Il cavallarizzo/Libro 1/Capitolo 35


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Cap. 35. Del modo di scapezzar il poledro, & di domarlo.


IO vi ho detto di sopra, che per dui ò tre dì di debbia assuefar’il poledro à caminare appresso à qualche cavallo piacevole, per ridurvi à quello, che io vò dirvi hora; che di poi li tre dì detti, dev’esser menato (s’egli è di gran forza però & animo, che quanto non fosse non importarebbe tanta manifattura) in una maesa ben solcata & senza sassi; overo nell’arrena(se ve n’è copia) & tenendolo uno, che sappia fare cotale effetto, per quella corda lunga del capestro, havendo posto prima le corde del capezzone di corda, over di ferro, & accomodate come si deve al luogo proprio della bardella che è avanti all’arcion dinanzi; & un’altro con un lungo bacchettone molestandolo, & aviandolo à trottare, & galloppare intorno à quello che lo tiene; e tanto solecitarlo à far questo hora sull’una, hora sull’altra mano, dandoli volta per volta; quando sarà ben aviato delle scapezzate forti, & d’improviso con quella corda lunga che tiene in mano, che si stracchi, & straccato il poledro, deve salir à cavallo & secondo l’usanza de gl’altri giorni tirarselo appresso & accarezzarlo; & accostandosi ad un qualche luogo fatto à posta per questo, destramente si deve dal cozzone cavalcare. Dove se non volesse accostarsi, non si deve battere per niente ne sgridare, ma piacevolmente il suo curatore, ò altri lo deve con le man spingere ne i fianchi, ò nelle spalle; secondo che più dinanzi ò di dietro sarà il bisogno; & pian piano far che si accosti. Accostato & assicurato, destramente si deve cavalcare. Cavalcato, il cozzone attenda solo à star saldo à cavallo senza tener corde di capezzone in mano, come vogliono alcuni, li quali la prima volta vogliono che se ne servi; dove non pare che si consideri, che tenendosi à dette corde non pò essere che nel saltare che suol far il poledro nelle prime volte che si doma non facci peggio per sentirsi tirare, & premere d’improviso sul naso dal capezzone. Il che non aviene, se le corde saranno poste, e comandate nel luogo della bardella, ch’io vi ho detto; in tal modo però raccomandate, che subito bisognando, ò perche scapasse dalla presa, ò per altro, le possi havere libere; ma se pur le volesse tenere in mano, non le deve adoprare per due, ò tre volte in modo che il poledro ne senti molestia; ma si lascierà guidar solamente da quello che è sopra il cavallo, e mena il poledro alla presa. Et andarà hora di passo, hora di trotto un pezzo assicurandolo. Ne altro deve fare, se ben il poledro facesse mille pazzie: solo attenda à starci sopra ben saldo, & fermo. Et ritornato al suo luogo piacevolmente ne scavalchi; donandogli anco qualche cosetta saporita da mangiare nel luogo istesso. Dui avertimenti dono al cavalliero in questo; prima che averti chi bene in questo principio, che’l suo poledro sia domo, & guidato alla presa da persone [p. 45v modifica]accorte, & intendenti del mestiere, & non da famigliami come per lo più hoggidì s’usa, merce dell’avaritia, & poco intendimento; e l’altro sia che in questo mentre che non è assolato il poledro, si vadi di passo, e di trotto piacevole per il dritto, & non con molta furia, come molti cavalcatori, anzi piu tosto guasta cavalli hoggidì fanno, attendedo à volgerlo sempre largo; perche da questo i poledri ne diventaranno sempre più piacevoli giusti & volenterosi. Scavalcato il domatore, & fatto quello, che havemo detto, si rimetterà il poledro in stalla al suo governo.