Interviste dal libro "TUTUCH (Uccello tuono)"/Intervista a Ida Montour
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1. Per la sua tradizione culturale la vita è un dono o una punizione?
La vita è sempre un dono. Sono cresciuta come cattolica. Sono una Micmac, eravamo molto pochi e fummo portati via dagli uomini della chiesa. Dunque, secondo il mio popolo, abbiamo una storia della creazione che parla di un Creatore, il quale ha dato la vita a tutto.
2. Perché siamo qui: per lottarci o per aiutarci?
Per aiutarci l’un l’altro. Questa è la mia personale filosofia, ed è il mio lavoro: qui aiuto gli altri. I Micmac erano un popolo molto pacifico: non voglio dire che non si verificassero delle guerre, magari per il cibo, ma avevano un territorio vastissimo, che si estendeva da qui fino al Labrador e la Nuova Scozia. Il mio popolo era nomade ed erano cacciatori, ma in tali territori avevano quasi tutto.
3. Che significa per lei la parola “capo”?
La parola non è aborigena, ma fu data dall’Atto per gli Indiani alla persona designata a rappresentare il popolo. Non avevamo la parola “capo”, ma avevamo una parola che significa “guida”, e abbiamo molti leader nella nostra comunità. In tutte le Nazioni del nord America succedeva la stessa cosa: il leader veniva scelto dal popolo; e ve n’erano molti, a seconda dei diversi settori d’attività. Per esempio, uno era cacciatore e un altro leader poteva essere scelto per la guerra, o altro settore: dipende. Dunque, capo è un termine usato dal governo, mentre leader è colui che ha la capacità di aiutare le persone a raggiungere i propri obiettivi in un dato campo, qualunque esso sia.
4. Quali sono le sue responsabilità?
Raggiungere un obiettivo, far sì che che il popolo lo raggiunga in tutta sicurezza, dare la giusta guida, mantenere la coesione nel gruppo.
5. Che tipo di organizzazione sociale avete?
Non so dirle molto a riguardo, non ho memorie di ciò, solo racconti trasmessi di generazione in generazione. Probabilmente, stando alla tradizione, gli uomini andavano fuori per trovare il cibo, mentre le donne stavano a casa per curare i bambini e assicurare che fossero nutriti. Tuttavia, ricordo anche di aver sentito storie di uomini che erano mancati da casa per un tempo molto lungo, in questi casi le donne avevano dovuto anche andare a caccia per procurare il cibo per i bambini. Ho sentito anche dire di uomini che non sapevano andare a caccia, e le donne lo hanno dovuto fare.
Oggi, nella mia comunità, vi sono più donne che sono andate a scuola, mentre gli uomini viaggiano ancora molto, perché i nostri uomini lavorano nelle costruzioni, come i Mohawk, per cui vanno lontano per procurare il sostentamento per la famiglia, stanno fuori due settimane mentre le donne rimangono a casa per prendersi cura dei bambini. Io, però, sono stata in una città tutta la vita con i miei genitori, sono stata nella comunità solo pochi anni. Quindi, non si può ridurre il discorso ad un fatto di divisione dei ruoli tra maschio e femmina!
A questo punto emerge la parola “tribù”, la quale è una famiglia estesa. Nella mia comunità, che è Micmac, se v’era penuria di membri, essi si recavano presso altre comunità per avere degli schiavi in modo da rimpiazzare così le persone morte. Non intendevano la schiavitù alla maniera degli Americani. Non li trattavamo come schiavi. Li portavano lontano dalla loro famiglia, il che è sempre doloroso, ma una volta entrati nella nostra comunità diventavano parte della famiglia estesa. Queste persone erano Mountagné, Inuit, perché i Micmac andavano lontano per procurarsi carne di renna. Perciò, dicono che non vi sono Micmac al cento per cento. A volte erano appena 15 persone nel campo estivo al nord e dovevano andare al campo invernale al sud; per cui quando qualcuno moriva erano costretti a rimpiazzarlo. La mia comunità viveva nel campo estivo dove il salmone risaliva il fiume ed essi pescavano tanto salmone e tanto pesce che bastava loro fino all’estate successiva. Siamo conosciuti come consumatori di salmone. In realtà, la mia comunità è il campo estivo di una missione, per cui la chiesa è sempre stata presente, la sua struttura è stata sempre lì per trecento o quattrocento anni. Pertanto, altri Micmac venivano dove eravamo noi per la chiesa, per le scuole, per le attività del villaggio. C’erano sempre in giro delle suore e dei preti. In quanto al matrimonio, fino al 1920-’30 esso veniva combinato dai genitori. Oggi, domina il modello della società occidentale.
6. Qual è il ruolo della donna nella vita del gruppo? Chi si occupa dell’educazione dei figli?
I Micmac sono noti per essere stati i primi Indiani cristiani in nord America, siamo cattolici da quattrocentocinquant’anni. Perciò, erano le suore e i preti che si prendevano cura dell’ educazione dei bambini. Come in ogni tempo ed in ogni struttura, persino nel mondo non aborigeno, i genitori si sono sempre presi cura dei figli per assicurarsi che fossero ben educati spiritualmente. Certamente, la chiesa era sempre presente e il tutto dipendeva da quanto la famiglia fosse cattolica.
Gli anziani hanno una lunga esperienza e bisogna basarsi su di essa per poter sopravvivere. Ma anche i bambini sono rispettati: tutti sono rispettati.
Se qualcuno approfitta di qualcosa portandolo via agli altri, deve imparare a comportarsi meglio e potrà farlo attraverso l’esilio. Come indigeno ho i miei diritti ed i miei privilegi. I diritti mi vengono concessi, per esempio, con l’Atto per gli Indiani, ma non sono i miei privilegi. Un privilegio è vivere in una comunità che si prende cura di me e della mia famiglia.
In quanto alla morte, di cui lei mi chiede, è passare dall’altra parte. Noi non crediamo in un mondo celeste, come i Mohawk.
==== 7. Cosa può dirmi circa la proprietà? Mi spiego: come venivano distribuiti i beni tra i membri del gruppo? Non c’era niente di simile prima dell’Atto per gli Indiani. Il governo non nativo ha introdotto tale concetto, ma noi non pensavamo di poter possedere la terra. Il cibo veniva sempre diviso con gli altri membri per permettere a tutti di sopravvivere. Tutto veniva portato nella comunità e preparato per l’immagazzinamento, essiccato o affumicato, o anche messo sotto ghiaccio.
Non c’era la proprietà perché non costruivamo mai il campo nello stesso posto. Se c’era più pesce su questo lato del fiume, lo si metteva lì, o se era meglio più giù, si andava lì. Solo la chiesa era nel mezzo e noi costruivamo il campo tutt’intorno, perché in caso di necessità magari ci avrebbero dato del cibo.
8. Qual è il suo massimo dovere?
Credo che la responsabilità che mi è stata data è di aiutare le persone. Voglio dire che questo fu insegnato a mia madre dalla nonna, e poi lei lo ha insegnato a noi. Non è un dovere. Secondo me, è una sorta di filosofia. Aiutare le persone a vivere meglio.
9. Come punite i colpevoli?
Con l’esilio. Questo è un concetto tradizionale molto usato in tutto il Paese. Anche qui nel Centro dell’Amicizia, che dirigo e che accoglie Indiani da ogni dove, ci comportiamo così, è crudele ma se non hai rispettato un diritto, non hai il diritto di godere del privilegio dell’unione di un gruppo. Perciò, sarai allontanato, dovrai andare. Qui vige la regola di non usare alcool o droghe e diamo tre possibilità di rinsavire, ma dopo la terza volta bisogna andar via.
10. L’essere umano è superiore agli animali e alla natura?
Non credo. Ciascuno ha una vita e ciascuno deve dare il suo contributo, e se il contributo dell’animale è di permettermi di mangiarlo, questo non significa che io sono superiore. Siamo parte di un ciclo: ognuno ha un posto in esso.
11. Qual è l’essenza dell’essere umano? È una creatura speciale con una missione speciale?
Credo che tutti abbiamo un posto nel cerchio della vita. Se lei passeggia sulla spiaggia e trova una pietra, darà un calcio alla pietra, ma perché lo fa? Quella pietra è lì forse da centinaia di anni prima di lei. Io insegno ai miei bambini che se c’è un ragno sul muro non devono ucciderlo, perché esso mangerà un altro insetto, e ci aiuterà. Ognuno ha un posto speciale. Oggi, non viviamo più nella tipi, viviamo in case come le vostre. Mangio ancora salmone e sono convinta di rispettare la tradizione, ma non vado più al campo estivo, devo solo andare giù in cantina e aprire il freezer, dove trovo il salmone che ho comprato in un negozio, e che è stato pescato da qualcun altro. Vivo nella società consumistica di oggi.
Bene, a proposito della medicina le dico che nella nostra comunità tutti sapevano che certe erbe avrebbero curato certe malattie: ti veniva insegnato perché dovevi imparare a sopravvivere nel piccolo gruppo con cui ci si metteva in viaggio e non c’era il dottore. Sono stata educata ai valori tradizionali, ma è tutt’altra cosa applicarli al passato. Non abbiamo una nostra storia, perché la chiesa è stata molto forte a trasmettere i suoi valori. E le suore ed i preti non sempre erano generosi. Se si pone mente alla religione cattolica e alle credenze della mia gente si trovano delle analogie: hanno gli stessi comandamenti. Forse i portatori del messaggio (le suore e i preti) non sono stati sempre ben accetti, non sempre hanno avuto la filosofia della generosità, dell’amore e della cura che Gesù aveva insegnato.