Il corsaro/Canto I/I
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I.
Di fosco-azzurro mar sui lieti flutti,
Come libere l’alme, illimitati
Così i pensier, ovunque onda spumeggi,
Ov’aura ne sospinga hanno l’impero,
Un soggiorno n’additano. Son questi5
Regni d’alta possanza, e regni nostri,
Ed il nostro vessillo all’aura sparso,
Scettro è cui ceder forza, a ognun che il vegga;
E fera sì, ma d’ogni evento paga,
Vita da pace, a guerra, a posa, a stento,10
Nostro è alternar — Oh chi può dir? non schiavo
Degli ozj tu, che l’egro spirto appena
Rattener puoi su l’oceàn fremente;
Non tu signor, cui fra lascivie, ed agi,
Sonno più non conforta, e non alletta15
Più gioja di piacer.... chi dir può mai,
Se lui non è che pei sonanti gorghi
Corse in trïonfo, l’ esultar del core,
Il più frequente battere dei polsi,
Che il peregrin di queste vie senz’orme20
Fa trepidar? Il non lontano istante
De la pugna egli invoca; ogni periglio
Cangia in diletto; avido quel più cerca,
Che più fugge il codardo, e se nell’imo
Dell’ansio petto, ridestar la speme25
Ei sente, e l’ alma a forti cose alzarse,
Laddove è sol altri verrìane manco.
Non di morte timor, s’anco il nemico
Pere con noi; morte profonda è quiete,
Più d’ogn’altra profonda; a noi non cale30
Che vegna, e quando; questa nostra intanto
Vita è di vita, ch’ir dee spenta un giorno;
E allor, che val, se per acciar pugnando,
O il fia da morbo? Giaccia in molli piume
Chi squallid’anni, e sua lenta ruina35
Può contemplar; ivi egli a stento esali
I languidi sospir; di lì sollevi
La testa paralitica; sostenta
Noi fresca zolla; ei sul suo letto inerte
Fra le angoscie, e gli aneliti sospinge40
Fuori lo spirto; un sol tremito, un balzo
Noi tragge dal penar. Orgoglïosa
Un urna chiude la sua spoglia; i marmi
Quei che in vita l’odiò ne inaura, e addita;
Noi breve sì, ma tenero pïanto45
Irròra allor che su la fredda salma
Coltrice, e tomba l’oceàn si stende.
Allor che più ferve il banchetto, e colma
Spuma e s’aggira la vermiglia tazza,
La storia è nosco degli estinti, e il duolo;50
E tra il ricco divider de le spoglie,
Sui contristati volti, in brevi note
Ricordanza di lor s’imprime, e, oh quanto,
Dice, or ne foran quei che cadder lieti!»