Il giornalino di Gian Burrasca/15 dicembre

15 dicembre

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15 dicembre.


Sono stato a scuola: e rinunzio a dire quel che ho provato nell’andare, nello stare e nel tornare.

Scrivo in piedi perché... mi stanco meno.

Il motivo, dunque, delle busse avute ieri è da ricercarsi nella manìa che ha la Caterina di occuparsi sempre delle cose che non la riguardano invece di pensare alle sue faccende. E si sa, ormai, che in ultimo, chi ci va di mezzo son sempre io, anche se si tratta di antiche sciocchezze che a quest’ora dovrebbero essere dimenticate.

Iersera Caterina cercando non so che in un armadio, pescò un paio di calzoni miei da mezza stagione che non mi ero più messo da quest’autunno; e frugando nelle tasche trovò, involtato in un fazzoletto, un orologio d’oro da donna ridotto in bricioli.

Invece di lasciar la roba dove l’aveva trovata come le avrebbe dovuto suggerire la più elementare delicatezza, che cosa fece la Caterina? Andò subito dall’Ada, la quale andò dalla mamma e tanto chiacchierarono tutt’e due su questa faccenda che arrivò il babbo e volle sapere anche lui di che cosa si trattava.

E allora vennero tutti da me per le spiegazioni.

- Non è niente, - dissi io - è una cosa proprio da nulla. Non mette conto neanche di parlarne...

- Ma come! Un orologio d’oro...

- Sì, ma è inservibile.

- Sfido! È ridotto in mille bricioli.

- Appunto. Serviva per fare certi giochi tra noi ragazzi... ma è passato tanto tempo!

- Meno discorsi! - disse il babbo a un tratto - e sentiamo subito di che si tratta.

Mi è toccato naturalmente a raccontare tutta la storia del gioco di prestigio che feci tanto tempo fa con Fofo e con Marinella facendomi dare l’orologio della signora Olga che pestai nel mortaio e che sostituii poi con quello della mamma. Appena ebbi finito il mio racconto fa un diluvio di esclamazioni, di rimproveri, di minacce.

- Come! - gridava la mamma. - Ah! Ora capisco! Ora si spiega tutto! La signora Olga che è tanto distratta non si è mai accorta della sostituzione...

- Sicuro! proprio così! - urlava Ada. - E noi che abbiam creduto a un caso di cleptomanìa! E quel che è peggio lo abbiam fatto credere anche a suo marito! Che figura!..

- Ma tu, - ripigliava a gridare la mamma - tu, sciagurato, perché non dicesti niente?

E qui le aspettavo.

- Io anzi lo volevo dire! - risposi. - Mi ricordo benissimo che incominciai a dirvi che non era per niente un caso di cleptomanìa, e allora saltaste su tutte a gridare che io in queste cose non dovevo metter bocca, che i ragazzi non devono impicciarsi di quel che dicono i grandi, che non posson capire l’importanza delle cose... e via dicendo. Io stetti zitto per obbedienza.

- E la nostra ampolliera d’argento che ritrovammo poi in casa della signora Olga?

- E i miei fazzoletti ricamati?

- Anche questa roba la portai io in casa della signora Olga per divertirmi.

A questo punto s’è avanzato verso di me il babbo, spalancando gli occhi ed esclamando con voce minacciosa:

- Ah tu ti diverti così? Ora ti farò vedere come mi diverto io!...

Ma io ho incominciato a girare intorno alla tavola, mentre dicevo le mie ragioni:

- Ma è colpa mia se loro s’eran messe in testa l’affare della cleptomanìa?

- Brutto birbante, ora l’hai da pagar tutte!

- Ma pensa, babbo, - seguitavo io a dire piagnucolando - pensa che son cose passate... I fuochi li misi nella gola del camino quando prese marito la Luisa... L’affare dell’orologio è dell’ottobre... Capirei che tu mi avessi picchiato allora... Ma ora no, ecco, ora son cose passate, babbo, non me ne ricordo più... -

Qui il babbo riuscì ad acciuffarmi, e disse con accento feroce:

- Ora, invece, io te ne farò ricordare per un pezzo!

E infatti... mi ha lasciato molti segni nel taccuino!

È giusta? Se è giusta mi aspetto un giorno o l’altro d’esser picchiato per le bizze che facevo quando ero piccino di due anni!...