Il proclama di Rimini

Alessandro Manzoni

1815 Indice:Opere varie (Manzoni).djvu Poesie letteratura Il proclama di Rimini Intestazione 25 maggio 2014 100% Poesie


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IL PROCLAMA DI RIMINI


FRAMMENTO DI CANZONE.


APRILE 1815.


 
O delle imprese alla più degna accinto,
     Signor che la parola hai proferita,
     Che tante etadi indarno Italia attese;
     Ah! quando un braccio le teneano avvinto
     5Genti che non vorrian toccarla unita,
     E da lor scissa la pascean d’offese;
     E l’ingorde udivam lunghe contese
     Dei re tutti anelanti a farle oltraggio;
     In te sol uno un raggio
     10Di nostra speme ancor vivea, pensando
     Ch’era in Italia un suol senza servaggio,
     Ch’ivi slegato ancor vegliava un brando.

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     Sonava intanto d’ogni parte un grido,
     Libertà delle genti e gloria e pace!
     15Ed aperto d’Europa era il convito;
     E questa donna di cotanto lido,
     Questa antica, gentil, donna pugnace
     Degna non la tenean dell’alto invito:
     Essa in disparte, e posto al labbro il dito,
     20Dovea il fato aspettar dal suo nemico,
     Come siede il mendico
     Alla porta del ricco in sulla via;
     Alcun non passa che lo chiami amico,
     E non gli far dispetto è cortesia.
     
     25Forse infecondo di tal madre or langue
     Il glorioso fianco? o forse ch’ella
     Del latte antico oggi le vene ha scarse?
     O figli or nutre, a cui per essa il sangue
     Donar sia grave? o tali a cui piú bella
     30Pugna sembri tra loro ingiuria farse?
     Stolta bestemmia! eran le forze sparse,
     E non le voglie; e quasi in ogni petto
     Vivea questo concetto:
     Liberi non sarem se non siam uni:
     35Ai men forti di noi gregge dispetto,
     Fin che non sorga un uom che ci raduni.
     
Egli è sorto, per Dio! Sì, per Colui
     Che un dì trascelse il giovinetto ebreo
     Che del fratello il percussor percosse;
     40E fattol duce e salvator de’ suoi,
     Degli avari ladron sul capo reo
     L’ardua furia soffiò dell’onde rosse;
     Per quel Dio che talora a stranie posse,
     Certo in pena, il valor d’un popol trade;

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45Ma che l’inique spade
     Frange una volta, e gli oppressor confonde;
     E all’uom che pugna per le sue contrade
     L’ira e la gioia de’ perigli infonde.

Con Lui, signor dell’Itala fortuna
     50Le sparse verghe raccorrai da terra,
     E un fascio ne farai nella tua mano
     . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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