L'autobiografia, il carteggio e le poesie varie/II. Carteggio/LV. A Tommaso Russo

II. Carteggio - LV. A Tommaso Russo

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patria, della nazione e della religione sua propria; e l’ultimo e piú rilevante di tutti, ch’essi non sieguano per l’avvenire a credere di questa pietosissima cittá che voglia dissimulare un cotanto scellerato cittadino, che quindi ha attentato di aprire con essi un commerzio pubblico di eresia.

Questo è quello di che doveva io ragguagliarla. Del rimanente le parlerá essa scrittura, la quale, affidato nella di lei alta generositá, avviso che la leggerá con buon occhio, come sempre ha soluto tutte le altre deboli opere del mio afflittissimo ingegno.

E, facendola umilissima riverenza, mi confesso, eco.

Napoli, 4 dicembre 1729.

LIV

AL MEDESIMO

Manda il rifacimento delle iscrizioni latine composte dal Giacco pei ritratti degli illustri cappuccini nel convento di Arienzo.

Per accertare Vostra Paternitá reverendissima quanto mi sia dilettato de’ vostri elogi, ho voluto seco gareggiare in qualche formola, perché i disegni sono si belli che non si possono migliorare. Sará sua gentilezza se vorrá di alcuna di quelle varietá servirsi, e mia sará la gloria di avervi solamente ubbidito. E con tutto l’ossequio resto, rassegnandomi, ecc.

[senza data]

LV

A TOMMASO RUSSO Elogia l’opera del Russo: Dell’animo umano.

Ho letto con sommo mio piacere, perché con altrettanto profitto, la vostra maravigliosa deputazione Dell’animo umano, nella quale vigorosamente sciogliete gli argomenti di Tito Lucrezio Caro contro la di lui immortalitá. Dappertutto vi ho ammirato la bella luce, il vivido splendore e la grande feracitá [p. 227 modifica]

della vostra sublimissima mente, e, per dirla in un motto, vi ho scorto il vero metafisico; ché quanto dite, quanto sponete, quanto ragionate, tutto il traete fuori dalla vostra altissima idea, e, senza dirlo con parole, dimostrate di fatto la debolezza di Renato delle Carte, ch’n sei brievi Meditazioni metafisiche, per ispiegarsi, v’adopera cento simiglianze e comparazioni prese da cose al di fuori di essa mente, quando è propietá della mente da sé di prendere le comparazioni e le simiglianze, quando non può altrimenti spiegare le cose delle quali non sa la propia natura; convincete a tutta pruova la corpulenza del padre Malebrance, che apertamente professa non potere spiegarsi le cose della mente che per rapporti che si prendon da’ corpi. Perché voi con una maniera veramente divina e, ’n conseguenza, propia di questa scienza, al lume delle cose dello spirito rischiarate quelle del corpo, e dallo splendor dell’idea illustrate l’oscurezza della materia. Che debbo io dire della vostra generositá con cui combattete Epicuro, di cui non solo non dissimulate o almeno infievolite gli argomenti, ma gl’invigorite ed esaltate con nuove vostre interpretazioni, che gli epicurei tutti non seppero intendere; e con animo pugnace cosi gli andate ad incontrare, perché indi si scorga il vigore col quale l’incontrate, il combattete, il mandate a terra? Che, poi, di quel torrente d’eloquenza divina, con cui vi avete fatto una spezie di favellare tutta vostra propia, perché propia di cotal scienza? della grandezza e sublimitá de’ trasporti, che usate tutti opposti, quali debbon essere, a quelli dell’eloquenza umana, perché questa debbe fare dello spirito corpo e voi in un certo modo fate del corpo spirito?

Voi siete degno, signor don Tommaso, non giá di Montefuscoli, ma della piú famosa universitá dell’Europa; ma, poiché la vostra modestia, eguale alla vostra gran dottrina e virtú, vi fa contento di Montefuscoli, almeno giovate il mondo di cotesta sapientissima scrittura; la quale l’assicuro che recherá gloria, non che a Napoli, all’ Italia tutta, con merito grandissimo della pietá, che si rifonda in utilitá di tutte le repubbliche e particolarmente cristiane.

[Napoli], 7 dicembre 1729.