<dc:title> Il milione </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Marco Polo</dc:creator><dc:date>1912</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Polo - Il milione, Laterza, 1912.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Il_milione_(Laterza,1912)/XIII&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20230618073058</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Il_milione_(Laterza,1912)/XIII&oldid=-20230618073058
Il milione - XIII. Quivi divisa come messer Niccolò e messer Matteo e messer Marco si partirono dal Gran Cane Marco PoloPolo - Il milione, Laterza, 1912.djvu
Quivi divisa come messer Niccolò e messer Matteo e messer Marco si partirono dal Gran Cane.
Quando lo Gran Cane vidde che messer Niccolò e messer Matteo e messer Marco si doveano partire, egli gli fece chiamare a sé, e si fece loro dare due tavole d’oro; e comandò che fossono franchi per tutte sue terre, e fosse loro fatte tutte le spese, a loro e a tutta loro famiglia in tutte parti; e fece loro aparecchiare quattordici navi, le quali ciascuna avea quattro alberi, e molte andavano a dodici vele. Quando le navi furono aparecchiate, li baroni e la donna con questi tre latini ebbono preso commiato dal Gran Cane, e si misseno nelle navi co’ molta gente, e ’l Gran Cane diede loro le spese per due anni. E vennero navicando ben tre mesi, tanto che vennero all’isola di Iava, nella quale hae molte cose maravigliose, che noi conteremo in questo libro. E quando egliono fûro venuti, quegli trovarono che Arcon (Argon) era morto, cioè colui a cui andava questa donna.1 E dicovi senza fallo ch’entro le navi avea bene sette (sei) cento persone, sanza gli marinai, de’ quali non ne campò piú che diciotto: e trovarono che la signoria d’Arcon teneva Acatu (Chiacatu). Quando ebbono raccomandata la donna e fatta l’ambasciata ch’era loro imposta dal Gran Cane, presero commiato e missorsi alla via. E sappiate che Acatu donò agli tre latini, messagi del Gran Cane,2 quattro tavole d’oro. Era nell’una iscritto che questi tre latini fossero serviti e onorati e dato loro ciò che fosse bisogno in tutta sua terra. E cosí fu fatto, ché molte volte erano accompagnati da3 quattrocento cavalieri, e piue o meno, quando bisognava. Ancora vi dico che [p. 15modifica] per riverenza di questi tre messagi, che il Gran Cane si fidava di loro, che gli affidò loro la reina Caciese (Cocacin), figliuola del re de’ Mangi, che la dovessoro menare ad Arco, al signore di tutto il Levante. E cosí fu fatto. E queste reine li tenevano per lor padri, e cosí gli ubbidivano. E quando questi partirono per tornare in lor paesi, queste reine piansono di gran dolore. Sappiate, che poi si grande reine furo fidate a costoro di menare al loro signore si a lunga parte, ch’egliono erano bene amati e tenuti in gran capitale. Partiti i tre messagi da Acatu, si se ne vennero a Tripisonde, e poi a Costantinopoli, e poi a Negroponte, e poi a Vinegia; e questo fu negli anni milleduecento novantacínque. Or v’ho contato il prologo del libro di messer Marco Polo, che comincia qui a divisare delle Provincie e paesi ov’egli fu.
Note
↑Pad.* sí che la fu dada a (Casan) figliuolo (di Argon).
↑Mgb. quattro tavole d’oro..., le due di gerfalchi, la terza di lioni, la quarta (era piana) (Fr. qe disoient en lor letre) che...
↑Pad. duxento omeni a cavallo, e plui e meno, (segondo) che i aveva de bexogno, per darghe scorta de tera in tera. E bisognava spesse volte, perché i trovano molti luoghi de pericolo, perché la ria zente feva plui seguramente mal, perchè Acatu non era segnor naturale (Fr. lige).