Il buon cuore - Anno X, n. 42 - 14 ottobre 1911/Beneficenza

Beneficenza

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Il buon cuore - Anno X, n. 42 - 14 ottobre 1911 Religione

[p. 329 modifica]Beneficenza


Che cosa si può fare per gli italiani?

È venuta sotto i nostri occhi una recente comunicazione del Rev. P. Devos, il fondatore e presidente della Società Cattolica di Colonizzazione negli Stati Uniti; comunicazione che crediamo opportuno rendere di pubblica ragione, perchè interessa in modo speciale i nostri italiani. A bene intendere però le parole del Devos bisogna premettere che, quando un anno fa questa Società stabilì di estendere la sua benefica azione agli emigrati di qualunque nazionalità, non mancarono quelli che fecero qualche opposizione per riguardo alla nazionalità italiana, credendo che questa non fosse tanto idonea e forse non desiderabile. Il Padre Devos fece un’accurata investigazione su questa materia e poscia dette per le stampe il suo parere. Noi non facciamo che tradurre l’articolo fedelmente:

«Fino alla metà del secolo passato la quota maggiore dell’emigrazione ci perveniva dal Nord dell’Europa. Questa gente andò a inselvarsi nelle immense solitudini del Nord-Ovest, dove riuscì a stabilire un impero di nuovi Stati. Oggigiorno la quota maggiore ci viene dal Sud dell’Europa e questi emigrati stanno costituendo e sviluppando i nostri Stati Meridionali. Le razze antiche e civili dei latini e degli slavi non saranno per noi di minor valore di quello che lo siano stato per il passato le forti razze dei teutoni e dei celti, purchè siano convenientemente dirette alle campagne e sotto la guida dei loro sacerdoti.

«Nel luglio del 1910, dietro invito del Vescovo Giovanni Battista Morris, la nostra Società si prese cura di investigare le condizioni degli Stati del Sud e principalmente dell’Arkansas per poter aver mezzo di concretare i suoi pareri sulla convenienza o no dello stabilire colonie in quello Stato, e prevedere il successo o meno di quelli che vi andrebbero. Facevano parte di detta Commissione anche il Rev. Vandenelsen ed il sig. J. M. Anderson, Commissario d’immigrazione pel Pacific. Arrivammo in Little Rock il 6 luglio e fummo accolti da una commissione della Camera di Commercio di Little Rock e di Helena. Restammo a conferire col Vescovo tutta la mattinata, studiando e divisando i mezzi migliori e più vantaggiosi per sistemare la colonizzazione in quello Stato. Il Vescovo prese vivo interesse alla discussione e stabilì subito un comitato diocesano di colonizzazione composto di uomini di ben conosciuto valore e devoti al bene pubblico. Ne affidò l’incarico ai Rev. M. Eaiiell di Lake Village, Dr. Horam di Fort Smith, P. Bandini di Tontitown, Gallagher di Mena e Hoyt di Clarksville. La Lega commerciale di Little Rock offerse un banchetto ai delegati, dove furono pronunziati i più entusiastici brindisi alla Società, che si proponeva di fare un tanto bene agli emigrati ed allo Stato; quindi i delegati furono condotti su parecchie automobili a visitare le città principalmente le campagne all’intorno.

«Ciò che sorprende maggiormente chiunque visiti per la prima volta lo Stato dell’Arkansas si è il vedere l’immensa quantità di terre, che vi si trovano quasi ancora allo stato vergine, fatta eccezione delle regioni basse del centro, dove viene coltivato il riso ed il cotone; otto parti dello Stato sembrano ancora ricoperte di bosco. Laggiù la terra è ancora a buon mercato, cioè dai 10 ai 25 dollari all’acre; ma naturalmente il terreno cresce di valore ogni giorno. A me sembrò che questa sarebbe la terra che ci vorrebbe per gli immigrati provvisti di mezzi molto limitati. Del lavoro se ne può assicurare nei dintorni, alle segherie, nelle miniere o nelle fabbriche se il colono se ne dia pensiero. E con le paghe che ricaverebbero da una parte e col lavoro della terra verrebbero pian piano a pagare un piccolo podere e rendersi indipendenti. In vero sembra assai strano il sentire da tanta gente narrare come in questi paesi meridionali hanno potuto pagare [p. 330 modifica]il loro podere semplicemente col raccolto ricavato dal medesimo, cose che raramente avvengono altrove.

«Volendo la Società precisare alcuni luoghi ed esaminarne le condizioni da ogni lato, per vedere se potevano raccomandarsi senza alcun pericolo, come idonee allo stabilimento di colonie di differenti nazionalità, io ero assai ansioso di vedere quello che si sarebbe potuto fare per gli italiani. Giacchè non mancavano alcuni che dubitavano assai se fosse o no prudente l’incaricarsi anche della colonizzazione degli italiani, pensando che sarebbe assai difficile l’indurre questo popolo a lavorare la campagna, e il farlo perseverare in quel lavoro fino a che avesse ottenuto un pieno successo. Mi premeva perciò di vedere di persona la colonia del padre Bandini, che è anche il vice presidente della nostra Società ed è conosciuto in tutta l’America come il fondatore di una colonia italiana, che prospera nelle montagne degli Ozark. Voleva dunque vedere che cosa si era fatto lassù, in quelle colline con un popolo che alcuni dicono che non è capace o che non vuole lavorare la terra. Io ho dunque trovato che quella colonia d’italiani può stare al paragone di qualunque altra colonia stabilita nell’America da qualsivoglia nazionalità.

«Accomiatatici dal Club Commerciale di Fort Smith, che ci fu tanto gentile e cortese durante la nostra permanenza in quella città, cominciammo a salire le colline degli Ozark e quelle principalmente che vengono dette Boston-range; e arrivati sulla sommità fummo sorpresi dalla vista d’un magnifico ed immenso altopiano, così pari come se fosse una prateria, interrotto qui e colà da piccoli pendii e frastagliato da serpeggianti rivoletti, che sembravano d’argento.

(Continua).

Per l’Asilo Convitto Luigi Vitali pei bambini ciechi


OBLAZIONI.

Signora Marianna Balestrini ved. Nicolini per la fiera a favore dei bambini ciechi |||
 L. 10 —

CASA DI RIPOSO PEI CIECHI VECCHI

OBLAZIONI.

Somma retro L. 7112 —

Signora Marianna Balestrini ved. Nicolini |||
   » 10 —


Totale L. 7122 —