L'amor coniugale e le poesie d'argomento affine/De amore coniugali/Libro I/III
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Traduzione dal latino di Adriano Gimorri
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III
CARME NUZIALE1
Ad Espero
(31 gennaio 1462)
Sorgi, o del cielo amore, desio degli sposi giocondi,
sul talamo diffondi, Espero, il tuo splendore.
Venere accogli l’invito e i passeri aggioga volanti,
porta le faci avanti fulgide al sacro rito;4
e poi che gl’imenei congiungere suoli invocata,
guida la sposa amata ai desiderî miei.
Fa’ ch’essa piú non tema, gli scrupoli volgi in piacere,
insegnale a godere la voluttà suprema.8
Fede e Concordia sorelle dell’inclite Grazie e d’Amore,
caste dei sogni all’ore splendan virginee stelle.
L’ora felice il tardo suo passo qui fermi ed il santo
Genio del crine il vanto sparga di molle nardo.12
Espero sorge: viva la luce di tede s’effonde:
e un sol grido risponde: “Evviva Imene, evviva!”
Ecco lo stesso Imene, spargendo il giacinto e la rosa,
presso sí bella sposa lieto al suo ufficio viene.16
Viene e le faci avviva. Su, tutti acclamate ad Imene:
dite tre volte assieme: “Evviva Imene, evviva!”
Dalla sua bocca spira profumo d’arabo aroma,
madida è la sua chioma della fragranza assira.20
Venner dai mari eritrei per l’onde, per gli arsi deserti,
a’ suoi fragranti serti i balsami sabei.
Ecco egli guida i cori col piede seguendo le note,
fra vorticose ruote d’agili danzatori.24
⁂
Tutti acclamate alla diva sembianza del dio che ci onora,
dite tre volte ancora: “Evviva Imene, evviva!”
⁂
Giunge una ninfa: il dio la guida e le idalie sorelle:
la guidano le belle nove castalie dive.28
Tutta la casa segreta già sembran conoscere e amare:
rivedono le care stanze del lor poeta.
Muove la schiera divina segnando la trama dell’orme:
plaude la turba enorme, plaude la scossa lira.32
⁂
Oh! nel fervor delle danze tra i suoni osannanti alla diva
“Evviva Imene, evviva!” echeggino le stanze.
⁂
Ecco la sposa novella: cessate dai suoni e dai canti,
al limitar davanti esita ancor la bella.36
Ecco: i suoi passi già lenti sofferma: è rossa nel viso:
d’Erato il dolce riso mescesi ai cari accenti.
“Non esitare, o figlia, solleva il tuo piede; c’è un nido
per te: uno sposo fido: entra: è la tua famiglia.40
Casa felice avrai di santi penati ricetto:
in pace sul tuo letto candido dormirai.
Sposo tu avrai che l’oro di Creso o dell’Ermo le arene
vili al confronto tiene: sola gli sei tesoro.”44
⁂
Disse. Elegia frattanto s’appressa, è adorna nel crine,
bianca le membra e fine sotto purpureo manto.
“Piangi? le lacrime, o bella, offuscan degli occhi il fulgore,
felicità d’amore quivi godrai novella.48
T’attendon la dolce quïete, il lungo sereno diletto,
del soffice tuo letto le voluttà segrete.
E piangi ancor? Ti fisa con trepido sguardo il tuo sposo
e al pianto doloroso l’alma à da sé divisa.52
Pietà non senti?2 vieta quest’oggi di piangere Imene:
di delizie serene presso è la notte lieta.
Non differire ancora l’amplesso del caro marito
verso il felice rito muovi il tuo passo: è l’ora.56
Bene varcasti, o diva: la soglia dei quieti suoi lari
bene alla destra pari, la destra tua s’univa.
Andate, abbracciatevi stretti, cingetevi il collo beati,
premio i futuri nati sïano de’ vostri amplessi.360
. . . . . . . . . . . . . .
Stretti com’edera al ramo: le braccia alle membra avvinghiate
e le bocche baciate mormoreranno: t’amo!64
. . . . . . . . . . . . . .
Chiudete le porte: già il letto riceve i due giovani amanti,
occhi non vuol davanti il tenero diletto.68
Solo tu assisti, o Imene nuziale, alle lacrime, al riso,
al mormorio diviso, al combattuto bene.
Sposi, fin che alla terra il sole non torni, godete.
Desïata quïete, dopo sí lunga guerra!”72
Note
- ↑ Una versione di quest’elegia è stata pubblicata nel 1915 a Fabriano da Romualdo Sassi (nozze Malvaioli-Mancini). È in distici non rimati. Ad essa segue l’elegia decima che anch’io aveva già tradotto senza rime, e che lascio immutata, non contenendo la poesia tale elemento fantastico da esser suscettibile di una piú elegante e piú elaborata versione. Le due versioni del Sassi, assai accurate e fedeli, non dimostrano però sufficiente dimestichezza con simile forma poetica. Migliore è la versione dell’elegia decima. Perché si veda qual differenza passa tra una versione con rime e una senza rime, riporto i primi quattro versi della terza:
Espero, sorgi e il raggio gradito ai talami spandi,
invocato desio di giovinette e sposi;
scendi tu pure, Ericina, gli augelli canori aggiogati:
al dolce rito, e porta le rutilanti faci. - ↑ Nel testo manca qui il punto interrogativo, senza il quale la frase “Di lui pietà non ti muova” come traduce il Sassi, non ha senso, o lo à.... a rovescio.
- ↑ Si tralasciano due versi: piú sotto altri due.