Il Trecentonovelle/CXII
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Essendo Salvestro Brunelleschi a ragionamento con certi, come l’avere a fare con le mogli era dannoso; e Franco Sacchetti dicendo che di ciò ingrassava; la moglie del detto Salvestro udendo ciò da una finestra, fa ciò ch’ella puote la notte perché ’l suo marito ingrassi.
Non è ancora dieci anni che Salvestro Brunelleschi, molto piacevolissimo uomo, diede cena a una brigata, tra la quale mi trovai io scrittore. E avendo il detto comperato una filza di salsiccioni per metterne su ogni tagliere uno lesso, avendogli fatti lessare, gli misse a freddare su una finestra. Quando la brigata fu a tavola, vennono su’ taglieri capponi lessi; dicendo Salvestro:
- Signori, io mi vi scuso che vi avevo a dar salsicciuoli che erano su una finestra a freddare; non ve gli ho trovati; non so se gatta o altri gli avesse tolti.
Dico io:
- Per certo serà stato uno nibbio che io vidi testè per aria con una filza che portava; e’ siano stati dessi.
E cosí fu; che per maggior prova piú di sei mesi continuò ogni dí a quell’ora venire verso la detta finestra, avvisandosi ogni dí fosse pola.
Ora avendo cenato, e usciti fuori, avendo il detto Salvestro una sua donna piacevolissima com’egli, ed era Friolana, stando quella sera alla finestra; e su una panca appiè della sua casa essendovi molti vicini, com’è d’usanza, ed eranvi de’ ben satolli, e io scrittore mi trovai tra quelli; vi si cominciò a ragionare dell’usar con le mogli, e la proposta fu: quanto l’uomo rimanea vinto per quella faccenda. Dice Salvestro:
- Quando io ho aúto a fare della donna, mi par essere nell’altro mondo, sí rimango vinto.
Dice un altro:
- A me comincia andare la cappellina in su l’occhio manco.
Dice un altro:
- A me intervien peggio, ché quando io mi voglio trovare con la donna mia, la cappellina si rimane sul capezzale.
Dice uno, che ha nome Cambio Arrighi; avea settant’anni:
- Io non so che voi vi dite; quando io sono stato una volta con la mia per quello affare, e’ mi par esser piú leggiero che una penna.
Dice Salvestro:
- Sta’ con lei due volte, e volerai.
Io udendo costoro, dico:
- Io ho gran vantaggio da voi, che l’usar con la donna mia mi tiene grasso e gagliardo; quanto piú uso con lei, piú ingrasso.
La donna Friolana ci era sopra capo a una finestra, com’ho detto, e ogni cosa notava. E uno maestro Conco, il quale era di barattiere divenuto pollaiuolo, e di pollaiuolo era diventato medico, che era vago delle femine come i fanciulli delle palmate, dice:
- O sciocchi, sciocchi, e’ non è piú inferma cosa a’ vostri corpi, e da cacciarvi piú tosto sotterra, che quello di che voi dite.
Venne la notte, e partí questo ragionamento, e ciascuno s’andò a casa. Salvestro andatosi a letto con la sua donna che ogni cosa aveva udita, la donna gli s’accosta allato e dice:
- Salvestro, ora m’avveggio perché tu se’ cosí magro; e ben veggio che Franco ha detto istasera il vero di quello che voi ragionavate.
Dice Salvestro: - Di che?
Dice quella:
- O tu ti mostri delle cento miglia; ciascuno degli altri dicea che l’usar con le loro mogli gli cacciava sotterra, e Franco disse che ne ingrassava; e però se tu se’ magro, egli è stato tuo difetto; io intendo che tu ingrassi -; e tanto fece, che convenne che Salvestro piú volte si sforzasse se potea ingrassare.
Venuta la mattina, e io mi stava su la panca da via, e Salvestro scendendo la scala, uscendo fuori, e io salutandolo gli do il buon dí. E quelli risponde:
- Cotesto non dich’io a te, ma piú tosto ho voglia di dire che Dio ti dia cento milia malanni.
E io dico:
- Perché?
E quelli dice:
- Come perché? tu stai la sera a dire che l’usare con la tua donna t’ingrassa, e la donna mia t’udí; ella mi giunse istanotte, dicendo: «Or veggio perché tu se’ magro; alla croce di Dio, e’ conviene che tu ingrassi»; e hammi fatto, per le tue parole, far quelle cose, che Dio sa come sono sofficiente a ciò.
Continuo era la donna alla finestra, e con grandissime risa dicea ch’ella intendea d’ingrassare Salvestro, com’era ingrassato io: «e quel maestro di firusica del Conco, che disse sí e sí, che Dio gli dia il malanno, che sta con la bottega piena d’orci invetriati e di torni da balestra, e tiravi su le gambe attratte, e’ andò pur l’altro dí a Peretola a tagliare uno gavocciolo tra la coscia e ’l corpo; gli trasse il granello, e morissene, che arso sia elli, com’egli è degno; sta a dire che noi cacciamo sotterra i mariti; e’ gli si vorrebbe ben fare quello che merita; lasci stare le mogli, con la mala ventura, ché egli non può parlare di quello che non prova; tanto s’intende di questo, quanto della medicina; ché bene è tristo chi alle mani gli viene». E poi voltasi verso me disse:
- E’ par bene che Franco conosca quanto il maestro Conco: e’ non vi fu niuno che dicesse il vero, altri ch’elli. E tu, Salvestro, ne potrai bene scoppiare, che giugni fuori e non lo saluti, per quello che disse; che converrà, o vuogli tu, o no, che io m’ingegni d’ingrassarti.
Or cosí, per le mie parole, fu condotto il detto Salvestro che spesse volte convenía che vegliasse, che volentieri averebbe dormito; e la donna lo studiava, e quanto piú lo studiava, piú dimagrava; tanto che la donna gli dicea spesse volte:
- Per certo, Salvestro, tu se’ di cattiva razza; quando io credo che tu ingrassi, e tu dimagheri; averesti tu la pipita?
- Gnaffe sí ch’io l’ho; ma né mica l’hai tu, tanto becchi volentieri.
Quando ebbono avuto in su questo un pezzo di piacere, ne feciono pace, e tornoronsi in sul dormire, e in sul russare, standosi pianamente, come la natura richiedea.