Il contratto sociale/Libro primo/III
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Cap. III
Del dritto del più forte.
Il più forte non è mai forte abbastanza per durar sempre padrone, se egli non trasforma la sua forza in diritto, e l’ubbidienza in dovere. Quindi il diritto del più forte, diritto preso ironicamente in apparenza, è realmente stabilito in principio. Ma non ci verrà mai spiegata questa parola? La forza è una potenza fisica, ed io non vedo quale moralità possa derivarne da’ suoi effetti. Il cedere alla forza è un atto di necessità, non di volontà, o tutt’al più è un atto di prudenza; ma come mai potrebbe essere un dovere?
Ammettiamo per un istante questo preteso diritto. Io dico che non ne risulta se non un guazzabuglio inesplicabile, imperciocchè dal momento che la forza costituisce il diritto, l’effetto si cambia nella causa: qualsiasi forza che prevalga la prima succede al suo diritto. Non sì tosto si possa disubbidire impunemente, lo si può legittimamente, e poichè il più forte ha sempre ragione, non si ha da far altro che di procacciarsi la maggior forza possibile. Ora che è mai un diritto che venga meno col cessare della forza? Se bisogna ubbidire per forza, non è più mestieri di ubbidire per dovere, e se non si è più costretti d’ubbidire, non ve ne ha più l’obbligo. Dal che apparisce chiaro, che questa parola di diritto non aggiugne punto alla forza, e qui non significa niente.
Ubbidite al potere. Se ciò vuol dire, cedete alla forza, il precetto è buono ma superfluo, ed io rispondo che non verrà mai violato. Confesso che ogni potere viene da Dio, ma da Dio è pur mandato ogni malore, e per questo non sarà lecito di chiamare il medico? Se un assassino mi sopravvenga in un bosco, per forza uopo è che gli dia la borsa; ma se per avventura io potessi sottrarmivi, sarei ancor io obbligato in coscienza di dargliela? La pistola alla fin fine nelle di lui mani è pure un potere.
Meco adunque si convenga che la forza non forma il diritto, e che non si è obbligati di ubbidire se non ai poteri legittimi. Così si ricade tuttavia nel mio primo quesito.