Il Tesoro (Latini)/Illustrazioni al Libro I/Capitolo XVII

Illustrazioni al Libro I - Capitolo XVII

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Brunetto Latini - Il Tesoro (XIII secolo)
Traduzione dalla lingua d'oïl di Bono Giamboni (XIII secolo)
Illustrazioni al Libro I - Capitolo XVII
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Capitolo XVII.


Qui, e meglio ne’ capitoli che seguono, Brunetto riconosce quella che Cicerone chiamò legge eterna, [p. 186 modifica]immutabile, giusta in sè medesima, e secondo la quale si giudica la giustizia delle leggi umane. Comechè secondo le imperfette ed erronee notizie storiche del suo tempo, il maestro qui nota le fasi principali della legislazione romana; Romolo, Numa, le dodici tavole, Costantino, Giustiniano. Confessa il bisogno di mutare le leggi secondo il mutare dei tempi, ed ammette implicitamente il progresso.

Il discepolo di Brunetto, in questa materia superò il maestro nel canto VI del Paradiso, dove fa parlare colui che dice di sè:

Cesare fui, e son Giustiniano,
     Che, per voler del primo Amor ch’io sento,
     D’entro alle leggi trassi il troppo e il vano.


Ancora sul Capitolo XVII.


A meglio provare che L’ebbe fatto di questo capitolo si deve leggere È beffato, conforme al t Deceu, ecco un brano del Tesoretto nel quale è ripetuta la medesima sentenza:

Di questo grave pondo
     Son gli uomini gravati,
E venuti in peccati,
     Perchè ’l serpente antico.
Che è nostro nemico
     Sedusse a rea manera
Quella prima mogliera

                                        (Capitolo VI).