Il Trecentonovelle/CI
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Giovanni Apostolo sotto ombra di santa persona, entra in un romitoro, avendo a fare con tre romite, che piú non ve n’avea.
Fu a Todi, non è molto, uno che era chiamato Giovanni dell’Innamorato, ed era di questi che si chiamano Apostoli, che vanno con le fogge vestiti di bigio sanza levare mai gli occhi in alto; e ancora facea in Todi l’officio del barbiere.
Era costui molto usato d’andare di fuori in certi luoghi di Todi, e spesso passava da uno romitoro, dove erano tre giovene romite, che l’una era bellissima quanto potesse essere. E ’l detto Giovanni era spesse volte domandato:
- Perché hai tu per soprannome dello ’nnamorato?
E quelli rispondea:
- Perché sono innamorato della grazia di Jesu.
E quasi da tutti era tenuto un santo, e spezialmente da queste tre romite, le quali a lui erano molto devote.
E questo Giovanni dicea che era innamorato di Jesu, e molto segretamente era innamorato piú della bella romita. Andò questo Giovanni un dí fuori di Todi a una religione di monaci presso a tre miglia, e tornando la sera tardi per mal tempo freddo e nevicoso, giunse a quel romitorio a ora che in Todi non serebbe entrato, sí era sera, e ciò fece bene in prova. Giunto là, picchia la ruota.
- Domine, chi è?
Risponde:
- Sono il vostro Giovanni dello ’nnamorato.
- O che andate voi facendo a quest’otta?
E quelli dice:
- Io andai istamane alla tale badía, e sommi oggi stato con don Fortunato, e ora tornava a Todi, e l’ora tarda e ’l tempo reo m’hanno condotto qui, e non so che mi fare.
A questo romitoro non era presso né casa né tetto. Dicono le romite:
- Che fu a muovervi cosí tardi?
Dice l’Apostolo:
- E’ non è stato sole, li nuvoli m’hanno ingannato: poiché la cosa è qui, io vi priego che mi mettiate un poco costí dentro al coperto.
Dicono le romite:
- O non sapete voi che noi non ci mettiamo persona?
Dice l’Apostolo:
- E’ non s’intende per me, che sono quel che voi, dalla parte del Signore: e ancora il caso della notte, e del tempo che qui m’ha condotto, è cosa di necessità; e voi sapete che ’l nostro Signore ci comanda che noi aiutiamo quelli che sono in necessità.
Le donne, ch’erano vergini, dierono fede alle suo parole, e apersonli. Quando viene che, dette l’ore e mangiato un poco, si debbono andare a posare, dice Giovanni:
- Andatevi pure a dormire, io mi dormirò su questa panchetta.
Aveano queste un lettuccio solo, e dicono:
- Noi ci getteremo su queste casse, e tu ne va’ nel letto.
Brievemente, non volle; ma disse:
- Andatevi al letto, e io mi dormirò in qualche modo.
Costoro se n’andorono in questo letticciuolo; la bella si colicò da capo, e un’altra allatoli dalla proda lungo il muro, e da piede lungo il muro si colicò la terza. E stando un poco, dice una romita:
- Giovanni, e’ ci incresce di te, considerando il freddo che è.
Dice Giovanni:
- Io il sento bene, e ho ben paura che non mi dia qualche beccata, che io triemo tutto -; e piglia una lucerna che v’era accesa, e dice: - Io voglio andare qui in cucina, e accenderò un poco di fuoco -; e ito là, sul focolare non era fuoco.
Come ciò vide, s’immaginò: «S’io spengo la lucerna, fuoco non c’è piú, io verrò meglio ad effetto de’ fatti miei»; e spenta la lucerna, dice:
- Oimè, io volea accendere un poco di fuoco, ed egli è spento la lucerna.
- Come ci farai? - disse la piú bella romita.
Dice Giovanni:
- Poiché qui sono (e accostasi alla lettiera) io enterrò in questa proda qui da’ tuo’ piedi -; e tastando con le mani, s’abbatte a toccare il viso alla romita; e andando in giú, entrò in quella proda, e dice: - Perdonatemi, che meglio è fare cosí che morire.
Le romite stavano chete piú per vergogna che per altro, e forse alcuna dormía. Come Giovanni è nel letto, egli era piccolo, non potea fare non toccasse della bella romita, e prima i piedi, i quali erano morbidissimi. Dicea Giovanni:
- Benedetto sia Jesu Cristo, che sí belli piedi fece.
E dai piedi tocca le gambe:
- Benedetto sie tu, Jesu, che sí belle gambe creasti.
Va al ginocchio:
- Sempre sia lodato il Signore, che cosí bel ginocchio formò.
Tocca piú su le cosce:
- O benedetta sia la virtú divina, che sí nobil cosa generò.
Dice la romita:
- Giovanni, non andar piú su, ché c’è lo ’nferno.
Dice Giovanni:
- E io ho qui con meco il diavolo, che tutto il tempo della mia vita ho cercato di metterlo in inferno -; e accostasi a costei, mettendo il diavolo in inferno, come che con le mani un poco si contendesse.
E dicea:
- Che è questo, Giovanni, che tu fai? noi ci saremmo tutte confessate da te, e io spezialmente, e tu tieni cosí fatti modi.
Dice Giovanni:
- Credi tu che Jesu abbia fatta la tua bellezza perch’ella si perda? Non lo credere.
Quando Giovanni fu stato quello che volle, tornò alla sua proda. L’altre due romite, che forse aveano fatto vista di dormire, dice quella che è allato a Giovanni da lato del muro:
- O che trigenda è questa istanotte, Giovanni? In verità di Jesu, che tu ci fai poco onore, e non dovevi entrare nel letto nostro.
Dice Giovanni:
- O santa sie tu; che credi tu che io abbia fatto altro che bene? Io non ci ho detto parola che non abbia lodato il Salvadore. E poi, non pensare che alla vostra fragilità se non fosse aiutato, il demonio piglierebbe gran possa sopra di voi; e quello che io ho fatto appunto sta cosí -; e fassi verso costei, e comincia a’ piedi, come all’altra; e tutto, come avea fatto a lei, fece a costei.
Sentendo la terza il tramestio, ed essendo stata in ascolto, dice:
- In buona fé, Giovanni, se noi t’aprimmo, tu ce n’hai renduto buon merito.
Dice Giovanni:
- Sciocche che voi sete! credete voi che ciò che io ho fatto sia altro che bene? Credete voi che molte rinchiuse come voi non si disperassono, se alcuno mio pari spesse volte non desse loro di questi conforti? Voi sete giovani, e sete femine: credete voi che per questo ne diminuisca la gloria di Dio in voi? E voi sapete che con la sua bocca disse che noi provassimo ogni cosa, e quello che è buono tenessimo.
E questo è anco a’ miei pari utilissimo, però che, come io abbia questo abito, sono pur uomo, e spesso mi assaliscono gli amorosi desiderii; e a questi non è modo che s’attutassino mai, se non si domassono e’, come si domano, con voi. E io cosí ho fatto e farò quanto sia di vostro piacere, e non piú.
Dice questa romita:
- Voi dite che il nostro Signore dice che si vuole provare ogni cosa, e ’l buono ritenere, io non ho provato nulla, sí che io non so quello ch’io mi debba ritenere.
Dice Giovanni:
- Io lodo Dio, toccando li membri, e cominciando dal piede -; e accostasi a costei: - e quando io son qui allo ’nferno, e io v’attuto el mio diavolo entro -; e cosí fece, come all’altre, ed ella si stette, perché le some furono ragguagliate.
E Giovanni, fatta tutta la cerca, si ritornò al luogo suo là dove trovò i piedi piú morbidi; e riposatosi, e dormito un pezzo, ritornò alla bella romita a confortarla, e spegnere, il fuoco a lui, la quale non si contendea troppo. La mattina per tempissimo levandosi, disse:
- Suore mie, io vi ringrazio quanto posso della vostra carità, che ver me usaste ier sera, ad accettarmi in questa vostra casetta santa; quello Signore che mi ci condusse dia grazia e a voi e a me di salvare l’anime nostre, rendendovi quel merito che desiderate. A me pare essere già levato in alto verso Jesu parecchie braccia, essendo stato con la vostra santità. Se io ho a far per alcun tempo alcuna cosa, fate di me sicuramente come dovete.
Elle rispondono:
- Giovanni, noi ti preghiamo che ti sia raccomandato questo piccolo romitorio, e che esso vegni a vicitare come tua casa; va’ nella pace di Dio.
E cosí si partí, che parea, quando giunse a Todi, uno cappone vero.
E piú tempo continuò questa cosí fatta vicitazione, per forma che diventò, di fresco e colorito, quasi magrissimo e pallido, e andava onesto, che parea San Gherardo da Villamagna, essendo tenuto santo; e quando morí ogni uomo e femina gli andava a baciar la mano, dicendo che facea miracoli.
Or guardate quanto è nascosa la ipocrisia del mondo, che colui ch’era della condizione di sopra scritta si fece piú tosto santo nella sua fine. O quanti ne sono tenuti santi e beati, che le loro anime non vi sono presso per la ipocrisia che sempre regnò; e troppo è difficile a poter cognoscere il cuore, o gli segreti dentro dell’uomo.