Il buon cuore - Anno XIV, n. 09 - 27 febbraio 1915/Educazione ed Istruzione

Educazione ed Istruzione

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Il buon cuore - Anno XIV, n. 09 - 27 febbraio 1915 Religione

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I soprannomi dei popoli

Non soltanto gli individui, ma anche i popoli hanno avuto ed hanno dei soprannomi che vengono loro affibiati dai vicini. Anzi, come precisamente è avvenuto per i nomi degli individui, anche quelli rimasti ai popoli sono probabilmente in gran parte derivati dai nomignoli e epiteti con cui i loro vicini li designavdno. L’importanza che uno studio accurato in proposito avrebbe per la scienza tutta moderna della demopsicologia venne rilevata fino dal 1778 dal celebre numismatico fiorentino abate Domenico Sestini. Convintosi egli che le monete e le medaglie antiche ((correggono i libri svisati dalla barbarie, e recano alla storia quella certezza che venne alla fisica dagli esperimenti)) si appassionò tanto nello studio della numismatica e della sfragistica, che trascorse gran parte

della sua vita viaggiando continuamente per raccogliere medaglie e monete. Ma mentre vi sono tanti eruditi profondi nella scienza, poniamo.... degli obelischi, ovvero versatissimi nello studio dei numeri, e che ignorano del tutto il contenuto dell’opera di Dante, e non conoscono neppure un verso di Shakespeare e di Victor Hugo, il Sestini invece, ingegno veramente italiano, non cristallizzò la sua mente nella numismatica, ma nei suoi lunghi e molteplici viaggi usava guardarsi attorno per osservare, oltre alle monete antiche, anche la vita sociale dei suoi tempi. I molti volumi delle sue Lettere stampate a Livorno nel 1784 sono perciò assai ricchi di interessanti osservazioni di ogni genere; e tra le altre ve n’ha una relativa ai soprannomi, e che io, assiduo lettore di questi vecchi libri, a torto dimenticati perchè valgono spesso più assai dei modernissimi, sono ben lieto di aver ripescata. Il Sestini, dunque, colpito dall’uso, che egli dice allora generale, di sentire in ogni passo designare i popoli vicini coi più bizzarri soprannomi, in una sua lettera datata da Terapia sul Bosforo Tracio, 31 agosto 1778, scrive: «Se si potessero raccogliere tutte queste varie denominazioni, ci metteremmo in grado, anche col mezzo di simil frivolezza, di conoscere i pregi ed i difetti nazionali, e la diversa maniera di pensare di una nazione sopra l’altra; mentre non solo gli Orientali, ma gli Europei pure, hanno il costume di regalare tali soprannomi che non sempre sono male adattati, ma che anzi hanno quasi sempre la base loro fondata sulla verità.. (Lettere del signor abate Domenico Sestini. Torno VI. Lett. 12-a). Soprannomi tureheschi. A sostegno della sua affermazione il citato autore presenta un lungo elenco dei soprannomi con cui a Costantinopoli venivano citati ai suoi tempi gli individui delle altre nazioni, e così vediamo che i Serbi ed i Bulgari erano detti dai Turchi Haidud (ladri); i Bosniaci Potùr (assassini di strada); i Russi Kius (anima cattiva); i Tedeschi Gurur Kiafir (parlatori scellerati) «forse, nota il Sestini, dal sentir parlare quella nazione una lingua ingrata alle loro orecchie.» Gli Armeni erano chiamati hogh-gi (vuotaces [p. 66 modifica]si); sembra infatti che a quell’epoca gli Armeni rifugiati a Costantinopoli, poveri e miserabili, si adattassero, per vivere, a esercitare i più umili mestieri. Ai tempi nostri, invece, i più ricchi negozianti e banchieri di quella città sono armeni, e poiché dallo stato abbietto in cui si trovavano poco più di cento anni or sono, non possono essersi elevati che col risparmio, col lavoro e coll’ingegno, è da credere che l’ingiurioso soprannome notato dal Sestini, sia da gran tempo del tutto dimenticato. I Turchi adesso non sono ancora tra i popoli il più raffinato, e non ci possiamo quindi meravigliare se alla fine del secolo XVIII non erano molto delicati nello scegliere i soprannomi con cui designavano le altre nazioni. Questo ho voluto notare per avvertire le lettrici, non abbastanza femministe, a saltare il resto del presente paragrafo. Perché peggio degli Armeni erano trattati a Costantinopoli i Giorgiani, i quali, dice il nostro abate, erano chiamati Beitgì (schiacciapidocchi) «essendo questi popoli più provveduti e tromentati da questi insetti, e allorché sono a dormire, pigliandoli al buio e non potendoli ammazzare colle ugne, li schiacciano coi denti.» I Persiani erano chiamati Lesce-cicì (mangiatori di carogne) «per mangiare questi popoli la carne di cavalli morti». Gli Indiani Dileugì (accattoni) «perché vanno per Costantinopoli predicando e questuando» I Francesi erano detti Ainegì (scaltri, furbi); gli. Olandesi Peinirgì (mercanti di formaggio); gli Inglesi Sciokagì (fabbricanti di panni); i Polacchi Fodul (arroganti); ’gli Spagnuoli Tembel (infingardi, poltroni); i Veneziani Balik-gi (pescatori); e infine gli italiani in generale venivano gratificati del nomignolo di Fireng hezar rengh (ingannatori). «Insomma, conclude il buon abate, tutte le nazioni che non sono della religione loro maomettana, sono continuamente ingiuriate e disprezzate, e per tutte poi indistintamente usano il termine di Ghiaur, cioè, «infedele», titolo statomi dato più volte nell’andare di qua e di là per Costantinopoli, come pure sono stato più volte favorito con una cantilena che dice la canaglia turca quando vede un Franco, cioè Anaz, Anasitiu, Pesevenh, Ghiaur, Bokie, che per verità non fa un troppo bel sentire a chi intende il significato di simili parole, e che bisogna spesso spesso e replicatamente beversele come un uovo e sopportarle con pazienza.» Ognuno vede che se analoghe òsservazioni fossero state fatte in varie epoche nei principali paesi, avremmo anche a questo riguardo un materiale assai copioso di utile sussidio alle scienze storiche; ma poichè nessuno ha mai portato in questo campo le sue ricerche, non mi rimane, per rimpolpare il mio piccolo saggio, che presentarne qualche altro esempio alla rinfusa.

Soprannomi dei vari popoli. Col soprannome dispregiativo di Gabacho (uomo sudicio) gli Spagnuoli designavano una volta gli abitanti dei Pirenei; ma dopo la guerra napoleonica

in Ispagna estesero quel soprannome a tutti i Francesi in generale. (Nunez de Toboada. Dictionnaire Espagnol-Francais). Così pure chiamano Gringo gli Inglesi e cioè incomprensibili, che non si possono capire. Gli Svedesi chiamano generalmente i Danesi Jens, perchè è questo un nome proprio usitatissimo in Danimarca, e per la stessa ragione i Danesi chiamano Ole gli Svedesi. In Francia i Canadesi fra%cesi sono conosciuti col nomignolo di Jean-Baptiste, perchè questo santo è patrono del Canadà, e gl’Irlandesi vengono designati in Inghilterra col soprannome di Paddy, corruzione di Patrik (Patrizio) che è parimenti il nome del loro santo protettore. Tra questi soprannomi di popoli ve ne sono poi alcuni che non rimasero circoscritti nei confini di una nazione vicina, ma si sparsero ovunque. Così gli Inglesi sono universalmente conosciuti col nomignolo di John Bull (Giovanni il Toro), che esprime in certe qual modo l’ostinazione e la foga del loro carattere, del quale perciò gli stessi inglesi vanno orgogliosi precisamente come i vecchi Piemontesi si gloriavano del soprannome di Bougia-nen (non si muove, non vacilla, non piega). Dappertutto è notissimo il nomignolo di fratello Jonathan con cui gli Inglesi chiamano gli Americani degli Stati Uniti, e quello di Uncle sani con cui li si designano generalmente in Europa. Del primo non è difficile immaginare l’origine, data la comunanza della stirpe; riguardo al secondo, l’origine più probabile è questa: durante la guerra di secessione i soldati erano avvezzi ad accogliere con giubilo i carri delle provvigioni, che erano tutti marcati U. S., cioè Unitet States. I soldati, invece, li chiamano i carri dell’Uncle Sam, ossia dello zio Sam. L’Uncle Sam, sia detto di passata, è anche il titolo di una commedia di Sardou nella quale erano posti in vivace caricatura i costumi e le eccentricità americane. Quella commedia, che accese ardenti polemiche, fu ritirata dall’Autore in seguito al processo che gli intentò l’Assolant, dalla cui graziosa novella Butterfly sembra che Sardou avesse preso l’intreccio. Checchè ne sia quella commedia di Sardou ha contribuito a diffondere quel nomignolo di «Zio Sam.» Nell’opera di J. Grand Carteret: Les moeurs et la caricature en Allemagne, trovo che nel 1848 il popolo tedesco veniva designato col soprannome di Michele, ma l’autore non ne espone il motivo. Soprannomi di classi sociali. Talvolta in un paese anche le varie classi sociali che ne compongono la popolazione hanno speciali soprannomi. Per esempio, in Francia per indicare la borghesia presuntuosa e banale si usa il nomignolo di Joseph Prudhomme estendendo ad una parte grandissima della borghesia il tipo, splendidamente ri tratto da Enrico Monnier, dell’uomo tronfio della propria nullità e soddisfatto di sè. Questo tipo, che la collaborazione del pubblico la fantasia dei caricaturisti hanno tanto ingrandito guastato, nella cerchia primitiva assegnatagli dal [p. 67 modifica]citato autore era veramente artistica e sublime. Basta ricordare le frasi che il Monnier gli fa pronunciare nelle Mèmoires de Joseph Prudhomme: «Togliete l’uomo dalla società, voi l’isolate!» — «Signori, una madre non si può sostituire!» — «Il carro dello Stato naviga sopra un vulcano!» — e tante altre frasi di simii genere l’una non menò enfatica e meno stupida dell’altra. Famosissimo poi il discorso che nella commedia «Grandeur et dècadence de M. Joseph Prudhomme», il Monnier fa pronunciare al suo prota gonista quando diventa ufficiale della Guardia Nazionale: «Questa sciabola è il più bel giorno della mia vita! Io l’accetto, e se mai dovrò trovarmi alla testa delle vostre falangi, saprò servirmene per difendere le nostre istituzioni, e al bisogno per combatterle!» Anche in Italia un tipo creato da un commediografo, il Monsù Travet di Vittorio Bersezio, ha caratterizzato per molti anni, la numerosa classe degli impiegati governativi. Nello stesso modo i tipi immortali di don Abbondio e di Perpetua hanno prodotto i soprannomi con cui vengono e verranno designati, finchè duri il capolavoro del Manzoni, i parroci di campagna e le loro serve. Il notissimo nomignolo dispregiativo di Jacques Bonhomme con cui i Francesi designano il così detto basso popolo, non ha invece nessuna origine letteraria. Esso risale ai tempi di Carlo VI, re imbecille e matto, e si dava fin d’allora al popolo per derisione, volendo con esso significare la pazienza ingenua con cui si lasciava opprimere e taglieggiare dai baroni feudali. Quando un gentiluomo di provincia, imitando le pazze prodigalità dei signori della corte, aveva esaurite le proprie risorse, per rassicurare i creditori e sè stesso, aveva pronto il ritornello: «Jacques Bonhomme pagherà». Ma «il giorno venne» come esclama l’emistichio carducciano; venne cioè la Rivoluzione, Jacques Bonhomme non avrebbe dovuto pagare più! Viceversa seguita a pagare precisamente come Pantalone da noi. Donde s’impara,che le rivoluzioni possono distruggere ed abolire tutto fuorchè le imposte! Soprannomi di regioni e di città.

Più curiosi, a cagione delle svariatissime cause che li originarono, sono i soprannomi dati agli abitanti di una ristretta regione e anche di una città. Gli abitanti della Turenna, ove si allevano in grande copia tacchini, sono apostrofati coll’onomatopea del grido di questo volatile: Glou-Glou. Quelli di New Jersey, negli Stati Uniti, sono chiamati dagli altri americani, gli Spagnuoli, a cagione, nota Georges Bertin, a pag. 33 del suo libro Joseph Bonaparte en Amérique, a cagione delle liete e clamorose accoglienze che essi fecero all’ex Re di Spagna Giuseppe«, fratello di Napoleone. Gli Usurai di Metz è un soprannome che si riferisce ai numerosi ebrei dimoranti in Alsazia. Gli abitanti della Piccardia sembra avessero, almeno in altri tempi, un carattere focoso e impulsivo poichè ve nivano chiamati Teste calde. Quelli di Angers erano soprannominati Campanari perchè vi erano una volta nella loro città tanti conventi e tante chiese che vi si udiva sempre suono di campane. Quelli di Chauny erano detti Scimmie, perchè la compagnia di archibugieri di quella città aveva una scimmia dipinta nel suo stendardo. Il soprannome di Gobbi, dato in altri, tempi ai cittadini di Orlèans, viene scherzosamente spiegato dal La Fontaine, il quale scrisse che nella Beauce non vi sono montagne perchè la natura le ha messe invece sulla schiena dei suoi abitanti!