Il Circolo Pickwick/Capitolo 19

Dalla bell'alba non si vede il buon giorno

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Charles Dickens - Il circolo Pickwick (1836)
Traduzione dall'inglese di Federigo Verdinois (1904)
Dalla bell'alba non si vede il buon giorno
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Gli uccelli i quali, fortunatamente per la loro tranquillità di animo e pel conforto loro personale, vivevano nella beata ignoranza dei preparativi organizzati il primo di Settembre per esterminarli, salutarono quel giorno come uno dei più bei giorni di tutta la stagione. Più di una giovane pernice che se n’andava allegramente saltellando pei solchi, con tutta la civetteria della giovinezza, e più di una pernice attempata che volgeva alla leggerezza di quella gli occhietti rotondi con l’aria sprezzante di un uccello di senno e di esperienza, ignare egualmente del fato che loro incombeva, aspiravano tranquille e felici l’aria fresca del mattino. E nondimeno poche ore dopo i loro piccoli cadaveri erano distesi al suolo! Il fatto è che noi diventiamo troppo sentimentali: andiamo avanti.

Era in sostanza e per dirla alla buona una bella giornata, così bella da farvi dubitare che fossero già trascorsi i pochi mesi di una state inglese. Siepi, campi, alberi, colline, si offrivano all’occhio colla varietà stupenda del loro verde; qualche rara foglia caduta, qualche leggiera tinta di giallo che si confondeva coi colori vivi della state, vi facevano accorti della presenza dell’autunno. Il cielo era limpido; il sole s’incoronava di tutti i suoi raggi; l’aria suonava tutta, delle canzoni degli uccelli e del ronzio degli insetti; e i giardini smaltati di ogni sorta di fiori brillavano sotto la spruzzata rugiada come aiuole di gioielli scintillanti. Ogni cosa portava l’impronta dell’estate, e non uno dei suoi mille colori era impallidito.

In un così bel mattino, una carrozza aperta, che conteneva tre Pickwickiani (avendo preferito il signor Snodgrass di starsene a casa), il signor Wardle e il signor Trundle, con Sam Weller seduto in serpe accanto al cocchiere, si fermò ad un cancello sulla via maestra, davanti al quale stavano ad aspettarla un guardacaccia alto ed ossuto ed un ragazzo con le gambe coperte di cuoio, l’uno e l’altro forniti di una carniera molto capace ed accompagnati da una muta di cani di punta.

— Dico eh? — bisbigliò a Wardle il signor Winkle mentre il guardacaccia apriva lo sportello, — non si figurano mica che ammazzeremo tanta selvaggina da empirne quelle loro carniere.

— Empirle! — esclamò il vecchio Wardle. — Ma sì, benedetto voi! Voi ne empirete una ed io l’altra; e quando le avremo empite, le tasche delle nostre cacciatore ne conterranno altrettanto.

Il signor Winkle smontò di carrozza senza risponder verbo a questa osservazione; ma ebbe a pensare dentro di sè, che se la brigata rimaneva all’aria aperta fino a che egli avesse riempito una delle carniere, correvano tutti gran rischio di pigliare una buona infreddatura di testa.

— Qua, Giunone, qua, cucciolina mia! Giù, Dafne, giù! — disse Wardle, accarezzando i cani, — Sir Geoffrey è sempre in Iscozia, Martino?

Il guardacaccia rispose affermativamente, e guardò con una certa sorpresa al signor Winkle, che portava il fucile come se volesse che la tasca della cacciatora gli risparmiasse il fastidio di tirare il grilletto, al signor Tupman che teneva il suo quasi ne avesse una paura del diavolo, — come non c’è ragione al mondo di dubitare che realmente l’avesse.

— Gli amici qua, — disse Wardle accorgendosi di quell’occhiata, — non sono ancora molto pratici di questa sorta di cose. Fare ed imparare, sapete. Prima o dopo ne faremo dei cacciatori eccellenti. Chiedo scusa però all’amico Winkle, che non è proprio un novizio.

Il signor Winkle rispose al complimento sorridendo debolmente di sopra alla sua cravatta turchina, e s’imbrogliò così misteriosamente col suo fucile, nella sua modesta confusione, che se il fucile fosse stato carico, ei si sarebbe senza meno ammazzato sul posto.

— Se seguitate a tenere il fucile a cotesto modo quando sarà carico, — disse il lungo guardacaccia in tono burbero, — voglio essere dannato se non fate della carne rifredda con qualcuno di noi.

Il signor Winkle, così ammonito, cambiò bruscamente la sua posizione, e portò la canna del fucile in contatto immediato col capo del signor Weller.

— Ohe! — esclamò Sam, raccattando il cappello e strofinandosi la tempia. — Ohe signore! se ci date dentro a cotesto modo empirete con una sola schioppettata una delle sacche e qualche altra cosa per giunta.

Il ragazzo dalle gambe di cuoio si lasciò scappare una risata e poi subito si fece serio per far credere ch’era stato un altro; al che il signor Winkle corrugò maestosamente la fronte.

— Dove avete detto al ragazzo di farsi trovare con la colazione? — domandò Wardle al guardacaccia.

— Sulla costa del quercione, a mezzogiorno preciso.

— Non è mica sulla terra di sir Geoffrey?

— Signor no, proprio accanto. È terra del capitano Boldwig; ma non verrà nessuno a disturbarci, e c’è un bel pezzo di erba ch’è un incanto.

— Benissimo, — disse il vecchio Wardle. — Ed ora più presto si va, tanto meglio. Sicchè, Pickwick, ci raggiungerete a mezzogiorno?

Il signor Pickwick aveva una gran voglia di assistere alla caccia, ansioso anche per la vita e l’integrità corporale dell’amico Winkle. Di più la giornata era splendida, e il voltar le spalle e lasciar gli amici diveniva un vero supplizio di Tantalo. Rispose dunque con aria molto contrita:

— Non credo che si possa fare altrimenti.

— È tiratore il signore? — dimandò a Wardle il guardacaccia.

— No, — rispose Wardle, — ed è anche zoppo d’un piede.

— Avrei tanto caro di venir con voi, — disse il signor Pickwick.

Vi fu una breve pausa di commiserazione.

— C’è un biroccino dietro la siepe, — disse il ragazzo. — Se il servitore del signore ci si mette dietro a spingerlo, ei ci può venir a fianco, e noi gli faremmo scavalcar le palizzate e tutto il resto.

— Proprio quel che ci vuole, — disse Sam, che era parte interessata, visto che gli premeva assai prender parte alla caccia. — Proprio quel che ci vuole. Ben detto, mozzicone; lo piglio e lo porto qui in meno di niente.

Ma qui sorse una difficoltà. Il lungo guardacaccia risolutamente protestò contro l’introduzione, in una partita di caccia, di un signore in biroccino, come una flagrante violazione di ogni regola e precedente.

L’obbiezione era seria, ma non insuperabile. Il guardacaccia ammansito con un po’ di carezze e un po’ di unto, si sollevò, anche con due o tre scappellotti bene applicati al ragazzo inventivo che avea suggerito l’uso della macchina in questione. Il signor Pickwick vi fu messo dentro, e la brigata si mosse; Wardle e il guardacaccia aprendo la marcia, e il signor Pickwick nel biroccino spinto da Sam, formando la retroguardia.

— Ferma, Sam! — gridò il signor Pickwick, quando furono a metà della prima tenuta.

— Che c’è? — domandò Wardle, voltandosi indietro.

— Non voglio che questo biroccino vada avanti di un sol passo, — disse risolutamente il signor Pickwick, — se prima Winkle non porta in altro modo il suo fucile.

— Com’è che debbo portarlo? — esclamò lo sciagurato

— Portatelo con la bocca in giù, — rispose il signor Pickwick.

— Ma è così poco da cacciatore! — obbiettò Winkle

— Poco mi preme che sia o non sia da cacciatore, — rispose il signor Pickwick; — non voglio mica essere schioppettato in un biroccino, per amore delle apparenze.

— È certo che il signore metterà la carica in corpo a qualcuno, prima o dopo, — borbottò il guardacaccia.

— Bene, bene, io non ci tengo, — disse il povero Winkle, voltando il fucile col calcio in su, — ecco fatto.

— Tutto pel quieto vivere, — osservò il signor Weller; e si rimisero in cammino.

— Ferma! — gridò il signor Pickwick, dopo un altro breve tratto di via.

— Che altro c’è? — disse Wardle.

— Quello schioppo di Tupman non è mica sicuro; lo si vede, — disse il signor Pickwick.

— Eh? come? non è sicuro? — esclamò atterrito il signor Tupman.

— Come lo portate voi, no di certo, — rispose il signor Pickwick. — Mi duole assai far delle obbiezioni, ma io non andrò avanti se anche voi non lo portate come Winkle.

— Sarà meglio, signore, — osservò il guardacaccia, — se non volete scaricarlo nel panciotto vostro o in quello di un altro.

Il signor Tupman, con la più cortese sollecitudine, situò l’arme nella richiesta posizione, e la brigata tornò a muoversi, portando i due amici i fucili capovolti come due soldati ad un funerale.

Ad un tratto i cani si arrestarono, e i cacciatori avanzandosi cautamente, si fermarono anch’essi.

— Che hanno nelle gambe cotesti cani? — bisbigliò Winkle. — Come son curiosi!

— Zitto! — rispose Wardle a bassa voce. — Non vedete che puntano?

— Puntano! — disse il signor Winkle, guardandosi attorno come per scoprire qualche bel punto di vista, sul quale quelle bestie sagaci chiamassero l’attenzione. — Puntano! che cosa puntano?

— Tenete gli occhi aperti, — disse Wardle, senza badare alla domanda nell’eccitazione del momento. — A noi ora!

Si sentì un forte frullar di ali, che fece indietreggiare il signor Winkle come se il colpito fosse stato lui. Pun, pan! due schioppettate; e poi subito una nuvola di fumo che si andò avvolgendo e dileguando nell’aria.

— Dove sono? — gridò Winkle nella massima agitazione, volgendosi in tutte le direzioni. — Dove sono? Ditemi quando debbo far fuoco. Dove sono, dove sono?

— Dove sono! — esclamò Wardle, raccattando due uccelli che i cani gli avevano deposto ai piedi. — Dove sono! sono qui, perbacco.

— No, no; le altre, dico, le altre.

— Un pezzo in là oramai, — rispose Wardle ricaricando freddamente il suo schioppo.

— Ne troveremo forse un’altra nidiata fra cinque minuti, — disse il guardacaccia. — Se il signore incomincia a far fuoco da adesso, si troverà forse a tirare il colpo proprio nel punto che si levano dalla macchia!

— Ah, ah, ah! — fece il signor Weller, ridendo fragorosamente.

— Sam, — ammonì il signor Pickwick, mosso a pietà dalla confusione e dall’imbarazzo del suo seguace.

— Signore?

— Non ridete.

— Sissignore.

Così, a modo di compenso, il signor Weller si diè a far dei visacci di dietro al biroccino, ad esclusivo divertimento del ragazzo dalle gambe di cuoio, il quale scoppiò in una risata e si buscò due scappellotti sommarii dal guardacaccia, che avea bisogno d’un pretesto per voltarsi e nascondere la propria ilarità.

— Bravo giovanotto! — disse Wardle al signor Tupman; — questa volta, in tutti i modi, avete fatto fuoco.

— Oh sì, — rispose il signor Tupman ringalluzzito. — Ho lasciato andare il colpo.

— Benissimo. Coglierete qualche cosa quest’altra volta, se starete attento. È una cosa facilissima, non è vero?

— Sì, facilissima. Ma come rovina una spalla però! Poco è mancato che non m’abbia gettato a terra. Non avrei mai sospettato che delle armi così delicate dessero un calcio a questa maniera.

— Ah, — disse sorridendo il vecchio signore; — a poco a poco ci farete l’abitudine. Andiamo ora, tutto è all’ordine; niente di nuovo costà col biroccino?

— Niente, signore, — rispose il signor Weller.

— Avanti dunque.

— Tenetevi forte, signore, — disse Sam, sollevando le stanghe del biroccino.

— Va bene, va bene, — rispose il signor Pickwick; e andarono avanti con la maggiore speditezza possibile.

— Tenete indietro quel biroccino adesso, — gridò Wardle quando, fattolo passare di sopra a una palizzata in un’altra tenuta, ebbero rimesso a posto il signor Pickwick.

— Non ci vuol altro, signore, — rispose il signor Weller fermandosi.

— Ora, Winkle, — disse il vecchio signore, — seguitemi dolcemente, e fate fuoco a tempo questa volta.

— Non temete, — disse il signor Winkle. — Puntano?

— No, no; non ancora. Piano adesso, piano.

E seguitarono a camminar cautamente e si sarebbero avanzati nella massima tranquillità, se il signor Winkle, compiendo qualche intricata evoluzione col suo fucile, non avesse per accidente fatto fuoco, nel momento più critico, di sopra alla testa del ragazzo, proprio nel punto dove sarebbe stato il cervello del lungo guardacaccia, se questi si fosse trovato in quel posto.

— Perchè diamine avete fatto fuoco? — esclamò Wardle, mentre gli uccelli se ne volavano via allegramente.

— Non ho mai veduto uno schioppo simile in vita mia, — rispose il povero Winkle, guardando al cane, come se questo potesse servire a qualche cosa. — Spara da sè, senza che lo si tocchi.

— Spara da sé! — ripetette Wardle con una certa irritazione — Vorrei che ammazzasse qualcuno da sè; ecco quel che vorrei.

— Non dubitate, che lo farà, — osservò il guardacaccia con voce cupa e profetica.

— Che intendete dire con la vostra osservazione? — domandò il signor Winkle accigliandosi.

— Nulla, nulla, signore, — rispose il guardacaccia; — io non ho una famiglia di mio, signore; e la mamma di questo ragazzo qui avrà qualcosa di buono da sir Geoffrey se il ragazzo è ammazzato sulle sue terre. Ricaricate, signore, ricaricate.

— Toglietegli il fucile, — gridò il signor Pickwick dal biroccino, colpito d’orrore alle lugubri insinuazioni dell’uomo lungo. — Toglietegli il fucile, avete inteso, qualcuno?

Nessuno però si mosse per obbedire al comando; e il signor Winkle, dopo aver saettato un’occhiata ribelle al signor Pickwick, ricaricò il suo fucile e andò avanti col resto della brigata.

Noi dobbiamo constatare, appoggiati all’autorità del signor Pickwick, che col suo modo di procedere il signor Tupman ebbe a dimostrare molta più prudenza e decisione che non facesse il signor Winkle. Non è però da credere che questo scemi in minima parte la grande riputazione del signor Winkle nell’esercizio della caccia e in tutti gli altri che vi si riferiscono; perchè, come bellamente osserva il signor Pickwick, è accaduto sempre da tempo immemorabile che molti dei più bravi ed abili filosofi, che sono stati dei luminari di scienza in materia di teoria, si sian poi trovati affatto incapaci di tradurre la teoria in pratica.

Il processo del signor Tupman, come tante delle nostre più sublimi scoperte, era estremamente semplice. Con la prontezza e la penetrazione di un uomo di genio, egli aveva con un colpo d’occhio osservato che i due punti da raggiungere erano — primo, di scaricare il fucile senza far male a sè, e, secondo, di scaricarlo senza far male agli astanti; — epperò era chiaro che la miglior cosa da fare, dopo superata la difficoltà di non far fuoco a dirittura, era di serrar gli occhi e di sparare in aria.

In una occasione, dopo compiuto questo grande atto, il signor Tupman vide, aprendo gli occhi, una bella pernice nel punto stesso che gli cadeva ai piedi ferita. E già si disponeva a fame i suoi rallegramenti con Wardle, così bravo tiratore, quando il vecchio signore gli andò incontro e con tutta l’effusione gli strinse la mano.

— Tupman, — disse Wardle, — voi avete mirato specialmente a cotesto uccello?

— No, — rispose il signor Tupman, — no.

— Sì che ci avete mirato, — disse Wardle. — Io vi ho veduto, vi ho osservato quando avete sollevato la canna per prender la mira, ed io vi dico, caro Tupman, che il più bravo tiratore del mondo non avrebbe potuto far di meglio. Voi siete più esperto di quel che mi figuravo, Tupman; siete stato a caccia altra volta, questo è certo.

Invano il signor Tupman, con un sorriso di modesta confusione, protestò di non esserci mai stato. Quello stesso sorriso fu preso come una prova del contrario, e da quel giorno in poi la sua riputazione fu assicurata. Non è la sola riputazione acquistata con la stessa facilità, nè queste fortunate circostanze si limitano soltanto alla caccia delle pernici.

In questo mentre il signor Winkle si circondava tutto di fuoco, di rumore, di fumo, senza produrre nessun effetto materiale degno di essere registrato; un po’ mandava la sua carica all’aria, un po’ le faceva rasentare il terreno in modo da mettere in uno stato precario anzi che no la vita dei due cani. Considerata la sua come una caccia di fantasia, era certamente molto svariata e curiosa; ma, in somma, come esercizio di tiro con mira determinata non pareva che facesse molto buona prova. È un assioma stabilito che "ogni palla ha il suo indirizzo". Se lo stesso assioma è in egual misura applicabile ai pallini, quelli del signor Winkle dovevano essere dei disgraziati trovatelli, privi dei loro diritti naturali, gettati alla ventura nel mondo e senza direzione di sorta

— Ebbene, — disse Wardle accostandosi al biroccino e asciugandosi il sudore che gli rigava la faccia rossa ed allegra; — gran caldo, eh?

— Caldissimo, — rispose il signor Pickwick. — Il sole scotta terribilmente, anche per me. Non so come fate voi a sopportarlo.

— Ma, — rispose il vecchio signore, — si brucia un pochino, ecco. Son passate le dodici però. Vedete laggiù quella collina verde?

— Certamente.

— È il posto dove faremo colazione; e, perdincibacco, ecco il ragazzo con la canestra; puntuale come un orologio.

— Proprio, — disse il signor Pickwick rianimandosi. — Un bravo ragazzo quello lì. Gli darò uno scellino. Orsù, Sam, animo, spingete.

— Tenetevi forte, signore, — disse il signor Weller, cui la prospettiva dei rinfreschi dava novello vigore. — Largo, largo, mozzicone di cuoio. Se niente niente vi preme la mia preziosa vita non mi fate ribaltare, come disse quel signore al vetturino, quando lo portavano alla forca.

E, mutando il passo in una rapida corsa, il signor Weller spinse il suo padrone su per la collina verde, lo fece smontare proprio accanto alla canestra, e si diè con la massima fretta ad aprirla e vuotarla.

— Pasticcio di vitella, — disse il signor Weller parlando da sè a sè e disponendo i commestibili sull’erba. — Eccellente il pasticcio di vitella, quando sapete la signora che l’ha fatto e siete sicuro che non è di gattino; e in tutti i modi, che c’è di male, quando rassomigliano tanto ai pasticci di vitella che nemmeno i pasticcieri si avvedono della differenza?

— No, Sam? — domandò il signor Pickwick.

— No, signore, — rispose il signor Weller toccandosi il cappello. — Una volta stavo di casa con un pasticciere, un uomo molto per bene, e anche bravo che non c’era il compagno; vi faceva pasticci da ogni sorta di cose. "Quanti gatti che ci avete, signor Brooks!" dico io, quando facemmo un po’ d’amicizia. "Ah" dice lui "non c’è male" dice. "Vi debbono piacere assai i gatti" dico io. "Anche agli altri piacciono" dice lui, facendomi l’occhietto; "però non sono di stagione in inverno, vedete" dice. "Non sono di stagione!" "No" dice lui "quando i frutti son giù, i gatti vanno a male". "Come, che volete dire?" dico io. "Che voglio dire?" dice lui. "Che non sarò mai della cricca dei macellai per far alzare il prezzo della carne" dice. "Signor Weller" dice poi stringendomi forte la mano e bisbigliandomi all’orecchio "fate conto ch’io non ve l’abbia detto, ma è il condimento che fa tutto. Tutti i pasticci son fatti con questi nobili animali" dice indicando un bel gattino rosso "ed io gli acconcio per bistecca, per vitella, per rognone, per tutto quel che si vuole, secondo la domanda; ed anzi" dice "posso mutare un pezzo di vitella in bistecca, o una bistecca in rognone, o l’uno e l’altro in montone, in meno di cinque minuti, secondo i prezzi che fa la piazza e secondo i gusti!"

— Doveva essere un giovane molto ingegnoso costui, — disse il signor Pickwick con un leggiero ribrezzo.

— Proprio, signore, — rispose il signor Weller, seguitando a vuotare la canestra, — e i pasticci suoi erano squisiti. Lingua; bravo, eccellente quando non è di donna. Pane, prosciutto, una vera pittura; rifreddo affettato, numero uno. Che c’è in cotesti orciuoli di creta, minuzzolo?

¾ Birra in questo, — rispose il ragazzo levandosi di spalla un paio di grosse bottiglie di creta, legate insieme da una stringa di cuoio, — e ponce freddo in quest’altra.

— Ed ecco una colazione da leccarsene le dita, guardata così a occhio e croce, — disse il signor Weller, contemplando tutto soddisfatto le disposizioni del pasto. — Adesso signori, caricate! come dissero gli Inglesi ai Francesi quando misero le baionette in canna.

Non ci voleva un secondo invito per indurre la brigata a comportarsi valorosamente, secondo i desideri del signor Weller; ed anche minore insistenza ci volle per persuader questo, il guardacaccia e i due ragazzi a sedersi sull’erba poco discosto ed a farsi onore sopra una discreta quantità di cibi. Un’antica quercia stendeva l’ombra dei suoi rami sull’allegro gruppo, e agli occhi loro si apriva un ricco paesaggio di prati verdeggianti, siepi fiorite, boschi incantevoli.

— È una scena deliziosa, assolutamente deliziosa! — esclamò il signor Pickwick, la cui faccia espressiva s’andava sbucciando sotto l’azione del sole.

— Così è, così è, amicone. Magnifica! — rispose Wardle. — Su, un bicchiere di ponce.

— Col massimo piacere, — disse il signor Pickwick; e la soddisfazione che gli si dipinse in volto, dopo aver bevuto, era una prova parlante della sincerità della risposta.

— Buono! — fece poi facendo schioccar la lingua. — Squisito. Ne prenderò un altro. Freddo, molto freddo. Orsù, amici — continuò il signor Pickwick tenendo sempre la mano sulla bottiglia, — un brindisi. Agli amici di Dingley Dell!

Il brindisi fu accolto con grandi acclamazioni.

— Vi dico ora quel che farò per rifarmi la mano al tiro dello schioppo, — disse il signor Winkle che mangiava pane e prosciutto con un coltello tascabile. — Metterò una pernice impagliata in cima ad un palo, e poi tirerò, incominciando a breve distanza e poi a poco a poco allontanandomi. È un esercizio eccellente.

— Conosco un signore io, — disse il signor Weller, — che faceva così ed incominciò a dieci passi di distanza; ma non vi si potette provare la seconda volta, perchè al primo colpo non si trovò più l’uccello e nessuno ne vide mai più una penna.

— Sam! — disse il signor Pickwick.

— Signore? — rispose il signor Weller.

— Fateci la finezza di serbare i vostri aneddoti fino a che non ne siete pregato.

— Certamente, signore.

E il signor Weller strizzò l’occhio che non era nascosto dalla brocca di birra che aveva abboccato, con una espressione così faceta, che i due ragazzi furono presi da convulsioni e perfino l’uomo lungo si degnò di sorridere.

— Ecco, in parola mia, del ponce freddo eccellente, — disse il signor Pickwick, guardando teneramente la bottiglia di creta; — e la giornata è caldissima, e... Tupman, mio caro amico, un bicchiere di ponce?

— Volentierissimo, — rispose il signor Tupman.

E bevuto che ebbe quel bicchiere, il signor Pickwick ne prese un altro, solo per vedere se v’era buccia d’arancio nel ponce, perchè la buccia d’arancio non gli faceva troppo bene; ed avendo trovato che non ce n’era, il signor Pickwick vuotò un altro bicchiere alla salute dell’amico Snodgrass assente; dopo di che non potette fare a meno di obbedire alla propria coscienza, che gli imponeva un altro brindisi in onore del fabbricante dell’anonimo ponce.

Questa successione non interrotta di bicchieri di ponce produsse sull’insigne uomo un notevole effetto. Gli raggiava la faccia della più aperta giocondità; sorridevano le labbra; gli scintillavano gli occhi del più schietto buon umore. Cedendo, a poco a poco, all’influenza combinata della bevanda e della caldura, egli manifestò un irresistibile desiderio di ricordarsi una canzone che avea inteso nella sua infanzia; ma furono vani i suoi sforzi. Volle allora stimolare la pigra memoria con un altro bicchiere di ponce, il quale sciaguratamente parve producesse su di lui un effetto assolutamente opposto; imperocchè, non solo gli fece dimenticare affatto la canzone, ma lo ridusse a non poter articolar più una parola. Tentò un tratto levarsi in piedi per arringare eloquentemente la brigata, ma ricadde nel biroccino e si addormentò sul colpo.

La canestra fu aggiustata e chiusa, ma si sperimentò essere impossibile scuotere dal greve torpore il signor Pickwick. Si ventilò se si dovesse ancora farlo spingere da Sam, o se non fosse meglio lasciarlo dove si trovava fino a che gli amici tornassero. Si adottò finalmente questo secondo partito, e siccome l’escursione non avrebbe pigliato loro più di un’ora e Sam faceva pressa per accompagnarli, si decisero ad abbandonare il signor Pickwick addormentato nel biroccino per poi riprenderlo al ritorno. La brigata adunque si allontanò, lasciando l’egregio filosofo a russare armoniosamente e pacificamente all’ombra protettrice dell’antica quercia.

Si potrebbe giurare senza paura di sbagliare che il signor Pickwick avrebbe seguitato a russare fino al ritorno dei suoi amici, o, se gli amici non fossero tornati, fino al prossimo levar del sole, se gli fosse stato concesso di rimanersene in pace nel fondo del suo biroccino; ma ciò non gli fu consentito ed eccone la ragione.

Il capitano Boldwig era un fiero omiciattolo in colletto nero e soprabito turchino, il quale quando si degnava di andar passeggiando nella sua tenuta, lo faceva sempre in compagnia di un randello ferrato e si tirava dietro un giardiniere e un sottogiardiniere; ai quali, timidi ed ossequiosi, il capitano Boldwig impartiva i suoi ordini con tutta la debita grandiosità e ferocia: imperocchè la sorella della moglie del capitano Boldwig avea sposato un marchese, e la casa del capitano era una villa; e il suo podere era una tenuta, e tutto in lui e nelle cose sue era pieno di altezza, di potenza e di magnitudine.

Non aveva il signor Pickwick dormito mezz’ora, quando il capitano Boldwig, seguito dai due giardinieri, si avanzò a grandi passi per quanto glielo consentivano la sua ampiezza e la lunghezza delle sue gambe; e quando fu presso alla quercia, il capitano Boldwig fece alto, e tirò il fiato grosso, e guardò tutt’intorno al paesaggio come se il paesaggio dovesse reputarsi fortunato di richiamare l’attenzione di lui; e poi diè un gran colpo in terra col suo bastone ferrato e chiamò alla sua presenza il giardiniere capo.

— Hunt! — gridò il capitano Boldwig.

— Sissignore, — rispose subito il giardiniere.

— Spianerete domani col cilindro questo pezzo di terra; avete inteso, Hunt?

— Sissignore.

— E ricordatemi di far mettere una scritta sulla bandita contro i cacciatori di passo e i dilettanti e altre cose così, per tener fuori la gentucola. Avete inteso, Hunt, avete inteso?

— Non lo dimenticherò, signore.

— Con vostra licenza, vostra signoria, — disse l’altro giardiniere, avanzandosi con la mano al cappello.

— Che c’è, Wilkins, che c’è? che avete? — domandò il capitano Boldwig.

— Con vostra licenza, vostra signoria, ma io credo che dei cacciatori di passo ci sieno stati oggi stesso.

— Ah! — esclamò il capitano Boldwig volgendo intorno una ferocissima occhiata.

— Sissignore, con vostra licenza, credo che ci abbiano anche mangiato.

— Mangiato! Per l’inferno, che è proprio così! — esclamò il capitano Boldwig accorgendosi delle croste di pane e dei residui della colazione sparsi per terra. — Hanno proprio adesso mangiato qui. Li vorrei ora qui questi vagabondi! — disse il capitano, brandendo il randello e digrignando i denti.

— Con vostra licenza, vostra signoria, — disse Wilkins, — ma...

— Ma che? Eh? — ruggì il capitano; e seguendo la timida occhiata di Wilkins, scorse il biroccino con dentro il signor Pickwick.

— Chi siete voi, furfante che siete? — gridò il capitano, somministrando varii colpi col suo randello su per il corpo del signor Pickwick. — Come vi chiamate?

— Ponce freddo, — borbottò il signor Pickwick, riaddormentandosi di botto

— Che? — domandò il capitano Boldwig.

Nessuna risposta.

— Come ha detto che si chiama? — domandò il capitano.

— Ponce, mi pare, vostra signoria, — rispose Wilkins.

— Impertinente, svergognato! — gridò il capitano Boldwig, fuori di sè dallo sdegno. — E fa le viste di dormire adesso. È un ubbriaco; un ubbriaco plebeo. Tiratelo via, Wilkins, via di qua all’istante.

— Dove volete che lo tiri, vostra signoria? ¾ domandò Wilkins con gran timidezza.

— Tiratelo al diavolo! — rispose il capitano

— Sissignore, vostra signoria.

— Un momento!

Wilkins si arrestò.

— Tiratelo, — disse il capitano, — tiratelo nella stalla; e vediamo poi se si chiama Ponce o come si chiama, quando sarà tornato in sè. Non si farà giuoco di me, no perdiana che non si farà giuoco di me! Tiratelo via.

In esecuzione di quest’ordine imperioso il signor Pickwick fu tirato via, e il gran capitano Boldwig, sbuffante d’indignazione, riprese maestosamente la sua passeggiata.

Non si potrebbe dire a parole qual fosse lo stupore della piccola brigata, quando, tornando sul posto, trovarono che il signor Pickwick era scomparso e s’avea tirato dietro il biroccino. Era il fatto più misterioso ed inesplicabile che si fosse mai udito che uno zoppo avesse ad un tratto ripreso l’uso delle sue gambe e si fosse allontanato, sarebbe già stata una cosa molto straordinaria; ma che questo medesimo zoppo avesse poi, per solo suo diletto, trascinato o spinto un pesante biroccino, era a dirittura miracoloso. Cercarono e frugarono in tutti gli angoli, in tutti i nascondigli, da soli e in compagnia; gridarono, fischiarono, risero, chiamarono, e sempre col medesimo effetto. Il signor Pickwick non si trovava; e dopo alcune ore d’infruttuose ricerche, dovettero di mala voglia conchiudere che bisognava tornarsene a casa senza di lui.

In questo mentre il signor Pickwick era stato spinto fin nella stalla, ed ivi depositato in salvo, addormentato come un ceppo nel biroccino, con soddisfazione e diletto incommensurabile, non solo di tutti i monelli del villaggio, ma di tre quarti della popolazione, che gli s’era raccolta attorno aspettando che si destasse. E se il loro più intenso buon umore era stato eccitato dal vederlo trascinato nel biroccino, quanto mai crebbe la loro gioia quando, dopo alcune grida indistinte di "Sam! Sam!", ei si rizzò a sedere e volse uno sguardo d’inesprimibile stupore alle facce che lo circondavano!

Un grido generale fu naturalmente il segnale del suo destarsi; e la sua involontaria domanda di "Che c’è?" provocò un altro grido d’acclamazione, più alto del primo, se mai è possibile.

— Ecco un bello spasso, — gridò il popolino.

— Dove sono? — esclamò il signor Pickwick.

— Nella stalla, — rispose la folla.

— Come son venuto qui? che facevo? di dove mi si è portato?

— Boldwig, il capitano Boldwig, — fu la sola risposta.

— Lasciatemi uscire, — gridò il signor Pickwick. — Dov’è il mio domestico? dove sono i miei amici?

— Non c’è amici, non c’è. Urrà!

Ed ecco volare una carota, e poi una patata, e poi un uovo, con qualche altro segno dell’amena disposizione dell’idra popolare.

Quanto sarebbe durata questa scena e fino a che punto l’avrebbe tollerata il signor Pickwick, non si potrebbe dire se una carrozza che veniva giù di corsa non si fosse di botto arrestata, dalla quale smontarono il vecchio Wardle e Sam Weller. E il primo, in men che non si possa scrivere, anzi leggere, si trovò a fianco del signor Pickwick e lo situò in carrozza, proprio nel punto che Sam poneva termine al terzo ed ultimo assalto di una singolar tenzone col bidello del Comune.

— Correte alla giustizia, — gridarono una dozzina di voci.

— Sì, sì, correte, — disse il signor Weller, balzando in serpe. — Tanti complimenti da parte mia, da parte del signor Weller, alla signora Giustizia, e ditele che ho un po’ sciupato il suo bidello, e che se mai ne mette su un altro, torno domani e glielo sciupo anche quello. Avanti, compare, frusta!

— Farò i passi opportuni per iniziare un’azione per detenzione abusiva contro il capitano Boldwig, non appena sarò a Londra, — disse il signor Pickwick quando la carrozza fu uscita di città.

— A quanto pare, eravamo in contravvenzione, — disse Wardle

— Cotesto non mi preme, — disse il signor Pickwick, — inizierò l’azione penale.

— No, non lo farete.

— Sì che lo farò, per...

Ma siccome nella faccia di Wardle si vedeva un’espressione umoristica anzi che no, il signor Pickwick si contenne e disse:

— Perchè non dovrei farlo?

— Perchè, — rispose Wardle, quasi scoppiando dal gran ridere, — perchè potrebbero rivolger la cosa contro qualcuno di noi e dire che avevamo un po’ troppo alzato il gomito col ponce.

Checchè facesse il signor Pickwick non seppe fare che un sorriso non gli rischiarasse la faccia; il sorriso a poco a poco si allargò in un riso, il riso in una risata, e la risata divenne generale. E così, per tener desto il loro buon umore, si fermarono alla prima osteria che incontrarono sulla strada e ordinarono tanti bicchieri di acquavite per quanti erano essi, con un bicchiere più grosso e di qualità più spiritosa pel signor Samuele Weller.