Isaotta Guttadauro/Idillii/Diana inerme
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DIANA INERME
Quando a ’l mattino il Sol gode tra li albori
con aurea bocca attingere
il fior de l’acque, ridono i miracoli
de la luce ne ’l mobile
specchio. Ed i cervi, a cui ne li occhi il fascino
sta de le solitudini
natie, sazi de ’l pascolo, su ’l limite
scendono in torme a bevere.
Or le cervine imagini e le arboree
tremano a ’l fondo in pendula
corona: s’ode ne la pace il crepito
de le lingue che lambono.
E, poi che lievi l’aure sopra giungono,
i mammiferi timidi
ergono il muso ne l’inquietudine,
grondanti da le fauci.
Passano lievi per la selva l’aure.
Sospiran come celere
li alberi a torno, e ne ’l divin silenzio
più gran dolcezza piovono.
Oh de le antiche iddie presente spirito!
Non quivi un giorno, in libero
d’erbe e di fior profondo letto, giacquero
donne possenti e amarono?
Biancheggia entro le chete acque una statua,
sommersa; le marmoree
forme de ’l petto resupino, simili
a chiusi fiori, emergono.
È Diana: così dorme da secoli.
Ma pur, quando a le tiepide
lunazioni estive i boschi odorano,
si sveglia ella; ed il lucido
corpo piegando in arco alzasi. Tremano
l’acque raggiate; e, attoniti
in conspetto di tal forma, su’ margini
non han li alberi fremito.
Alzasi lenta; e cresce come nuvola,
come su da la tenebra
crescea per l’arti de la maga tessala,
porgendo la man nivea.
Da quel divino gesto attratti, vengono
i cervi a lei con docile
bramire, ed una siepe alta compongono.
Gioisce a lo spettacolo
di tanta preda il cuore de la vergine
cacciatrice. - Oh lietissime
stragi sonanti lungo i fiumi patrii! -
ripensa ella; e sommergesi.