Il materialismo storico e la sociologia generale/II

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I III


Non si può dire di conoscere profondamente un aggregato se non lo si è ridotto nei suoi elementi ultimi o relativamente ultimi. Questo compito era difficilissimo per la Biologia, onde a principio le discipline biologiche furono costrette a considerare ciascun tessuto come un complesso indiviso, e direi, quasi in blocco; e un lungo sviluppo della scienza fu necessario perché si potesse concepire ogni struttura biologica come risultante in origine da unità più o meno trasformate (cellule), composte alla lor volta da unità ancor più elementari e relativamente ultime (molecole viventi). Ma nel campo della società era evidente sin da principio che ogni struttura risulta da quelle unità visibili e palpabili, che sono gli uomini, ed ogni fenomeno sociale risulta dagli atti combinati di queste unità. E la Psicologia elementare c’insegna che tutti gli atti umani, se ne togli quelli involontari e incoscienti o riflessi (che non danno origine a fenomeni sociali) hanno per loro causa o almeno per loro antecedente invariabili appetiti, desideri, bisogni. Che importa se nella totalità dell’aggregato, il risultato ultimo e sociale dei singoli atti è sempre o spesso qualcosa che gl’individui non si erano proposti di conseguire? Ciò s’intende bene. Ma questa verità troppo evidente non distrugge menomamente anzi contiene già l’altra, non meno evidente che l’individuo opera intanto e immediatamente per desideri e bisogni proprî. Sta dunque in questi desideri e bisogni proprî il primo logico e reale, da cui deve partire la spiegazione scientifica.

E che importa, inoltre, che alcuni bisogni sono individuali, cioè hanno principio e fine nell’individuo, ed altri sociali, cioè creati dalla convivenza e impossibili nella vita solitaria? Anche questi, una volta formatisi, sono nell’individuo ed operano in lui.

Ebbene chi esamini e classifichi i motivi e gli atti volontari dell’uomo, s’imbatterà ben presto, prima di esser riuscito a classificarli completamente, in alcuni desideri e bisogni, che non sono proprî esclusivamente nell’uomo, ma si trovano eziandio in altri esseri animati e sociali, e perciò si debbono ritenere come elementari relativamente a lui.

Tali sono nell’ordine dei bisogni e degli atti volontarî individuali, quelli della nutrizione, della riproduzione, della difesa, del gioco, della curiosità. Tal’è, nell’ordine dei bisogni e degli atti sociali, quello di convivere con altri esseri simili, che negli animali costituisce l’istinto sociale per eccellenza. E inoltre il bisogno di cooperare, così evidente in quegli animali che si cercano l’un l’altro prima di procedere ad una spedizione o ad un assalto. Tali son pure tutti quei bisogni ed atti, che han per risultato una regolazione della condotta, come il dominio e la subordinazione, l’imitazione, la regolazione attiva, cioè l’emissione volontaria di segni (gesti o suoni) fatta col desiderio che altri accorra, fugga, compia un determinato atto. Questi fenomeni non solo si riscontrano in animali inferiori all’uomo, ma talvolta — e propriamente quando un solo individuo o pochi nel branco vengono temuti, seguiti e imitati, ed emettono volontariamente i segni avvisatori — danno luogo ad un fatto sociale che i naturalisti non sanno indicare altrimenti che con l’espressione: direzione del branco. Tal’è ancora l’altruismo, in seguito ad eccitamento simpatetico od a speciali associazioni psichiche d’indole utilitaria; che naturalisti di tutti i tempi hanno constatato in molti animali socievoli.

Or se tutti questi desideri e bisogni elementari si trovano nell’uomo, dovranno avere i loro effetti su la condotta; i quali potranno essere modificati, magari elisi da motivi più complessi o superiori, non mai distrutti. È dunque indispensabile conoscerli scientificamente, cioè trovarne le leggi e i rapporti. In ogni scienza è necessario conoscere prima le forze e i fattori più semplici, che sono comuni anche ad altri ordini di fenomeni. Ma un tal compito acquista importanza suprema, non appena si consideri che l’esigenza rigorosa del metodo scientifico ci costringe a presumere che essi restino come elementi costitutivi anche nei bisogni e motivi più complessi o superiori; in altri termini, c’impone di dedurre — finché possiamo e salvo residui — questi da quelli, tenendo conto delle qualità umane e progressivamente delle circostanze della vita sociale umana. Ebbene, per trovare le leggi dei desideri e bisogni ed atti volontari (sieno dessi individuali o sociali) o almeno i loro rapporti, è, giocoforza studiare gli animali inferiori all’uomo, perché soltanto in essi quei desideri e bisogni ed atti volontari, si trovano in uno stato relativamente semplice, scevri da ogni superiore complicazione. La Psicologia generale in quanto studia, tra gli altri fatti psichici, i motivi individuali della condotta, e la Sociologia zoologica generale, che ha per oggetto i bisogni e gli atti e i fenomeni sociali degli animali che convivono, dovevano dunque fornire le premesse alla Sociologia generale umana. Noi abbiamo perciò cercato di colmare le lacune della Psicologia generale intorno ai rapporti tra i bisogni, e tra le attività individuali; ed alla sociologia zoologica generale, quasi vergine ancora tranne nella sua parte descrittiva1, abbiamo dedicato parte delle nostre indagini e delle nostre lezioni. Se non ci siamo ingannati, anche i bisogni e le attività degli animali conviventi o associati, ed i fenomeni sociali che ne risultano, sono legati ciascuno ai rimanenti da rapporti causali (condizionale e teleologico) e da rapporti non causali, ma definiti (diverso grado di urgenza, complessità, generalità, frequenza); onde formano una serie, i cui termini non si possono invertire2. La determinazione di questi rapporti e di questa serie ci ha spianato la via alla soluzione del primo e più fondamentale compito della Sociologia generale umana.


Note

  1. Vedasi la celebre opera dell’ESPINAS: Les Societés animales.
  2. Vedasi la mia Sociologia zoologica generale nella Rivista di Biologia generale.