Il buon cuore - Anno IX, n. 04 - 22 gennaio 1910/Religione

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Beneficenza Società Amici del bene

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Vangelo della domenica di Settuagesima


Testo del Vangelo.

Disse il Signore Gesù a’ suoi Discepoli questa parabola: È simile il regno de’ cieli a un padre di famiglia, il quale andò di gran mattino a fermare dei lavoratori per la sua vigna. Ed avendo contenuto coi lavoratori a un denaro per giorno, mandolli alla sua vigna. Ed essendo uscito fuora circa all’ora terza, ne vide degli altri che se ne stavano per la piazza senza far nulla, e disse loro: Andate anche voi nella vigna, darovvi quel che sarà di ragione. E quelli andarono. Uscì anche di bel nuovo circa l’ora sesta e la nona, e fece l’istessb. Circa l’undicesima poi uscì, e trovonne degli altri che stavano a sedere, e disse loro: perchè state qui tutto il giorno in ozio? Quelli risposero: Perchè nessuno ci ha presi a giornata. Ed egli disse loro: Andate anche voi nella mia vigna. Venuta la sera il padrone della vigna disse al suo fattore: Chiama i lavoratori, e paga ad essi la mercede, cominciando dagli ultimi sino ai primi. Venuti adunque quelli che eran andati circa l’undicesima ora, ricevettero un denaro per ciascheduno. Venuti poi anche i primi, si pensarono di ricever di più: ma ebbero anch’essi un denaro per uno. E ricevutolo mormoravano contro del padre di famiglia dicendo: Questi ultimi hanno lavorato un’ora, e gli hai uguagliati a noi, che abbiam portato il peso della giornata e del caldo. Ala egli rispose a un di loro e disse: Amico, io non ti fo ingiustizia: non hai tu convenuto meco a un denaro? Piglia il tuo vattene: io voglio dare anche a questo ultimo quanto a te. Non posso io dunque far quello che mi piace? Od è cattivo il tuo occhio, perché io son buono? Così saranno ultimi i primi, e primi gli ultimi: imperocchè molti sono i chiamati ma pochi gli eletti.

S. MATTEO, cap. 20.


Pensieri

Oggi abbiamo da meditare la parabola dei lavoratori che, chiamati al lavoro del padrone in ore diverse, ottengon poi tutti la stessa mercede, e se ne lamentano provocano la risposta del padrone: Voi vi lamentate perchè io son buono?

Tutte le nostre lamentele contro la Provvidenza, contro il governo del mondo, vengono appunto da ciò: che Dio è buono!

Se il mondo fosse retto secondo le leggi della giustizia noi, non avremmo a ridire: il mondo, invece, è retto secondo le leggi della bontà e per questo noi mormoriamo. Noi ci lamentiamo che Dio dia ad altri più che il merito loro richieda: ma chi può porre un limite alla bontà?

Del come dare con generosità non può esser giudice che il buono!

Come è stato ed è buono Dio con noi! Riandiamo il nostro passato; riflettiamo al presente... quante, quante grazie ci ha serate Iddio... e senza alcun merito nostro... oh, no! Anzi, la pienezza dei benefizi ricevuti aumenta ancora il sentimento della nostra indegnità, della ’nostra miseria!...

Non è vero che è così?

E se è così, perchè dimentichiamo questa nostra testimonianza interiore per osservare con occhio avido e cattivo il bene largito ad altri? Non sarebbe meglio godere e del bene nostro e di quello altrui e avvicinarci tutti, almeno con lo spirito, per cantare un umile inno di grazia al Signore?....

Se il mondo fosse retto secondo giustizia sarebbe un paradiso! Non è vero: nel mondo è necessaria la bontà. Se il padrone della parabola avesse largheggiato con tutti gli operai con una specie di proporzione ai loro lavori, non avrebbe più trovato modo d’arrestarsi....

Se avesse pagato tutti secondo il lavoro fatto e dato, dunque, un denaro ai primi e la decima parte di un denaro agli ultimi, si sarebbe verificato questo: gli ultimi che, come i primi, avevan fame per un denaro, non ricevendone che una decima parte, non avrebbero potuto saziarsi....

Saremmo noi giunti ove ora siamo se Dio ci avesse lesinato il suo aiuto secondo i nostri meriti?... Avremmo noi quel che abbiamo se i nostri parenti, se i nostro educatori ci avessero dato in proporzione dei nostri meriti e non, invece, secondo la legge di un amore così generoso e grande che aiuta a capire quello di Dio?...

Anzi, è Dio, stesso che è venuto a noi nelle persone dei nostri benefattori.... Oh, no, nel mondo è necessaria la bontà: la giustizia non basta!

Ma non basta che nel mondo ci sia la bontà, bisogna che questa bontà sia sapiente.

Osserviamo il padrone della parabola: egli non dà elemosina, ma lavoro.

La carità non consiste sole nel fare elemosina, e non è certo l’elemosina la carità di cui più si sente il bisogno ai giorni nostri.

I nostri fratelli poveri ci chiedon non pane, ma lavoro. Ci sarà sempre il posto nel mondo anche per l’elemosina, ma quanto è più sapiente ed umano non umiliare con essa chi può lavorare ed esplicare e svolgere nel lavoro la propria attività e trovare in esso sodisfazione!

Aiutiamo i nostri fratelli così, mostrando di sentire e di rispettare in essi quella stessa dignità umana che sentiamo e rispettiamo in noi. Questa è vera fratellanza!

Se si togliesse dal mondo la bontà per non lasciarvi che la giustizia si toglierebbe il meglio dal cuore umano.

Pensiamo che sarebbe se non si potesse più dir grazie a nessuno, mai!

Se ognuno non desse e non ricevesse che il dovuto, la riconoscenza scomparirebbe dal mondo. E la riconoscenza è il profumo della paternità, della figliolanza, dell’amicizia. E se si ha tanto bisogno di dirci grazie fra noi, pensiamo quanto è più necessario che noi si possa dir grazie a Dio!

Noi non• meritiamo nulla, anzi... tutto quello che abbiamo è per la bontà di Dio, per la bontà delle persone in cui vive lo spirito divino..., che gioia nel riconoscere il nostro debito, nell’esprimere la nostra riconoscenza!

Poter essere riconoscenti è una vera felicità!...

Un’ultima osservazione.

L’uomo tende al basso; se non vuole che giustizia non la raggiungerà; per averla deve desiderare molto di più, volere la bontà.

E Gesù ha portato la bontà nel mondo, egli che conosceva bene il cuore dell’uomo.

Tutto il Vangelo, si può dire, è qui; qui è la novità di Gesù.

Siamo buoni e saremo giusti e attueremo la grande idea della fratellanza, della carità umana.



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