Erano, in questi medesimi tempi, intra la Chiesa romana e la greca alcune differenze, tanto che nel divino culto non convenivano in ogni parte insieme; ed essendosi nell’ultimo concilio, fatto a Basilea, parlato assai, per i prelati della Chiesa occidentale, sopra questa materia, si deliberò che si usassi ogni diligenzia perché lo Imperadore e i prelati greci nel concilio a Basilea convenissero, per fare pruova se si potessino con la romana Chiesa accordare. E benché questa deliberazione fusse contro alla maiestà dello imperio greco, e alla superbia de’ suoi prelati il cedere al Romano Pontefice dispiacesse, non di meno, sendo oppressi dai Turchi, e giudicando per loro medesimi non potere defendersi, per potere con più securtà agli altri domandare aiuti, deliberorono cedere. E così lo Imperadore, insieme con il Patriarca e altri prelati e baroni greci, per essere, secondo la deliberazione del Concilio, a Basilea, vennono a Vinegia; ma, sbigottiti dalla peste, deliberorono che nella città di Firenze le loro differenzie si terminassero. Ragunati adunque, più giorni, nella chiesa cattedrale, insieme i romani e greci prelati, dopo molte e lunghe disputazioni, i greci cederono, e con la Chiesa e Pontefice Romano si accordorono.