Il raccolto d'autunno continua ad essere abbondante
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Il raccolto d’autunno continua a essere abbondante Note sugli artisti in mostra
DAVIDE BALLIANO nato nel 1983 Torino, vive e lavora a New York Nella mitologia indoeuropea i giganti rappresentano l'origine stessa del cosmo e il caos primordiale a cui gli dèi si oppongono; nella tradizione greca sono generati dalla comunione tra paradiso e terra. In questo lavoro Balliano affronta il tema del sonno rappresentandone le fasi, come 5 giganti con cui confrontarsi attraverso un progetto diviso in cinque atti distinti. A Milano presenta i lavori preparativi del primo atto, che avrà luogo al Location One di New York a marzo 2011. Il lavoro di Balliano ruota attorno al tempo e la sua percezione. L'intervento e l’appropriazione, sono un suo modo di dialogare e comprendere la nozione di tempo. In riferimento alle sue scelte, Balliano parla di ‘momenti di lucidità’ o profonda consapevolezza, in cui è possibile distinguere il tempo come ‘oggetto infinito’ su cui l’essere umano cammina lasciando delle tracce, immagini pietrificate di cui il tempo è la materia prima. (Elena Bordignon, 2009) Selezione mostre personali 2009: My Tears Will Be Light In The Night Of Yours Eyes, Jarach Gallery, Venezia. 2009: The Heart Of Your Mother For My Dogs, The Artists Space, New York. Selezione mostre collettive 2010: 5x5Castellò, EACC, Castellon, Spain. 2010: MEMORIES OF THE FUTURE, Sean Kelly Gallery, New York; But I wasn't young anymore, PS1 Contemporary Art Center, New York. 2009: New York Italian Artists, ISCP, New York. 2008: Vienna Biennale, Vienna. 2007: Kitakyushu Biennial – Kitakyushu, Japan.
LUCA DE LEVA nato nel 1986 a Milano, dove vive e lavora Azioni segrete Esperimenti viscerali, farsi cavia di se stessi e essere strabici. Gli stimoli chimici che governano i nostri comportamenti possono essere indirizzati a usi ambivalenti, lontani dalla funzione originaria. Tutti i corpi vi reagiscono allo stesso modo, fondendosi in un'unica entità, pur mantenendo confini definiti ricombiniamo le nostre molecole in continuazione, in tutte le direzioni del rizoma, abbattendo membrane e cancellando le coscienze. L'effetto del feromone, immesso nell'aria passa, dal lavoro alle persone, che a loro volta lo trasmetteranno a altre persone, in un'infinita catena di eventi e coincidenze. Da A a B e C, da B e C a D e E e cosi via senza necessariamente conoscersi a vicenda. Io è un altro. Dentro è fuori. E un calzino rovesciato è molto generoso. Così un braccio con due mani destre diventa immagine della possibilità illimitata di cui godiamo: possiamo muoverci e guardare ovunque, avere nuovi schemi simmetrici, come la Blastula, antenato dell’embrione, simmetrico in ogni sua parte. Da un calco oggettivo del mio braccio ho ricavato uno stampo fantastico - dal dato di fatto alla possibilità immaginativa. Vivere tra il materiale e l'idea, sposarli entrambi, invertendone i ruoli tante volte quante sono le possibilità di farlo. Parliamone. Mostre personali 2009: Ottut, Room Galleria, Milano Mosrte collettive 2010: Made art home, Lindenau, Leipzig; Run1, Room Galleria, Milano; NoNo Wallpaper, Motel Lucie, Milano; Motel Lucie* Entrata sul retro, con Igor Muroni, Motel Lucie, Milano; Titolo Grosso, Cripta 747, Torino; Il Fuori Salone di Motel, via Ventura/ via Massimiano (Milano); Arte desputatio, Miart, Milano; Armless Monkeys Suck Bananas from the Bananos, GUM Studio, Carrara; Certo Sentimento, sedi varie, Torino.
GABRIELE DE SANTIS nato nel 1983 a Roma, vive e lavora a Londra Ci sono alcune cose che mi interessano molto. Le analizzo attentamente e poi cerco di farle mie con la pratica artistica. L'atto di creazione diviene dunque un percorso di digestione del contemporaneo che mi permette di studiare attentamente alcuni risultati del genere umano e di trasferire la mia visione in un prodotto formale che altrimenti resterebbe solo una riflessione sul piano teorico. Fino ad ora il mio lavoro si è concentrato essenzialmente sullo studio di alcuni fenomeni e subculture contemporanei. Una prima serie di lavori realizzati tra il 2008 e il 2009 mi ha permesso di osservare, filtrare e presentare il fenomeno dei Raves. Successivamente nel 2010, dopo essermi trasferito a Londra, ho concentrato la mia ricerca sulla presenza delle diverse culture in un contesto specifico, e cioè il quartiere dove si trova il mio studio a Londra che è Seven Sisters e che a dire di Wikipedia: 'It has had recent publicity as the most ethnically diverse area in the European Union'. I flussi e i comportamenti di più etnie mescolate assieme mi hanno fatto poi approdare a Wittgenstein e alla sua riflessione sul linguaggio, da cui derivano una serie di nuovi lavori. La dinamica di lavoro non ha regole prestabilite. I soggetti o gli oggetti che scelgo sono il risultato di un’interpretazione filtrata del reale, unita ad una pratica subcosciente che opera incontrollabilmente al di fuori della progettualità e che rende i diversi lavori comunicanti tra di loro. Selezione mostre collettive 2010: Premio Moroso, G.C. A.C., Monfalcone; To Be Destroyed, 10 floors space, London; Argonauti, ArtVerona, Verona; La Danse Macabre, Nomas Foundation, Roma; 7 Artsists|7 Curators, Conduits, Milano. 2009: Emotional Comunity, MONITOR Contemporary Art&Video, Roma.
ALESSANDRO DI GIAMPIETRO nato nel 1972 a Pescara , vive e lavora a Milano Il mio lavoro si struttura nel confronto con l’altro, inteso come individuo ma anche come territorio geografico. L’altro da sé provoca una sensazione di paura e al tempo stesso di attrazione, un timore profondo, stratificato. Un’angoscia antica. Per questo di fronte alle immagini si avverte un senso di vertigine, un silenzio che risulta fuori dalla scena, fuori dalla storia, dunque fuori dal tempo. Ogni incontro è una sfida con me stesso, con le ritrosie che tenderebbero a bloccarmi, a castrarmi. Selezione mostre personali 2010: Goldenboy, Galleria Davide Di Maggio, Milano. Selezione mostre collettive 2010: Caro Giacomo, Cherimus, Carbonia-Perdaxus. 2009: Intermedia, O’Artoteca, Milano; L’indiano in giardino, Milano; Run1, Room Galleria, Milano.
EMMA CICERI nata nel 1983 a Ponte San Pietro (BG), vive e lavora a Bergamo Lode. Un'inquadratura fissa mostra la curva di uno stadio, deserta, ancora intrisa delle urla e delle voci della gente che se n'è appena andata. Di questa rimane traccia nei giornali e nelle carte che un vento teso e leggero anima. Un silenzio pieno di eco, un deserto animato di presenze. Un luogo che ha forma. (Luciano Passoni, Soffio, lubrina editore, 2010) Il reale vuole essere l’oggetto della mia ricerca. La relazione con esso si manifesta tramite una continua contemplazione, con la quale intendo la possibilità di cogliere con un solo sguardo una pluralità di oggetti, cose e nature lontane fra loro. La contemplazione unisce agli oggetti tutte le facoltà dell’essere umano, compresa quella dell’agire e articolarsi con essi. In questo modo la mia ricerca artistica mi introduce nel vivere contemporaneo e diventa modalità d’osservazione e azione, addomesticandomi con un allenamento giornaliero. Selezione mostre personali 2010: In ordinario moto, ARS, Bergamo. 2006: Feel, Accademia Carrara- Museo, Bergamo; Diamoci da fare, Galleria Placentia Arte, Piacenza. Selezione mostre collettive 2010: Premio Città di Treviglio, Museo Civico, Treviglio; Soffio, Basilica di Santa Maria Maggiore, Bergamo. 2007; Moulouse 007, Moulhouse. 2006: Dissonanze, Chiostro S. Francesco, Bergamo; 1.60 onesixtyinsurgeNtspacE, Stazione dei treni, Tirana; Salone Europeo dei Giovani Creatori, Amarante, L’Hospitalet, Montrouge, Salzburg, Genova. 2005: Soundtracks, Fabbrica del Vapore, Milano; Revolution is on hold, Isola dell’Arte, Milano. 2003: Onufri, Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, Tirana.
MARCO COLOMBAIONI nato nel 1983 a Milano , vive e lavora a Milano KANGA KOKOMANGA PARTY Special Request Pasolini 2010 Un progetto in collaborazione con Judith Raymond Mushi, sociologa tanzaniana, ideatrice nel 2010 del primo corso di cultura e lingua Swahili a Milano. Questo lavoro nasce per una questione di libertà, il Kanga per esempio è un rettangolo libero: fatto di cotone colorato di circa un metro per un metro e mezzo ha la peculiarità di contenere proverbi, messaggi d’amore e frasi augurali. Il Kokomanga è invece un frutto misterioso ma è anche una forma di canto. Negli spazi della mostra giovedì 9 dicembre 2010 dalle ore 18.30 è previsto un laboratorio di kokomanga, mentre giovedì 12 gennaio dalle ore 18.30 ci sarà un casting per una sfilata. Venerdì 28 gennaio 2011 alle ore 20.30 ho organizzato invece, una festa. Vi aspetto. Il mio approccio è contestuale. La maggior parte dei miei progetti reagiscono al tessuto sociale, culturale e architettonico in cui sono realizzati. Considero il white cube, - in quanto metafora dell’istituzione artistica – come uno strumento importante per un artista, ma non come un fine, nel mio lavoro cerco di metterne in discussione i procedimenti e il pubblico. Lavorare nello spazio pubblico - è per me molto importante, in quanto penso che il discorso artistico vada oltre un campo specifico e coinvolga la vita in generale. Nel 2007 insieme agli amici Emiliana Sabiu e Matteo Rubbi abbiamo fondato l’associazione Cherimus. Selezione mostre collettive 2010: Caro Giacomo, LunaPark Party, Perdaxus. Niniendi su pippieddu cun sant’Anna e santu Iacu, Perdaxius. 2009: Territoria 4, The Great Leap, Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato. 2008: I Sette Arcobaleni, Milano. 2007: Rosta project#1, Isola Art Center, Milano. :”Catching Passages” Museum Casino Luxembourg.
ENZA GALANTINI Nata nel 1969 in Valsesia, vive e lavora a Milano. L’atmosfera “appicicaticcia” dell’ambiente consumato mi riporta a certi dettagli percepiti, per esempio anche in tram. I dettagli sono arbitrariamente meno destabilizzanti dell’intero. E ti si fossilizzano addosso durante la loro autonomia di percorso, temporalmente determinato. In quello spazio di tempo, ciò che sta tra la repulsione per l’appropriazione e il resto della faccenda diviene terreno minato. Ed è lì che vivono i lavori presentati in mostra. Selezione mostre personali 2009: non ci sono più zanzare, Lucie FontaIne, Milano. Selezione mostre collettive 2010: L’Arpa Magica, Lucie Fontane; Una luce rischiara l’oscuro scrutare. La morte non sa leggere, Galleria Uno+Uno, Milano. 2009: No Soul for Sale, x initiative, New York.
MARTINO GENCHI nato nel 1982 a Milano L’ingegno di Martino Genchi oscilla tra la capacità di dare vita a delle strutture estremamente definite, calcolate e l’attitudine che lo vede coinvolto nel tentativo di far perdere le tracce, mimetizzandole, delle forme che si trova a impiegare: attua una ricognizione dei disparati potenziali della formatività, nel tentativo di creare epifanie momentanee fatte scaturire da distorsioni fisiche. Numeri, strutture geometriche, forze fisiche, lampi pulviscolari e condensabili in unico punto di fuga vengono articolati perché si manifestino come apparizioni “cronosinclastiche”. I suoi lavori mettono in campo l’energia del fare e dell’immaginare, dello sfasamento tecnico come di quello fisico-percettivo e possono essere associabili ad ambiti d’investigazione dell’agire costruttivo. Martino ci parla di elusione e di grado zero dell’immagine, di incompatibilità tra aspettativa e forma finale mentre con le sue architetture appresta elementi massicci, radicalmente critici, talmente estremi da giungere a cortocircuitare la stessa natura del corpo architettonico, affrancando forma e significato dal possibili rapporti deterministici. (Matilde Galletti). Selezione mostre collettive 2010: Radice di uno, DNA projectbox, Venezia. 2009: 93ma Collettiva Giovani Artisti, Fondazione Bevilacqua La Masa, Piazza San Marco, Venezia. 2009: Aleph, a cura di Matteo Efrem Rossi e Tommaso Zanini, Forte Marghera, Venezia. 2009: Transvisions, a cura di Luc Lambrect e Koen Leemans, bkSM Strombeek, Grimbergen, Belgio.
ENZO GIORDANO nato nel 1976 a Faenza, vive e lavora a Milano. I lavori sono immersioni nelle profondità dell'uomo, una curiosità esplorativa, che indaga la propria anima per conoscere se stesso. Il fruitore è invitato a immergersi negli abissi ignoti, magari dopo un appropriato allenamento mentale. Dopo i primi tentativi di indagine, proverà il desiderio di andare sempre più in profondità e conoscersi. Vi è anche un collegamento con la superficie, con la vita psichica, reale, vista come il luogo ideale di riposo e presenza rassicurante, che esprimo adottando un determinato range di colori. Tonalità non aggressive che aiutano ad avvicinare lo spettatore e forse la sua serena coscienza. Cerco il significato dell'esistenza e, senza timori o paure, guardo il nostro passato, che forse mi si presenta come il tentativo di sfidare la morte e volersi garantire l'eternità. Attingo idee e immagini da foto e film datati che reperisco su internet, che poi modifico e assemblo con programmi di grafica e manualmente le riporto su tela, ritoccandole ulteriormente. I soggetti inoltre sono ripresi da vecchie foto e vicende storiche che restano dentro la nostra vita come un appunto sbiadito di una spiritualità del passato che resiste attaccata alle nostre esistenze. Le immagini sembrano apparizioni spettrali, che compaiono dal nulla, da sfondi quasi vuoti, a diversi gradi di trasparenza. Personaggi e oggetti restano impressi con una leggerezza tale da far diventare la tela quasi una contemporanea sacra sindone: una testimonianza mistica, delicata e impalpabile della memoria. Mi piace usare insieme tecnologia e manualità, trovo che sia un corretto modo di essere contemporanei; prima di arrivare a ciò ho fatto un lungo percorso sperimentando con la scultura, il video e l'installazione, arrivando poi dopo anni a questa conclusione pittorica. Selezione mostre collettive 2010: Autoritratto, Enzo Giordano/Gilda Mautone, Temporary Gallery, Milano.
SILVIA IDILI nata nel 1982 a Cagliari, vive e lavora a Milano La mia pittura è orientata più all'evocatività che non all'espressività. Considero i miei lavori come una mappa mentale dove interseco, assemblo ricordi, vecchie immagini e traduco questa massa ibrida in segno, in tracce di visioni di sogno. Tutto nella mente prende un suo significato simbolico e ogni luogo, ogni avvenimento ha un contenuto psichico al di là di quello apparente; perché a ogni immagine esteriore corrisponde un'immagine interiore che evoca in noi una realtà molto più vera e profonda rispetto a quella vissuta dai nostri sensi. La vita è come un sogno e la pittura ha una realtà propria, che non coincide con la realtà delle altre cose. Il mio lavoro pittorico è come un viaggio nella mente e nella memoria, una pesca a strascico nei meandri siderali dell'umano essere dove le figure compaiono e vengono proiettate in uno stato di sospensione fra un cielo nero ed un verde campo encefalico che è humus di memoria. Per questa mostra ho voluto presentare un progetto installativo composto da 3 dipinti 20x30 cm, un cubo e 12 fili. La scelta di questa installazione rappresenta la proiezione mentale della memoria e dei pensieri tradotta in immagini, in quanto il cubo è la materializzazione di una mente pensante. I fili creano una distanza fra le tavole (proezioni mentali) ed il cubo, questi impediscono alla spettatore di avvicinarsi rendendo ancor più rilevante la distanza che esiste fra pensieri e materia. Selezione mostre personali. 2010: Lateralus, Studio d’Arte Cannaviello, Milano. Selezione mostre collettive. 2009/2010: Anni 10, State Institute of culture, Sofia e Studio d’arte Cannaviello, Milano; Stile Libero Italiano, Studio d’arte Cannaviello, Milano.
LUCA RESTA Nato nel 1982 a Seriate (BG), vive e lavora tra Bergamo e Milano Rifiuti sanitari pericolosi. L’opera è la riproduzione in grandezza naturale della scatola usata come cestino all’interno degli istituti sanitari italiani. Non si tratta però di un normale contenitore per rifiuti, ma di quello usato per contenere quei materiali definiti per legge “rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo”, cioè elementi contaminati da materiale organico umano. Un cestino che, data la sua pericolosità, dovrebbe rimane chiuso e sigillato e che invece paradossalmente è riproposto socchiuso e incustodito. L’oggetto così presentato oltre ad essere la copia, la rappresentazione dell’oggetto reale, diviene simbolo - specchio - di quel fattore (negativo) della quotidianità contemporanea e dell’uomo del nuovo millennio. E’ al mito di Pandora che penso quando lo osservo (essendo proprio la simbologia che rimanda l’oggetto - scatola- al famoso vaso -oggetto mitologico-), mentre la “pietrificazione” impostagli lo blocca nel tempo e lo allontana dalla sua funzione primaria, sottoponendolo ad un processo metaforico-simbolico che lo estranea dal suo utilizzo quotidiano, nonostante comunque rimanga concentrata in esso la drammaticità a cui rinvia. Orgoglio nazionale. L’opera consiste in un sacchetto di plastica per la spesa prodotto, nel 2009, da un’importante catena di supermercati italiani. Su questo sacchetto è stato stampato lo scudetto dell’Italia e alcune scritte che indicano questa catena di supermercati come “campione del risparmio 2009”, ovvero premiata per aver mantenuto, in quel determinato anno, i prezzi al consumatore più bassi d’Italia. Il 2009 però è anche l’anno in cui l’Italia viene nuovamente condannata dall’ Unione Europea a causa delle migliaia di discariche illegali e incontrollate che costellano il territorio nazionale. La messa a confronto di questi due avvenimenti porta alla creazione di un oggetto-simbolo. Al sacchetto sono state cancellate le scritte che pubblicizzavano la vittoria del premio sopra descritto, lasciando solamente l’immagine stampata del tricolore italiano. Così incorniciata la semplice busta di plastica perde la propria funzione di oggetto di consumo, e acquista una valore aggiunto che rievoca l’immagine delle magliette dei campioni sportivi o delle squadre del cuore appese in certi bar o in certi fan club per ricordarne le imprese sportive o i record ottenuti. Essendo, il sacchetto di plastica, usato prima per trasportare il cibo acquistato e poi per gettarne gli scarti, e portando su di sé l’immagine del tricolore italiano, attraverso un processo di sublimazione (anche grazie alla cornice) diventa un chiaro emblema del nostro quotidiano, raccontando quel difficile rapporto che l’Italia ha sempre avuto con l’immondizia, tornato attuale dopo l’ennesima “emergenza rifiuti”. Le pratiche concettuali e linguistiche messe in atto con ironia da Luca Resta si concretizzano nello spiazzare l’evidenza delle cose creando dei cortocircuito di senso tra apparire e essere, tra realtà e memoria, dando vita nuova a oggetti ormai invisibili all’attenzione umana. Per realizzare i suoi oggetti “quotidiani” il giovane artista si ispira agli oggetti industriali prodotti in serie che popolano le nostre esistenze e che sono parte integrante dei riti collettivi, come mangiare, lavorare, giocare, viaggiare. Gli oggetti realizzati da Resta sono spesso identici all’originale eccetto che per piccole alterazioni al materiale di cui sono fatti. Nel suo lavoro, quindi, tattoo e vista registrano due diversi gradienti, comunicando immagini che non collidono con la nostra memoria delle cose; solo il re-incanto di questi oggetti, che della nostra esperienza di essi, ci può far percepire la loro totalità. (Marinella Paderni 2009) Selezione mostre personali 2009: Boxes, Libreria ARS, Chiavari; Man at Work, Galleria Piacenza Arte, Piacenza. Selezione mostre collettive 2010: Quali cose siamo, Triennale Design Museum, Milano; Funzioni continueBoom Boom Gallery, Carrara. 2009: Inaugural Exhibit: Debut Show Feauturing 300 Artists, Art Raw Gallery, New York.
MARTA ROBERTI nata nel 1977 a Brescia, dal 2004 vive e lavora a Milano Corpi composti è un progetto che fa parte di un lavoro sul concetto di 'matrice', come quell'immagine originaria dalla quale è possibile ottenere un numero indefinito di copie, uguali e differenti al contempo. Nella serie Corpi composti ho riprodotto delle fotografie scolastiche di bambini durante il regime fascista. I corpi dei bambini sono stati messi in posa per ottenere una scenografia composta, e pensata in maniera geometrica. In queste immagini è evidente come la scuola imponeva al corpo un preciso ordinamento nello spazio, attraverso una composizione scenografica di raffinato gusto estetico. Divenire ambiente. Questo lavoro si ispira alle riflessioni dello psichiatra russo Eugene Minkowski a proposito dell'attesa, che è descritta come uno stato di fusione con l'ambiente circostante: sono dunque probabilmente l’attività e l’attesa a determinare l’atteggiamento generale dell’individuo nel mondo. Quasi un tutto nell’attività che si dispiega nell’ambiente vuoto, quasi un niente nell’attesa., Ridotto alla mia più semplice espressione, come sotto la minaccia di essere inghiottito dal DIVENIRE-AMBIENTE, IO SONO QUASI UN NIENTE". Raccogliendo fotografie di donne sole da album di famiglia risalenti all’inizio del 1900 fino agli anni 60 del secolo scorso, ho rintracciato un’iconografia sostanziosa di immagini fotografiche di donne in posa, che si sono fatte fotografare in mezzo alla natura e che sembrano essere in attesa di qualcosa che non arriva. Ho ricalcato la copia delle immagini innumerevoli volte su fogli di carta grafite che ho fotografato e montato in stop motion realizzando dei video da proiettare su tessuto per retro-proiezione in ambiente oscurato. Alcuni di questi disegni sono conservati all'interno di vetrocamere che rendono possibile la vista speculare dell'immagine sul fronte e sul retro del foglio. La caratteristica più evidente della mia ricerca artistica ha a che vedere con lo svilupparsi simultaneamente su due livelli: uno teorico critico e uno pratico creativo. Mi interessa superare il confine tra arte e filosofia lavorando con il disegno, l'animazione e la fotografia su concetti propri della tradizione filosofica, e in particolare mi sono interessata ai concetti di matrice, di differenza e ripetizione, di neotenia e di simbolico materno. Uso tecniche di volta in volta diverse, anche se predomina il disegno che per me è una pratica necessaria perché comporta un movimento, un fare del corpo che mette in moto il pensiero e che spesso mi serve per approdare ad altre forme espressive. Molti dei miei lavori sono disegni animati, video animazioni generate dalla ripetizione differente di una medesima immagine, a rappresentare un processo dove il singolo disegno non si chiude su se stesso ma acquista un significato nella combinazione con altre ripetizioni differenti. Selezione mostre collettive. 2010: La violenza invisibile, Festante Festival, La Pelanda, MACRO, Roma. 2010: Visionario, Reservoir Dogs, G.C. A.C. Monfalcone; Video.it – Being Different Is Absolutely Beautiful, Fondazione Merz, Torino. 2009: FIAV, Festival D’Images Artistiques Video, Ecole Superiore Des Beaux- Artes, Algeri.
MIRKO SMERDEL Nato nel 1978 a Prato, vive e lavora a Firenze.There Were No Footprints In the Dust Behind Them 2009 28 diapositive sovrapposte, 28 visori per diapositive, tavolo dimesnione variabile Una storia narrata attraverso la ricostruzione visiva di alcune immagini trovate che ritraggono l’infanzia di un bambino e la “Zona 13” di Milano, immortalata dal ragazzino stesso. Le fotografie, sovrapposte, connettono memorie, geografie e strutture del processo di ricostruzione. L’archivio non solo come mezzo di rappresentazione ma come strumento di lavoro che si muove attraverso un terreno discorsivo, reti di relazione, connessioni tra passato e futuro, forme di conoscenza alternative e contro-memorie, archeologie e geografie mentali del contemporaneo. Creazione di nuove mitologie private: microstorie e loro rispettive relazioni con il potere sociale, politico o culturale. Un tentativo di decifrare e ricostruire i fatti attraverso reti di relazioni, comparazioni e similarità. Una ricerca attraverso archivi di immagini, mappe, diagrammi e strutture plastiche come strumenti di indagine privilegiati volti alla (ri)costruzione di storie, e a rielaborazioni in chiave utopica, antropologica e archeologica di realtà. Forme di narrazione che possono seguire percorsi tra loro inversi: si può risalire ad un evento extra-ordinario attraverso tracce di quotidiano, così come si potrebbe risalire ad eventi quotidiani e privati, percorrendo a ritroso gli effetti di un evento extra-ordinario. La parte per il tutto, l'effetto per la causa e viceversa. Leggere quindi un archivio come si legge un paesaggio o più precisamente un atlante, oppure leggere lo stesso come una narrazione legando tra loro eventi e date, o si può infine leggere l'archivio come una struttura di relazioni sociali, politiche e storiche. L'idea fondamentale che guida la costruzione di questo processo è la possibilità di leggere una serie di indizi come se fossero altrettante prove. All'interno di questo processo la fase del montaggio, della post-produzione, si inserisce nel contesto più ampio dell'immagine e del suo significato. La post-produzione ha in comune con l'archivio il suo carattere di ri-costruzione, in quanto costruzione che cambia ulteriormente il senso e il significato della storia e della narrazione. Selezione mostre personali 2009: Down by the sea / Myth Making landscapes, Chan Gallery, Genova. Selezione mostre collettive 2010: Police the Police, IV Young Artist’s Biennal, Bucharest; Evading Customs Milan, Le Dictateur, Milano; Niente da vedere, tutto da vivere, parallel project, XIV Biennale Internazionale di scultura, Carrara; Practicing Memory in A Time Of An All Encompassing Present, Città dell’Arte, Fondazione Pistoletto, Biella.
GIAN MARIA TOSATTI nato nel 1980 a Roma, dove vive e lavora manicomio abbandonato. Le piastrelle sono composte in una forma che esprime la pesantezza di tutti i passi che sono stati compiuti su di esse. Questo lavoro fa parte del ciclo «Le considerazioni sugli intenti della mia prima comunione restano lettera morta» L’ospite. Questo lavoro è il primo di una serie di riflessioni spaziali sul concetto di ospite indesiderato, ossia sulla parte oscura di se stessi o su ciò che di oscuro portiamo dentro di noi. Che sia la nostra cattiva coscienza o una malattia esso ha una potenza distruttiva assoluta, che però resta confinata nel ristretto perimetro del nostro corpo. Questo lavoro fa parte del ciclo «Le considerazioni sugli intenti della mia prima comunione restano lettera morta» Il mio lavoro si sviluppa attraverso una ricerca che sta fra arte e architettura e si realizza principalmente attraverso installazioni ambientali. La maggior parte delle opere sono modificazioni di spazi architettonici esistenti, mirate a creare degli stravolgimenti di senso che giocano sulla necessità di ognuno a dover “riconoscere” l’ambiente in cui si trova. Costruire ambienti pieni di vuoti di senso creati ad arte stimola i visitatori a proiettare le proprie immagini mentali per completare il “quadro” e ciò rende le mie opere simili a grandi ragnatele capaci di catturare il recondito del visitatore e di riproporlo come in uno specchio davanti ai suoi occhi. I temi principali su cui si muove la mia indagine sono connessi al concetto di identità e ogni ricerca non si sviluppa per opere singole, ma per cicli di installazioni. Selezione mostre personali 2009: Le considerazioni sugli intenti della mia prima comunione restano lettera morta – spazio #01, CIAC, Roma. 2009: La Stanza bianca – Landscape VII, Cultural Centre Angelo Mai, Fabbrica Lancia, Roma. Selezione mostre collettive 2010: Il Cimitero della Memoria - spazio#03 (the dreamers), Accademia dello Scompiglio, Lucca; Lo Spazio Bianco - spazio#01, Progetto Roma, Roma.