Il Manifesto del Partito Comunista/III/3
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Traduzione dal tedesco di Pietro Gori (1891)
Socialismo e comunismo critico-utopista
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Noi non trattiamo qui della letteratura che, in tutte le grandi rivoluzioni moderne, formola le rivendicazioni del proletariato (gli scritti di Baboeuf, ecc.)
I primi tentativi del proletariato eseguiti durante un periodo di effervescenza generale, durante il periodo del rovesciamento della società feudale, per fare immediatamente prevalere i suoi interessi di classe, dovevano necessariamente fallire prima, a causa dello stato embrionale del proletariato stesso, in seguito per l’assenza delle condizioni materiali della sua emancipazione le quali non si sono prodotte che per l’èra borghese. La letteratura rivoluzionaria di questi primi movimenti del proletariato, nasconde necessariamente un fondo reazionario. Essa preconizza un ascetismo generale ed un grossolano egualitarismo.
I sistemi socialisti e comunisti propriamente detti, i sistemi di Saint Simon, di Fourier, di Owen, ecc., fanno la loro comparsa nel primo periodo della lotta tra proletariato e borghesia, periodo descritto poco fa – (V. Borghesia e Proletariato.)
Gl’inventori di questi sistemi si rendono ben conto dell’antagonismo di classe, come pure dell’azione degli elementi dissolventi della società dominante stessa. Ma non vedono aucora dal lato del proletariato ne un’azione storica spontanea, ne un movimento politico che gli sia proprio.
Come lo sviluppo dell’antagonismo di classe cammina a fianco dello sviluppo dell’industria, essi non trovano neppure le condizioni materiali dell’emancipazione del proletariato, ma si mettono in cerca di una scienza sociale, di leggi sociali, allo scopo di creare queste condizioni.
Al posto dunque dell’azione sociale, sono costretti di mettere la loro attività cerebrale e personale; al posto delle condizioni storiche della emancipazione, delle condizioni fantastiche; al posto dell’organamento naturale e graduale del proletariato in classe, un organismo di società fabbricato interamente da essi medesimi. La futura storia del mondo si risolve per loro nella propaganda e nell’attuazione pratica dei loro piani di società.
Nei loro piani, tuttavia, essi hanno la coscienza di difendere, innanzi tutto, gl’interessi della classe operaia, perché essa è la classe più sofferente.
La classe operaia non esiste per essi che sotto l’aspetto di classe più sofferente.
Ma, come comportano la forma poco sviluppata della lotta di classe e la loro posizione sociale, essi si considerano bene al disopra d’ogni antagonismo di classe. Essi desiderano migliorare le condizioni materiali della vita per tutti i membri della società, anche dei più fortunati. Per conseguenza essi fanno appello alla società intera, senza distinzione, o piuttosto s’indirizzano di preferenza alla classe dominante. Poiché si tratta soltanto di comprendere il loro sistema per riconoscere subito, che è il migliore di tutti i piani possibili della migliore società possibile. Essi respingono dunque ogni azione politica e sopratutto qualunque azione rivoluzionaria; essi cercano di raggiungere il loro scopo con mezzi pacifici, e procurano di agevolare il cammino al nuovo evangelo sociale con la forza dell’esempio, con delle esperienze in piccolo, che necessariamente sono condannate all’insuccesso.
La pittura fantastica della società futura, in un periodo in cui il proletariato, poco sviluppato ancora, intravede la sua posizione d’una maniera fantastica, corrisponde alle prime aspirazioni profetiche ed indefinite degli operai verso una completa trasformazione della società.
Ma gli scritti socialisti e comunisti racchiudono essi pure degli elementi di critica. Essi attaccano la società esistente alle sue basi. Essi fornirono per conseguenza, nei loro tempi, dei materiali di un grande valore per l’istruzione degli operai. Le loro proposte relative alla società futura, come la fusione della città e della campagna, l’abolizione della famiglia, del guadagno privato e del lavoro salariato; la proclamazione dell’armonia sociale, della trasformazione dello Stato in una semplice amministrazione della produzione; tutte queste proposte non fanno che esprimere la scomparsa dell’antagonismo di classe, antagonismo che incomincia soltanto a disegnarsi, ed i cui fattori di sistemi non conoscono ancora che la prima fase informe ed indeterminata. Così queste proposte non hanno ancora che un senso puramente utopistico.
L’importanza del socialismo e del comunismo critico-utopista è in ragione opposta dello sviluppo storico. A misura che la lotta di classe si accentua e prende una forma, questo fantastico disprezzo per la lotta, questa fanatica opposizione alla lotta, perdono qualunque valore pratico, qualunque giustificazione teorica. Ed è perciò che, se sotto diversi rapporti, i fondatori di questi sistemi erano dei rivoluzionari, le sètte formate dai loro discepoli sono sempre reazionarie; poiché questi discepoli si ostinano ad opporre i vecchi concetti dei padroni all’evoluzione storica del proletariato. Essi cercano dunque, in nome della logica, di rintuzzare la lotta di classe e di armonizzare gli antagonismi. Essi sognano sempre la realizzazione sperimentale delle loro utopie sociali, lo stabilimento di falansteri! isolati, la creazione di colonie all’interno, e la fondazione di piccole Icarie – edizione in dodicesimo della nuova Gerusalemme; – ma, per arrivare a costruire tutti questi castelli in aria, si vedono costretti di fare appello alla filantropia delle saccoccie e dei cuori borghesi.
Poco a poco essi cadono nella categoria dei socialisti reazionarii o conservatori dipinta poco fa, e non si distinguono più che per una pedanteria più sistematica, e per una fede superstiziosa nell’efficacia miracolosa della loro scienza sociale.
Essi si oppongono dunque con furore ad ogni movimento politico della classe operaia, che non può provenire che dalla sua perfetta mancanza di fede nel nuovo evangelo.
Gli Owenisti in Inghilterra, i Fourieristi in Francia reagiscono, là contro i Costituzionali, qui contro i Riformisti.