Istorie fiorentine/Libro primo/Capitolo 21

Libro primo

Capitolo 21

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In Italia si viveva allora in questo modo: i Romani non facevano più consoli, e in cambio di quelli, con la medesima autorità, facevano quando uno quando più senatori; durava ancora la lega che avevano fatta le città di Lombardia contro a Federigo Barbarossa, le quali erano Milano, Brescia, Mantova, con la maggiore parte delle città di Romagna, e di più Verona, Vicenza, Padova e Trevigi; nelle parti dello imperadore erano Cremona, Bergamo, Parma, Reggio, Modena e Trento; le altre città e castella di Lombardia, di Romagna e della Marca trivigiana favorivano, secondo la necessità, ora questa ora quella parte. Era venuto in Italia, al tempo di Ottone III, uno Ecelino, del quale, rimaso in Italia, nacque uno figliuolo, che generò uno altro Ecelino. Costui, sendo ricco e potente, si accostò a Federigo II il quale, come si è detto, era diventato nimico del Papa; e venendo in Italia per opera e favore di Ecelino, prese Verona e Mantova, e disfece Vicenza occupò Padova, e ruppe lo esercito delle terre collegate, e di poi se ne venne verso Toscana. Ecelino, intanto, aveva sottomesso tutta la Marca trivigiana: non potette espugnare Ferrara, perché fu difesa da Azzone da Esti e dalle genti che il Papa aveva in Lombardia; donde che, partita la obsidione, il Papa dette quella città in feudo ad Azzone Estense, dal quale sono discesi quelli i quali ancora oggi la signoreggiano. Fermossi Federigo a Pisa, desideroso di insignorirsi di Toscana; e nel ricognoscere gli amici e nimici di quella provincia seminò tanta discordia che fu cagione della rovina di tutta Italia; perché le parti guelfe e ghibelline multiplicorono, chiamandosi Guelfi quelli che seguivono la Chiesa, e Ghibellini quelli che seguivono gli imperadori; e a Pistoia in prima fu udito questo nome. Partito Federigo da Pisa, in molti modi assaltò e guastò le terre della Chiesa, tanto che il Papa, non avendo altro rimedio, gli bandì la crociata contro, come avevono fatto gli antecessori suoi contro a’ Saraceni. E Federigo, per non essere abandonato dalle sue genti ad un tratto, come erano stati Federigo Barbarossa e altri suoi maggiori, soldò assai Saraceni; e per obligarseli, e per fare uno ostaculo in Italia fermo contro alla Chiesa, che non temessi le papali maledizioni, donò loro Nocera nel Regno, acciò che, avendo uno proprio refugio, potessero con maggiore securità servirlo.