Istorie fiorentine/Libro secondo/Capitolo 3

Libro secondo

Capitolo 3

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Erano in Florenzia, intra le altre famiglie, potentissime Buondelmonti e Uberti; apresso a queste erano gli Amidei e i Donati. Era nella famiglia de’ Donati una donna vedova e ricca, la quale aveva una figliuola di bellissimo aspetto. Aveva costei infra sé disegnato a messer Buondelmonte, cavaliere giovane e della famiglia de’ Buondelmonti capo, maritarla. Questo suo disegno, o per negligenzia, o per credere potere essere sempre a tempo, non aveva ancora scoperto a persona; quando il caso fece che a messer Buondelmonte si maritò una fanciulla degli Amidei; di che quella donna fu malissimo contenta. E sperando di potere, con la bellezza della figliuola, prima che quelle nozze si celebrassero, perturbarle, vedendo messer Buondelmonte, che solo veniva verso la sua casa, scese da basso, e dietro si condusse la figliuola, e nel passare quello, se gli fece incontra, dicendo: - Io mi rallegro veramente assai dello avere voi preso moglie, ancora che io vi avesse serbata questa mia figliuola, - e sospinta la porta, gliene fece vedere. Il cavaliere, veduta la bellezza della fanciulla, la quale era rara, e considerato il sangue e la dote non essere inferiore a quella di colei ch’egli aveva tolta, si accese in tanto ardore di averla, che, non pensando alla fede data, né alla ingiuria che faceva a romperla, né ai mali che dalla rotta fede gliene potevano incontrare, disse: - Poi che voi me la avete serbata, io sarei uno ingrato, sendo ancora a tempo, a rifiutarla; - e senza mettere tempo in mezzo celebrò le nozze. Questa cosa, come fu intesa, riempié di sdegno la famiglia degli Amidei e quella degli Uberti, i quali erano loro per parentado congiunti; e convenuti insieme con molti altri loro parenti, conclusono che questa ingiuria non si poteva sanza vergogna tollerare, né con altra vendetta che con la morte di messer Buondelmonte vendicare. E benché alcuni discorressero i mali che da quella potessero seguire, il Mosca Lamberti disse che chi pensava assai cose non ne concludeva mai alcuna, dicendo quella trita e nota sentenza: «Cosa fatta capo ha». Dettono pertanto il carico di questo omicidio al Mosca, a Stiatta Uberti, a Lambertuccio Amidei e a Oderigo Fifanti. Costoro, la mattina della Pasqua di Resurressione, si rinchiusono nelle case degli Amidei, poste intra il Ponte Vecchio e Santo Stefano; e passando messer Buondelmonte il fiume sopra uno caval bianco, pensando che fusse così facil cosa sdimenticare una ingiuria come rinunziare ad uno parentado, fu da loro a piè del ponte, sotto una statua di Marte, assaltato e morto. Questo omicidio divise tutta la città, e una parte si accostò a’ Buondelmonti, l’altra agli Uberti; e perché queste famiglie erano forti di case e di torri e di uomini, combatterono molti anni insieme sanza cacciare l’una l’altra; e le inimicizie loro, ancora che le non finissero per pace, si componevano per triegue; e per questa via, secondo i nuovi accidenti, ora si quietavano e ora si accendevano.