Favole (La Fontaine)/Libro secondo/XIII - L'Astrologo che casca nel pozzo

Libro secondo

XIII - L'Astrologo che casca nel pozzo

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Jean de La Fontaine - Favole (1669)
Traduzione dal francese di Emilio De Marchi (XIX secolo)
Libro secondo

XIII - L'Astrologo che casca nel pozzo
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Un giorno un certo Astrologo andò a cascar nel fondo
d’un pozzo. - O bestia, - il popolo gli grida, - e se non vedi
dove tu metti i piedi
come vedrai le cose che stan fuori del mondo? -

Potrebbe quest’aneddoto servire di lezione,
senz’altra coda, a un numero stragrande di persone,
che dicono e fan credere in questo mondo incerto
di legger nel destino come in un libro aperto.
Cos’è questo Destino, che Omero e i grandi eroi
de’ vecchi tempi suoi
diceano il Caso, e noi diciamo Provvidenza?

Se Caso, è sopra il Caso ridicola la Scienza.
Se invece è Iddio, che regge negli astri e nella luna,
perché dunque si accusa il caso o la fortuna?
Chi può scrutar nell’intimo pensier di Lui, che crea
le cose e che le muove dietro un’ascosa Idea?
Avrebbe Iddio descritto nei chiari astri del cielo
ciò che l’abisso involve nel tenebroso velo?
Od ama Egli con questi cabalistici segni
esercitar gl’ingegni
di chi scrive trattati di pazza astrologia?
O ciò ch’è inevitabile non vuole più che sia?
Si scioglie anche del bene
l’incanto, se da lungi il cuore lo previene,
e offende Iddio chi crede ch’Ei voglia anche i conforti
mutar in pianto e in lutto col rovesciar le sorti.
Giran le stelle e il sole e gira il firmamento,
l’ombra succede al dì senz’altro intendimento
che di versar sul mondo soavi influssi, e fare
felici le stagioni, e i campi germogliare.
Necessità governa, e in ciel son sempre quelle,
per variar di casi, la luna, il sol, le stelle.
O grandi ciarlatani,
che preparate ai principi gli oroscopi lontani,
o cabalisti, o furbi nuovi e di tutti i tempi,
finitela una volta di canzonar gli scempi.

Ed ora che mi sento un po’ sfogato il gozzo,
ritorno a quell’astrologo che beve in fondo al pozzo:
l’immagine del quale, oltre ai saccenti pazzi,
figura certi tali che, stretti nei bisogni,
corrono dietro ai sogni,
invece di pensare a uscir dagli imbarazzi.