Il miracolo/Prefazione
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Questo romanzo, meditato con austerità, preparato con minuzioso studio e scritto con febbrile impeto di passione, troverà nel pubblico dei lettori consenso di simpatia? Sono io riuscita a trasfondere nelle pagine del Miracolo quella particolare tonalità di colore, che ammanta di vapori leggermente azzurrognoli il Duomo meraviglioso, e quel particolare soffio di tenue misticismo che sembra aleggiare attraverso le strade tacite di Orvieto? E i personaggi, taluni umili e ignari, abbarbicati ancora alle radici della razza, taluni irrequieti e affannosi, travolti dal vortice dei nuovi tempi, si disvincoleranno dal passato, si lanceranno alla conquista dell'avvenire, integri e audaci come io li ho sentiti palpitare in me nell'ebbrezza gioiosa del mio sogno? E lo stile sarà, quale io l'ho voluto, schietto, nostrano, soffuso di semplicità quasi arcaica? Non dispero. Comunque, prima di licenziare questo libro, a me incombe il piacevole dovere di porgere grazie a tutti coloro i quali mi furono prodighi di ausilio e consiglio; fra cui l'ottimo Luigi Raffaelli, mia guida instancabile, il professore Pericle Perali, indagatore devoto e sagace nei fasti passati della sua terra, il dottissimo Fumi, di cui le opere ponderose mi sono state di appoggio e di scorta, Erminia Montini per animo ed ingegno elettissima.
Troppo lungo mi riuscirebbe noverare, a uno a uno, gli orvietani a me cortesi di notizie e incoraggiamenti; onde comprendo in una espressione collettiva di riconoscenza la città bella, così raccolta ed assorta all'ombra secolare della sua chiesa magnifica, così pronta all'ospitalità cordiale, così amabile nella effusione di una cotal sua gentilezza misurata e casalinga.
Le nostre città minori, ciascuna di cui fu centro di fervidi eventi storici e di luminose tradizioni artistiche, sono più studiate dagli stranieri che dagli autori italiani, e sopratutto rimangono neglette nei libri destinati, per l'indole ricreativa, a correre fra tutte le mani.
Quando io fossi dunque riuscita a iniziare, sia pure con penna incerta, un genere di letteratura regionale che il Carducci invocava e suggeriva come proficua e feconda, mi sentirei largamente compensata delle mie fatiche, in verità nè brevi, nè lievi.
C. T.