di promuovere la salute e la cura, che però non esclude i rischi difficili da controllare (legati soprattutto alla clonazione e, più in generale, alla manipolazione del vivente) in quanto, nell’immaginario giovanile, possono portare più svantaggi che vantaggi alla salute umana.
2. Giovani e futuro: tendenze e prospettive
In sintesi, la lettura delle posizioni emerse a proposito delle questioni bioetiche prese in esame dalla ricerca sociologica consente di sottolineare alcune tendenze relative all’orientamento culturale dei giovani, il quale rimanda al processo di “individualizzazione” come costitutivo dell’attuale fase di sviluppo sociale che impone una condizione di “rischio” e di “incertezza” , che costituisce la sfida tipica della responsabilizzazione personale come portato del passaggio di civiltà che investe soprattutto il futuro della condizione giovanile. Queste alcune prospettive che è utile sottolineare nell’ottica della formazione bioetica:
a) la marcata differenziazione dei giovani sui temi dell’eutanasia e dell’aborto, rispetto ai quali essi assumono posizioni contrastanti in quanto “si tratta di dilemmi che hanno a che fare con l’inizio e con la fine della vita e, dunque, con il problema dei confini dell’identità personale” ;
b) la funzione cruciale riconosciuta al rapporto medico-paziente, connessa alla tendenza pessimistica relativa alla capacità di conservare la salute e di sconfiggere la malattia e la sofferenza, pur nel quadro di una valutazione fortemente positiva della scienza, a cui si accompagna il disincanto di fronte alle eccessive pretese della medicina scientifica, soprattutto di fronte ai rischi derivanti dai processi tecnologici non controllabili;
c) la ridefinizione degli orientamenti di valore, che “riguardano la qualità dei rapporti interpersonali, lo star bene con gli altri, la sfera dell’intimità, lontani da ogni visione escatologica, da ogni idea di emancipazione collettiva, così come da ogni prospettiva che guarda, e lotta, per il futuro, distante dal qui ed ora della propria concreta esistenza” ;
d) il senso di incertezza di fronte al futuro derivante dal venir meno di riferimenti generali e assoluti socialmente condivisi. Ma la dimensione dell’incertezza oggi, nella “società del rischio”, non definisce solo la condizione giovanile: essa è il connotato di fondo anche della generazione adulta ed investe il “cittadino globale” e, perciò, esige un’attenta riflessione sul futuro della vita collettiva. In questo senso “si potrebbe avanzare l’ipotesi – azzardata ma suggestiva – che l’età giovanile sia destinata a diventare sempre più l’unica fase del tempo sociale in cui si riproduce ma anche si rinnova la cultura collettiva, destinata poi a cristallizzarsi e a stabilizzarsi nell’età adulta, fino alla terza e magari alla quarta età. Detto in altri termini, bisognerebbe forse guardare alle pratiche culturali delle giovani generazioni (…) più come processo di riproduzione (e, se possibile, di innovazione) della cultura collettiva della società di domani, di cui queste generazioni – soprattutto dal punto di vista culturale – saranno poi inevitabili protagoniste”.
Questa chiave di lettura autorizza a sostenere che gli orientamenti dei giovani relativi alla salute e alla vita costituiscono un’innovazione, cioè un mutamento culturale ed etico sostanziale, nel senso che essi “stanno ponendo le basi per un cambiamento in alcuni ambiti dell’etica sociale” , centrato sul criterio della libertà individuale. Come abbiamo visto, In alcuni campi tematici (come il trapianto di organi e l’inseminazione artificiale) il cambiamento è molto avanzato, in altri (ad esempio, l’aborto e l’eutanasia) la trasformazione è ancora lenta e incerta: “qui i giovani sono spaccati fra loro, non si è delineata ancora una maggioranza netta di posizioni. Si tratta di temi aperti, più sofferti, di temi spesso eticamente forti (…).
La divisione passa fra coloro che anche qui mettono al centro la libertà individuale e coloro che sono più legati a valori tradizionali della società” . In questo senso, la trasformazione dell’etica giovanile costituisce un segno visibile o una spinta al cambiamento della società complessa, che forse essi non percepiscono neppure, ma che contribuiscono oggettivamente a realizzare pur tra non poche contraddizioni e limiti.
Perciò, la trasformazione dell’etica della generazione attuale chiama in causa la responsabilità della scuola e la sua capacità di proporre l’innovazione culturale necessaria ad affrontare i complessi problemi della “seconda modernità”. Non ultimi i dilemmi bioetici, che mettono in discussione il sistema dei valori di fronte alle trasformazioni scientifiche di portata epocale. All’interno di questa cornice va collocato il progetto di introduzione e potenziamento della cultura bioetica nella scuola.