Istorie dello Stato di Urbino/Libro Primo/Capitolo Ottavo

Libro Primo, Capitolo Ottavo

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CAPITOLO OTTAVO.

Della qualità, vita, e costumi de’ Senoni.


I
Galli Senoni, che da Belloveso questa regione per loro stanza impetrarono, ... [p. 30 modifica]incominciarono à trattare con accordi, e con patti vergognosi il proprio riscatto. Questi niun conto facendo de’ superbi edificij, le Città sontuose, che tolsero à Toscani, lasciarono in abbandono, all’arbitrio del tempo,e degli animali seluaggi, & delle povere habitationi contenti. che ne’ proprij campi ciascheduno edificava, non poneuan alla difesa loro alcun riparo solo nelle proprie forze, la sicurezza delle persone, & delle cose mettendo. Niuno di essi, quantunque ricco, e potente, dormiva in letti, che di molli piume, o di morbida lana fossero composti,mà ne i sacconi, pieni di fieno, di paglia, ò di gramegna, sopra la nuda terra distesi, davano di membri loro il dovuto riposo. Nulladimeno (benche poveramente dormissero) usavano cibi delicati, e pretiosi; però che nelle mense loro, non solo godevan i saporiti frutti, che nel paese produconsi, specialmente i vini grandi,e generosi, à cui più, che ad ogni altra cosa i Celti mostranansi inclinati; mà e’ pesci anco, e le carni de gli animali non meno terrestri, che volatili, domestici, e silvestri. Eran di vita semplice,trattando essi con molta sincerità,e schiettezza i negotij loro, senza cerimonie, ò superfluità di parole. Non attendevan à gli studij, ne ad’alcun’arte, che suolè affinare gl’ingegni, e l’animo nobilitare; mà solo alle guerre; e all’agricoltura pensavano, Il posseder molti campi, non istimarono ricchezza; mà si bene dell’oro, e de gli animali facevano gran conto; perche nel tempo, dicevano, di necessità, ò di qualche sforzata fuga, questi, e non quelli, seco potevano trasportare; e in ogni luogo à i proprij bisogni servirsene. Più che loro, e gli animali, stimavano gli amici, riponendo in essi la terrena felicità; onde quelli, che con maggior numero de medesimi alle funtioni publiche comparivano, eran’i più degni, e i più nobili del popolo riputati, e à gli altri ne i carichi publici preferiti. E se bene, per un tempo; eglino quieti vissero dentro i termini del suo paese, i frutti soavi di quei campi godendosi, di cui con sommo studio, alla coltivatione tendevano, e la dolce converfatione de gli amici; tutta volta, mossi dal bisogno (come fi vede) (però che essendo in sì gran numero cresciuti, quel terreno non si rendeva bastevole à capirli, e sostentarli: overo spronati da quel desiderio commune degli huomini avari di possedér quel d’altri; è pure stimolati da gli incentivi ambitiosi d’acquistar gloria, i quali solo ne gli animi generosi sogliono annidare) uscirono armati nei campi altrui, e con la vista dell’armi i possessori cacciati, se ne fecero padroni. Tuttoche di questa gente si scrive, quasi che di parola in parola racconta Polibio, nel sopracitato luogo delle sue Historie, così scrivendone. Postremo Senones, qui iuxtà Adriaticum Mare extremi omnium Gallorum incoluerunt. Precipuè igitur auctoritatis: populi ex Gallis, qui in Italia morabantur hi sunt. Villas habitabant nullis´ [p. 31 modifica]

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