Novella CCLVIII

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CCLV

Ser Francesco dal Poggio a Vico vuole mandare pippioni a vendere; la mattina truova essere morto l’asino, che gli dovea portare, da un lupo; e ’l lupo è poi morto.

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Se al signore, di cui abbiamo detto nella precedente novella, fosse incontrato, dell’avere robato quello mercatante, come incontrò a un lupo di quello che rapí in questa novella, molto bene gli stava. Fu già ne’ dí miei un notaio in Valdisieve, contado fiorentino, il quale era chiamato ser Francesco dal Poggio a Vico.
Avea costui una bellissima e grande colombaia, e avendone tratti gran quantità di pippioni, una domenica del mese di luglio disse e ordinò col fante suo che ’l lunedí mattina all’alba si dovesse levare e sellare l’asino, e andare per lo fresco a Firenze a vendere i detti pippioni. Il fante disse di cosí fare; e andatosi la sera al letto, acconciato l’asino e datagli la biada, quando fu un pezzo fra notte, un lupo passando ebbe sentore di questo asino; e guardato una finestra aperta e non ferrata, alta poco piú di tre braccia, s’avventò a quella e gittossi dentro. E ’l giugnere, e ’l dar di piglio all’asino, e morto, e pascersi di quella carnaccia per gran spazio di notte, fu tutt’uno.
Quando fu pieno quanto potea, cominciò a saltare verso la finestra dond’era entrato, e non vi giugnea a due braccia, però ch’egli avea pieno il ventre, e delle busecchie avea fatte salsicce d’asino; sí che la cosa, se all’entrare era stata leggiera, all’uscire non v’era modo, tant’era gravissima. E cosí riprovandosi il lupo tutta notte di uscirne, e non potendo, giunse l’alba, quando il fante si dovea levare, e chiamandolo ser Francesco, il fante si levò; e non avendo lume, andando nella stalla per sellare l’asino, pigliando la sella, credendola mettere all’asino la volea porre in sul lupo. Il lupo, come è di loro usanza, mai non istette fermo. Di che il fante cominciò a gridare:
- Istà, che sie mort’a ghiado! - e seguendolo gran pezzo, per metterli la sella, credendo quello essere lo asino il lupo continuo avvolgendosi, il fante continuo gridando: - Tru, te, istà, che ti scortichi!
E ser Francesco, destandosi al romore, dice:
- O verra’ ne mai a capo, doloroso? lasciati pur còrre al dí.
Il fante risponde:
- Come diavolo! ché mi levai ben un’ora, e per cosa che sia non posso mettere la sella a questo asino!
Ser Francesco, che non volea ch’e’ pippioni soprastessino, subito si lieva, e toglie un lume e va alla stalla, dicendo:
- Quest’asino non suole mai fare questo -; e giugnendo nella stalla, percosse nell’asino morto con le gambe, in forma che quasi fu caduto; e dice al fante: - Fatti qui: ov’è l’asino?
E ’l fante risponde:
- Andò testè in quel canto -; e chinando il lume, vede l’asino morto e sbudellato; e alzando il lume, vede il lupo là ricantucciato.
- Alle guagnele! - dice ser Francesco, - noi abbiamo poco ben fatto; l’asino è qui morto, e costà è il lupo, che l’ha devorato: serra la finestra...