Quelli che si trovavano cacciati cominciorono a pensare infra loro varii modi di racquistare quella città che non si avevano saputo conservare. Messer Agnolo Acciaiuoli non di meno, trovandosi a Napoli, prima che pensasse di innovare cosa alcuna, volle tentare l’animo di Piero, per vedere se poteva sperare di riconciliarsi seco; e scrissegli una lettera in questa sentenza: - Io mi rido de’ giuochi della fortuna, e come a sua posta ella fa gli amici diventare nimici, e gli nimici amici. Tu ti puoi ricordare come, nello esilio di tuo padre, stimando più quella ingiuria che i pericoli miei, io ne perdei la patria, e fui per perderne la vita; né ho mai, mentre sono vivuto con Cosimo, mancato di onorare e favorire la casa vostra né dopo la sua morte ho avuto animo di offenderti. Vero è che la tua mala complessione, la tenera età de’ tuoi figliuoli in modo mi sbigottivono, che io giudicai che fusse da dare tal forma allo stato, che dopo la tua morte la patria nostra non rovinasse. Da questo sono nate le cose fatte, non contro a te, ma in benifizio della patria mia; il che, se pure è stato errore, merita e dalla mia buona mente e dalle opere mie passate essere cancellato. Né posso credere, avendo la casa tua trovato in me, tanto tempo, tanta fede, non trovare ora in te misericordia, e che tanti miei meriti da un solo fallo debbino essere destrutti. - Piero, ricevuta questa lettera, così gli rispose: - Il ridere tuo costì è cagione che io non pianga; perché, se tu ridessi a Firenze, io piangerei a Napoli. Io confesso che tu hai voluto bene a mio padre; e tu confesserai di averne da quello ricevuto; in modo che tanto più era l’obligo tuo che il nostro, quanto si debbono stimare più i fatti che le parole. Sendo tu stato adunque del tuo bene ricompensato, non ti debbi ora maravigliare se del male ne riporti giusti premii. Né ti scusa lo amore della patria; perché non sarà mai alcuno che creda questa città essere stata meno amata e accresciuta dai Medici che dagli Acciaiuoli. Vivi per tanto disonorato costì, poi che qui onorato vivere non hai saputo.