Novella CXXV

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CXXIV CXXVI

Re Carlo Magno, credendo fare tornare alla fede... Giudeo, il detto... essendo a mensa con lui, lo riprende come egli non osserva la fede cristiana come si dee, onde il detto... testa rimane quasi conquiso.

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Re Carlo Magno fu re sopra tutti gli altri, che mai il mondo avesse, d’assai, e coraggioso molto, tanto che praticando di valorosi cristiani signori, costui, e lo re Artú, e Gottifredi di Buglione, sono di piú virtú tre reputati; e’ Pagani sono altri tre, Ettore, e Alessandro Magno, e Cesare; e tre judei, David, Josuè, e Juda Maccabeo. Tornando alla storia, avendo acquistato lo re Carlo Magno tutta la Spagna, gli venne per le mani uno Spagnuolo, o Judeo, o al tutto Pagano, il quale era uomo di molto sentimento e industria. Di che lo re, considerando la virtú dello Spagnuolo, s’ingegnò che tornasse alla fede cristiana, e venneli fatto.
Ed essendo una mattina a mangiar col detto re, stando ad alto a mensa, come usano li signori, uno poverello era là a basso, quasi in terra o su basso sedere a una povera mensa, e desinava. E questo era che sempre questo re, quando mangiava, dava mangiare a uno povero, o a piú, per simile forma, per ben dell’anima sua. Veggendo lo Spagnuolo questo povero mangiare in tal maniera, domandò il re chi colui era e quello che significava il mangiar suo per quel modo. E lo re rispose:
- Quello si è un povero di Cristo; e quella limosina che io fo a lui, fo a Cristo; però che, come tu sai, e’ n’ammaestra che, qualunche ora noi facciamo carità a uno di questi suoi minimi poverelli, noi la facciamo a lui.
Dice lo Spagnuolo:
- Monsignore, voletemi perdonar quello che io dirò?
- Di’ ciò che tu vuogli.
E quelli dice:
- Assai cose stolte ho trovato in questa vostra fede e questa mi par maggior che alcuna dell’altre. Però che se voi tenete per vera fede che quel poverello sia il vostro Signore Jesu Cristo, qual’è la ragione che voi gli date mangiar vilmente colà in terra e voi cosí onorevolmente mangiate quassú in alto? a me mi pare, secondo il dir vostro, che doverreste fare il contrario, cioè mangiare là voi, ed egli mangiasse qui nel luogo vostro.
Lo re veggendosi mordere per modo che male si potea difendere, allegò assai cose, ma non sí che lo Spagnuolo non rimanesse al di sopra di quello che avea detto, e dove credette il signore fare accostar costui alla fede, egli lo fece dilungare piú di cento miglia, e ritornò nella fede sua di prima. E non disse il vero questo Spagnuolo? che cristiani siàn noi, e che fé è la nostra? delle cose che non ci costano, largamente le diamo a Dio, come paternostri, avemarie e altre orazioni, darci delle mani nel petto, metterci canavacci in dosso e cacciarci le mosche dalle rene, andare alle processioni e alle chiese, stare devoti alle messe e simili cose, che non ci costano; ma se si darà mangiare al povero: dàgli un poco di broda, mettilo in un canto, come un cane; farassi una piatanza: votiamo la botte del vin cattivo, fassi macinare il grano intignato, e l’altre vivande, di quelle che non piacciono a noi, le diamo a Cristo.
Crediamo che sia struzzolo, che patisce il ferro. Chi avrà la figliuola guercia, sciancata, o contraffatta, dice: «Io la voglio dare a Dio»; la buona e la bella tien per sé. Chi ha il cattivo figliuolo, prega Iddio che ’l chiami a sé; chi l’ha buono, prega Dio che non lo chiami a sé, ma che li dia lunga vita. E cosí potrei contare migliaia di cose, che tutte le peggiori diamo a quel Signore che a noi ha donato e prestato ogni cosa. Sí che per certo la ragione dello Spagnuolo fu perfetta, perché nel mondo la ipocrisia ha sottoposto l’umana fede.