Favole (La Fontaine)/Libro ottavo/XXVII - Il Cacciatore e il Lupo

Libro ottavo

XXVII - Il Cacciatore e il Lupo

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Jean de La Fontaine - Favole (1669)
Traduzione dal francese di Emilio De Marchi (XIX secolo)
Libro ottavo

XXVII - Il Cacciatore e il Lupo
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Sacra fame dell’oro, avido mostro, che il ben di Dio con torvi occhi divori, fino a quando dovrò co’ miei flagelli, trista avarizia, a te levar le berze? Sordo sempre sarà l’uomo al consiglio del saggio e non dirà: Questo mi basta pel mio bisogno, allegri ora viviamo? Amico, guarda come il tempo vola, godi, o più tardi intonerò, ma indarno, quest’inno mio che val tutto un poema.

- Goder? Io voglio ben. - Quando? - Dimani. - Ah poveretto! e se ti coglie in via coll’irte unghie la morte? Or dunque godi e leggi, amico, quello che racconta del Cacciator la favola e del Lupo -.

Aveva un Cacciator stesa coll’arco una damma, quand’ecco un capriolo viene a passar. In compagnia sull’erba coll’altra bestia cadde moribondo. Bella preda, per Giove, un capriolo e una damma, da pagar non uno, ma dieci cacciatori! Il caso volle ch’uscisse anche un cinghial grosso e superbo, contro il quale inviò sì ben lo strale il Cacciator, che quasi terzo all’Orco lo sospinse. Tre volte alla feroce belva cercò di rompere la Parca colle forbici il fil, quando trafitto il feroce animal sul suol piombò. C’era d’andar contenti almen tre volte, a creder mio, del triplice bottino; ma tutto è poco a riempir la pancia dell’uom ghiottone, e così volle il cielo castigare costui. Mentr’ei s’appresta a finire la belva sanguinante, vista lontano svolazzar sull’erba una bella pernice, a lei la punta volse dell’arme, allor che strette in fascio il mal morto cinghial l’ultime forze, affronta il Cacciator, lo morde e lacera, e vendicato muor su morto corpo.

Questa per voi ghiottoni. Udite or voi, lerci avari, la vostra.

Un certo Lupo venne a passar, e visto il miserando spettacolo di morte: - O benedetta la Fortuna, - esclamò, - degna che un Lupo le innalzi un tempio. Quattro morti a un colpo! S’è visto mai di più? ma non bisogna abusarne, ché rara è la fortuna (dicon sempre gli avari) e faccio il conto d’averne almeno per un mese.

O belli, ed uno, e due, tre morti, quattro morti, son quattro settimane ben provviste, s’io so contar. Comincerò dimani, o meglio fra due giorni, e intanto all’arco rosicchierò la corda. Ell’è di nervo schietto, s’io posso giudicar col naso -. Così dicendo, l’unghie ecco distende all’arco, che scattò, lo stral partì, e cadde il Lupo con quell’osso in gola.

- Godetevi la vita e non vi tocchi per gola ed avarizia un’egual sorte, - disse il Lupo e fe’ chiòsa alla morale.